Questo accadeva, quindici anni prima dell'incontro tra Oliver (protagonista di questa puntata) e Selena e il pilota coinvolto era proprio il fidanzato di Selena, durante e dopo il Gran Premio di Imola. Approfondiamo anche la dinamica dell'incidente che ha provocato la sua morte, il tutto mentre Oliver sembra sospeso tra due dimensioni.
Buona lettura. *-*
«Racconterò al mondo la mia verità» affermò Patrick, «Perché penso che sia quello che dobbiamo a Emiliano. Il team ha detto troppe cose false su di lui, ha infangato il suo nome...»
Keith lo interruppe: «Non è proprio così. È vero, forse non tutte le responsabilità sono di Emiliano, ma non mi sembra che abbiano mai cercato di metterlo in cattiva luce. Hanno detto che ha commesso un errore e che l'ha pagato troppo caro, tutto qui.»
Patrick replicò: «Il problema è proprio questo, perché non è andata davvero così. Va bene, nessuno si è fatto una brutta idea su Diaz, a causa delle affermazioni di Di Francesco e di tutti gli altri, ma penso che la verità gli sia dovuta. Per te non è così?»
«Se davvero hanno coperto le loro responsabilità...»
«Certo che le hanno coperte. Perché credi che Di Francesco sia disposto a vendere il campionato, pur di comprarsi il mio silenzio? Perché ha qualcosa da nascondere, altrimenti mi avrebbe già ridicolizzato pubblicamente.»
«Come pensi di comportarti, quindi?»
«Penso di avere tenuto la lingua fin troppo a freno, in quest'ultimo anno. Da quando non sono più con la Whisper, sto rivalutando tutti... in negativo.»
«Strano, mi sembrava che tu avessi già un'opinione abbastanza negativa di loro.»
«Non pensavo si potessero spingere fino a questo punto» ammise Patrick. «Non credevo che Di Francesco fosse disposto a buttare al vento le speranze di vincere il titolo, non pensavo si sentisse colpevole fino a questo punto. Perché mi sembra chiaro, ormai: il tuo caro team principal ha molti scheletri nell'armadio e, dopo avermi buttato fuori dalla squadra, pensava di potere stare tranquillo. Purtroppo per lui non è così. Per quanto lui stesso possa raccontare cose spiacevoli su di me, non mi sono mai compromesso tanto quanto hanno fatto lui e il team.»
Keith azzardò: «Quindi, secondo te, Di Francesco ti ha fatto fuori dal team perché avevi dei sospetti sulla morte di Diaz?»
«Certo. Perché avrebbe dovuto farlo?»
«Innanzi tutto ti sei portato a letto sua moglie...»
Patrick obiettò: «Conosco Di Francesco abbastanza da pensare che, se fossi stato in grado di garantirgli di vincere il titolo e di non dargli problemi, avrebbe esitato a liberarsi di me così facilmente per questioni private. Il business viene prima di tutto, per lui, ti assicuro che la mia storia con Kathy era solo una scusa.»
«Ne dubito.»
«Dubitane finché vuoi, ma è stata Kathy a insistere finché non mi sono lasciato sedurre...»
Keith obiettò: «Non sono sicuro di essere interessato ai dettagli intimi.»
«Non voglio sbatterti in faccia dettagli intimi» puntualizzò Patrick, «Ma solo spiegarti com'è andata. Dopo quello che è successo con Kathy, la versione ufficiale è che Gigi le abbia chiesto il divorzio impegnandosi a passarle un assegno di mantenimento notevole. Prima, però, girava voce che fossero in crisi e che Di Francesco cercasse un modo per separarsi da lei senza doverle dare così tanti soldi.»
«E tutto questo cosa c'entra con te?»
«Sono convinto che Di Francesco abbia pagato la sua ex moglie per sedurmi, poi abbia finto di scoprire la nostra relazione per avere un motivo per cacciarmi via.»
«Quindi si tratterebbe di un complotto contro di te?»
«Qualcosa del genere.»
Keith rise.
«Dai, non dire cazzate. Lo sappiamo tutti che nella vita privata non hai fatto altro che combinare casini. Anche adesso, tra tutte le donne che c'erano al mondo, ti sei messo proprio con la figlia della signora Bernard...»
«E tu cosa ne sai?»
«Te la sei portata appresso anche oggi stesso. A proposito, sei sicuro che non si insospettisca, se rimaniamo qui a parlare così a lungo? Potrebbe riferire qualcosa alla madre... e magari Alexandra Bernard non sarebbe soddisfatta di sapere cos'hai fatto a Imola.»
«Selena non sa che quel testacoda è stato un errore fatto di proposito» ribatté Patrick, «E se anche lo sapesse non avrebbe motivo di andare a spiattellare la verità alla madre.»
«Sarà, ma rimango del parere che tu ti stia prendendo troppi rischi.»
«Selena e Alexandra non sono un problema tuo né lo diventeranno. Me la vedrò io con loro, se dovesse esserci qualche complicazione... ma ti assicuro che, se ci saranno problemi, la responsabile non sarà certo Selena. Per quanto riguarda Kathy Di Francesco, invece...»
«Vuoi ripetermelo un'altra volta?» replicò Keith, sprezzante. «Non essere ridicolo, ti stai solo giustificando.»
«Perché dovrei giustificarmi con te di quello che ho fatto con Kathy?» obiettò Patrick. «Comunque va bene, hai ragione, non ho prove, ma tutti gli indizi portano in quella direzione. E, stando agli indizi che abbiamo, qualcosa deve succedere.»
«Qualcosa di che tipo?»
«Non lo so, ma di sicuro Di Francesco non se ne starà a guardare, adesso che ha capito che non intendo sottostare alle sue assurde richieste, nemmeno in cambio del terzo titolo che inseguo ormai da anni.»
«Come pensi che possa agire?»
«Non lo so, ma mi aspetto di vedere di nuovo Kathy andarsene in giro insieme a Veronica. L'hai vista a Imola, vero? Era un'ospite della Dynasty.»
«Questo, in effetti, è un dettaglio da non sottovalutare» fu costretto ad ammettere Keith. «Certo, non prova l'esistenza di complotti vari, ma perché l'ex moglie di Gigi dovrebbe essere invitata da Veronica Young o da suo marito come ospite della Dynasty?»
«Penso che il ruolo di Kathy non si sia esaurito con il mio licenziamento» gli confidò Patrick. «Immagino che l'assegno di mantenimento che riceve le sia corrisposto in cambio di qualche servizio. Di Francesco ha cercato di vendere il titolo alla Dynasty e per avvicinarsi a Veronica deve essersi servito della sua ex moglie. Kathy, da parte sua, non si è certo tirata indietro, quei soldi le permettono di fare la stessa vita che faceva quando stava con Gigi. In alternativa, dovrebbe trovarsi un altro pollo da spennare. Non solo: dovrebbe trovare uno che sia anche disposto a sposarsela.»
«Ammesso che quello che dici sia vero» volle sapere Keith, «Noi come dobbiamo comportarci? Non possiamo prevedere quello che succederà...»
«Non possiamo prevedere quello che succederà, è vero» convenne Patrick, «Ma possiamo fare in modo che nessuno scopra che ne abbiamo parlato.»
«Nessuno lo scoprirà, se Selena non parla.»
«E se non parla Emma.»
«Perché Emma dovrebbe riferire a qualcuno i fatti nostri?»
«E perché dovrebbe farlo Selena?»
«Va bene, va bene, la figlia della Bernard non è pericolosa» si arrese Keith, «Quindi nessuno verrà a sapere niente. Siamo a posto, no?»
«Non proprio. Dobbiamo anche comportarci in modo da non insospettire nessuno. Quindi non dobbiamo mai farci vedere insieme, altrimenti qualcuno potrebbe sospettare che stiamo complottando qualcosa.»
«In realtà sono altri a complottare, noi siamo solo vittime del loro sistema.»
«Questo è vero, ma non è così importante.»
«Okay, va bene. Se nel team dovesse accadere qualcosa di cui devo avvertirti, come faccio?»
«Mhm... mi verrebbe da dirti di mandarmi un SMS, ma qualcuno potrebbe leggerlo. Quindi c'è una sola cosa da fare: manda Emma ad avvertire Selena.»
******
Il compito che Oliver si era prefissato - convincere Emma a confidarsi con lui sui giorni che avevano preceduto la famigerata gara di Montecarlo - non era dei più semplici, ma poteva ritenersi soddisfatto: era stato in grado di convincere la sua collega ad aprirsi con lui e, seppure di fatto non gli stesse riferendo nulla di completamente nuovo, Emma stava collaborando.
Per non destare sospetti, Oliver aveva scelto un posto isolato per parlare con lei e avevano deciso di rimanere a bordo dell'automobile della Dupont, che gli stava raccontando: «Qualche giorno prima del gran premio, Keith incontrò Patrick per discutere di un presunto complotto tra le due squadre per cui correvano. Pare che il team principal della Whisper stesse cercando di accordarsi con Veronica Young per combinare il risultato del mondiale. Keith non ne sapeva niente, o meglio, si era accorto di qualcosa di strano, ma Di Francesco era riuscito a tenerlo buono con delle scuse. Sosteneva che ci fossero dei problemi con il regolamento e che, se Keith avesse battuto i piloti della Dynasty, la Dynasty avrebbe potuto portare la Whisper davanti a un tribunale sportivo. Non ricordo bene i dettagli, ma la situazione che gli era stata presentata era una di questo tipo. Patrick, che secondo i loro affari avrebbe dovuto vincere il mondiale, ne era stato informato dalla Young, eppure aveva deciso di non cogliere l'occasione. Forse voleva vincere senza barare, oppure era convinto di potercela fare comunque. Sta di fatto che, a Imola, la gara che venne immediatamente prima di Montecarlo, era stato a lungo in testa, ma aveva perso terreno commettendo un errore stupido. Keith era convinto che non si trattasse di un errore, era una cosa troppo banale per un pilota esperto come Herrmann. Per questo gli chiese di vedersi, prima dell'evento successivo, per vederci chiaro. All'epoca Keith non sapeva ancora niente di quella storia, quindi gli sembrò strano che Patrick avesse compromesso un risultato facile.»
«E poi?» volle sapere Oliver.
«Keith non mi riferì molto, solo che aveva ragione e che Patrick aveva sbagliato di proposito, a Imola, anche se per una giusta causa» rispose Emma. «Mi disse che Patrick era preoccupato per quello che i team principal di entrambe le squadre potevano avere in mente. In più era convinto che Di Francesco non agisse da solo, ma che avesse degli agganci. Secondo lui Kathy Di Francesco, la sua ex amante, faceva da tramite il team Whisper e Veronica Young. Ovviamente non aveva prove, ma era convinto che avessero in mente di continuare in qualche modo i loro intrighi, anche senza la sua complicità.»
«E Keith cosa ne pensava?»
«Niente di che. Era preoccupato anche lui, ma più che altro per quello che aveva scoperto sulla Whisper. Temeva che alla gara finale della stagione potesse capitargli qualcosa, magari un problema tecnico che lo mettesse fuori gioco, impedendogli di vincere il titolo. Aveva pochissimi punti in più di Herrmann, non poteva permettersi un ritiro in un momento così cruciale.»
«Keith non ha mai pensato che la sua vita fosse in pericolo?»
«No, certo che no. Perché avrebbe dovuto?»
«Correva per la stessa squadra di Diaz e si stava convincendo che il team avesse responsabilità nella morte del suo ex compagno di squadra.»
Emma annuì.
«Sì, ovvio, ma tra questo e l'essere in pericolo c'è una bella differenza. La squadra aveva commesso degli errori madornali, ai tempi di Diaz, e quel poveretto era morto anche per quella ragione... ma appunto, la Whisper non poteva permettersi un altro scandalo, avrebbero lavorato nel miglior modo possibile per non mettere nessuno a rischio più del dovuto. Keith temeva potesse accadere qualcosa di banale. Non so, un pitstop andato storto, con una ruota non imbullonata durante la sosta o qualcosa del genere, che gli impedisse di finire la gara oppure di arrivare in una buona posizione. Non temeva certo che Gigi Di Francesco lo sabotasse al punto tale da mettere deliberatamente in pericolo la sua vita.»
Oliver azzardò: «Se le due squadre si erano accordate per far vincere il titolo a Herrmann nella speranza che la smettesse di parlare pubblicamente dei suoi sospetti a proposito della gestione del caso Diaz, perché avrebbero dovuto sabotare Harrison? Patrick, con il suo errore di Imola, doveva avere chiarito quale fosse la sua posizione in proposito, che "regalargli" il campionato non sarebbe servito.»
Emma si girò verso di lui e lo fissò con la fronte aggrottata.
«Era questa la ragione per cui la Whisper voleva vendere il titolo, quindi? E tu come fai a saperlo?»
Oliver sussultò. Si era spinto troppo oltre, non avrebbe dovuto rivelare a Emma ciò che sapeva. Per tale ragione, cercò di rimediare, osservando: «Mi sembra la soluzione più probabile. Non vedo altri motivi per cui Di Francesco dovesse servire il titolo su un piatto d'argento a un pilota in polemica con la sua squadra e che per giunta si era perfino scopato sua moglie. Mi pare logico che dovesse esserci una ragione importante per prendere una simile iniziativa e l'unica che mi viene in mente è questa: far vincere il mondiale a Herrmann come contentino, se si fosse deciso a tacere una volta per tutte. Patrick, però, non si è fatto comprare.»
«Adesso che mi ci fai pensare è un'alternativa plausibile» ammise Emma. «Patrick era molto convinto di quello che diceva contro Whisper Motorsport e il team principal, ovviamente, non sopportava più molto quella situazione. Per sua fortuna Patrick non era molto amato, ai tempi, quindi erano in pochi a pendere dalle sue labbra, ma...» Emma abbassò lo sguardo. «Alla fine, però, non importava più quello che la gente pensasse di lui, ormai era troppo tardi. Nonostante i loro contrasti, Keith stava passando dalla sua stessa parte... e a Keith ne sarebbero seguiti molti altri.»
«Verrebbe quasi da pensare» azzardò Oliver, «Che sia stata una fortuna, per Gigi Di Francesco, quello che successe durante il gran premio.»
«Già, in tutti i sensi» convenne Emma. «Niente più accusatori e per giunta qualcosa di molto più grosso della morte di Diaz, che attirasse l'attenzione collettiva, distogliendola dagli eventi del passato. Sembra quasi fatto apposta.»
Oliver convenne: «Già, peccato sia impossibile.»
Emma allargò le braccia.
«Cosa vuoi che ti dica. Mi sono messa il cuore in pace molto tempo fa e non ho mai pensato sul serio che ci fosse qualcosa di oscuro, perché appunto sarebbe assurdo... anche se Keith, un'ora prima della gara, sembrava molto agitato, come se avesse scoperto qualcosa di grosso. Mi chiese di andare a cercare con urgenza Selena Bernard, di accertarmi che fosse da sola e di riferirle che aveva bisogno di parlare urgentemente con Patrick.»
«E tu?»
«Andai a cercare Selena, ma la trovai insieme a sua madre. Alexandra Bernard non la lasciò sola un attimo. Mi sono sempre chiesta cosa sarebbe accaduto se Keith fosse riuscito a vedere Patrick prima del gran premio, ma temo che non lo scoprirò mai.»
Oliver avrebbe voluto rassicurarla, spiegarle che un giorno l'avrebbe scoperto, ma non se la sentiva di darle false speranze, né era sicuro che per Emma fosse la cosa migliore venire a conoscenza di una scomoda verità. La ringraziò, per il momento, le disse che la loro conversazione gli era stata molto utile e si fece accompagnare a casa.
Invece di essere accolto dal solito portiere pronto a sommergerlo di chiacchiere sul vicinato e in particolare su Selena Bernard, entrando per poco non si scontrò con Edward Roberts che usciva dal portone.
Il pilota indietreggiò e lo fissò con gli occhi strabuzzati.
«Ancora tu?!»
Oliver fece un mezzo sorriso.
«Già, ancora io. Sorpreso di vedermi?»
«Tutto questo è inaccettabile!» sbottò Edward. «Come ti permetti, testa di cazzo, di violare la mia privacy e di seguirmi fino qui?! Sono a casa di un'amica insieme a mia figlia, come ti permetti di intrometterti nella mia vita fino a questo punto?!»
Oliver non lo interruppe. Continuò a sorridere e, quando Roberts ebbe terminato, gli chiese, sprezzante: «Hai altro da aggiungere?»
«Sì, che quella puttana di tua madre avrebbe dovuto abortire, invece di metterti al mondo!»
«Molto elegante da parte tua. Però ti sfugge una cosa: non sono qui per occuparmi di quello che fai tu, ma perché abito in questo palazzo. Puoi chiedere alla tua amica, se non credi a me. E già che ci sei, chiedile anche se sarà disposta a stare dalla tua parte quando racconterò pubblicamente che io e la mia famiglia siamo stati insultati pesantemente da un rispettabile pilota della Diamond Formula.»
Edward avvampò. Era palesemente imbarazzato, mentre affermava: «Non sapevo che abitassi qui. Scusa, pensavo fossi venuto qui per me.»
«Beh, no, non sei così importante» obiettò Oliver.
Edward lo supplicò: «Ti prego, non spargere merda su di me in questo momento.»
«Perché non dovrei?»
«Non so cosa mi abbia preso, ma...»
Oliver lo interruppe: «Va bene, posso fingere che non sia successo nulla. Tu, però, saresti disposto a fare qualcosa per me?»
«Dipende di cosa si tratta.»
«Niente di che. Vorrei che io e te ci incontrassimo per parlare di Patrick Herrmann. Ti assicuro che non scriverò nulla che tu non voglia né ti attribuirò alcuna citazione senza il tuo consenso. Ci stai?»
Oliver non si sorprese, quando Edward accettò. L'idea di una campagna mediatica contro di lui non doveva allettarlo molto, seppure le probabilità di successo fossero decisamente minori di quelle alle quali aveva alluso.
«Grazie» concluse Oliver. «Quando sei libero? Non hai molta strada da fare per raggiungermi.»
«Domani pomeriggio?»
«Va bene domani pomeriggio. Abito di fronte alla tua amica.»
«Devo dirle che vengo da te?»
«Come vuoi. La tua vita privata non è affare mio. Con te non voglio parlare delle nostre amicizie comuni, ma solo dell'incidente di Patrick Herrmann.»
******
Era un altro tardo pomeriggio pieno di nuvole, o forse sempre lo stesso. Il vento era forte, ma il cielo, con le nubi striate di rosa, era uno spettacolo, che tuttavia Oliver non poteva concedersi il lusso di stare a osservare. Aveva da fare, doveva incontrare una persona con una certa urgenza e quella persona era sempre il solito Keith Harrison.
Non aveva niente da dirgli, ma sentiva che Keith aveva bisogno di lui.
"O forse" realizzò, "sono io ad avere bisogno di Keith."
Si mise a camminare lungo la spiaggia, sempre verso la stessa direzione. Non aveva idea del perché cercare Harrison proprio là, ma non c'era bisogno di conoscerne la ragione, gli bastava fidarsi di un istinto che, quando andava alla ricerca di Keith, non l'aveva mai tradito.
Nemmeno quel tardo pomeriggio l'istinto gli voltò le spalle: Keith Harrison era seduto a terra e sembrava aspettarlo. Lo vide subito e lo salutò con un cenno della mano, che Oliver ricambiò.
Keith si alzò in piedi, lo fissò per qualche istante in silenzio, infine osservò: «Alla fine ti sei deciso.»
Se il senso dell'orientamento innato non aveva bisogno di una spiegazione, non era lo stesso per le affermazioni dell'ex pilota.
«Mi sono deciso a fare cosa?»
«A venire da me. Ti aspettavo.»
«Eppure credevo di avere preso spontaneamente la decisione di venire da te, senza aspettare una tua "chiamata".»
Keith ridacchiò.
«Siamo noi che possiamo condizionare i vostri sogni, non il contrario. Ho cercato di mettermi in contatto con te, negli ultimi tempi, ma c'era sempre un muro tra di noi.»
«E ora quel muro non c'è più?»
«Non è spesso abbastanza da impedirti di raggiungermi. Non so, però, fino a che punto tu possa capire.»
Oliver obiettò: «Non c'è sempre bisogno di capire.»
Keith replicò: «Invece sì... e a me piacerebbe comprendere che cosa sta succedendo con Edward Roberts.»
«Niente.»
«Devi vederlo, però.»
«Sì. Tu come lo sai?»
«So molte cose. Però non so leggerti nella mente. Cosa vuoi da Edward?»
«Voglio parlargli di Patrick Herrmann, tutto qui.»
«Non sono convinto che sia una buona idea. Ti ricordi per che team gareggia, vero?»
«Sì, lo so benissimo.»
«Ha contatti con Veronica e Scott Young. Fino a che punto puoi fidarti di lui?»
«Edward corre per il loro team, tutto qui. Non lo rende automaticamente una persona da evitare come la peste.»
«Capisco cosa intendi» convenne Keith, «Ma resta comunque pericoloso, non trovi? Basta che si lasci scappare qualche parola di troppo e potresti ritrovarti contro Veronica.»
«Non ho paura di Veronica» puntualizzò Oliver. «Sono del parere che abbia molte cose da nascondere e che non sia la santa che si mostra all'occorrenza, ma non va certo in giro a uccidere poveri giornalisti indifesi.»
«Questo non puoi saperlo. Potresti scoprire che non è così, ma solo quando sarà troppo tardi.»
«Non deve essere così terribile essere morto. Tu non fai altro che intrometterti negli affari dei vivi... Essere morto è un po' come essere un giornalista.»
Keith alzò gli occhi al cielo, poi scosse la testa.
«Piantala, non ti ho chiamato per stare a sentire le tue idiozie.»
«Idiozie... adesso non esagerare. Era solo una constatazione.»
Senza commentare, Keith gli ordinò: «Girati.»
Oliver si guardò intorno.
«Da che parte?»
«Dietro di te.»
Oliver fece ciò che Keith gli aveva detto. Come per incanto, vide davanti ai suoi occhi una sorta di schermo televisivo, sospeso a mezz'aria.
«Harrison, che cazzo sta succedendo?»
«Effetti speciali.»
«Non pensavo fossimo al cinema.»
«Infatti non siamo in un cinema. Siamo nella tua mente.»
«Tutto questo è assurdo» obiettò Oliver. «Non...»
Si interruppe. La trasmissione stava iniziando e non servì molto per capire di che cosa si trattasse.
Le vetture procedevano ad alta velocità lungo le strette stradine di Montecarlo. Davanti a tutti, una monoposto verde, sulla cui fiancata era rappresentata una farfalla il cui colore sfumava dall'azzurro al verde acqua, "omaggio" di uno sponsor, che aveva reso la Dynasty la vettura reputata la più bella della Diamond Formula nelle apposite classifiche che occasionalmente comparivano sul web tra quegli appassionati di motori che si lasciavano coinvolgere anche dagli aspetti più leggeri e meno legati alla competizione.
In seconda posizione, non troppo distante dal leader, seguiva un pilota a bordo di un'auto di colore blu elettrico. Non c'erano dubbi su quale fosse la sua identità, così come non ce n'erano a proposito di chi fosse in testa al gran premio.
Oliver conosceva quelle immagini, le aveva viste tante volte, da quando aveva deciso di scrivere il suo libro su Herrmann, tanto che quello che sarebbe accaduto di lì a poco non gli era più di disturbo, come se ci avesse fatto l'abitudine.
Un telecronista, frattanto, criticava Keith Harrison: secondo lui emergeva dalla sua guida una tensione che non gli apparteneva, così come era apparso piuttosto agitato nelle inquadrature prima della gara. La seconda voce della telecronaca, un ex pilota che spesso si lasciava andare a commenti acidi contro chi, diversamente da lui, stava ancora in pista, fece una risatina, prima di affermare che l'atteggiamento di Harrison dimostrava che non fosse all'altezza della situazione in cui si trovava e che, anche se avesse vinto il mondiale, non se lo sarebbe meritato.
Oliver si girò verso Keith.
«Cosa ne pensi?»
L'altro alzò le spalle, con indifferenza.
«Tanto qualche ora più tardi sarebbe stato pronto ad affermare che ero il pilota più forte di tutti i tempi.»
Oliver sospirò.
«Questa cosa che i morti devono essere idolatrati fino allo sfinimento mi è sempre sembrata assurda.»
«Io non ci ho mai pensato, quando ero vivo» ammise Keith. «Dopo avere varcato il confine non ha più avuto senso. I vivi si comportano in modo assurdo, di tanto in tanto... e lo faremmo anche noi, se le nostre azioni potessero ancora avere un effetto.»
«Beh, potete comunicare con noi tramite i sogni...»
«Non sempre e non con tutti. Possiamo farlo solo quando abbiamo qualcosa di importante da dirti.»
«Wow, lo considero un onore.»
«Taci, cretino» sbottò Keith. «Non distrarti, guarda la TV e dimmi cosa vedi.»
Oliver tornò a concentrarsi sullo schermo.
«Vedo Harrison che si avvicina a Herrmann e che, pur di riuscirci, sta guidando in modo strano. Sta tagliando...» Si fermò, per correggersi. «Stai tagliando delle chicane, alla direzione gara non piace di sicuro il modo in cui guidi. Non so cosa ti passasse per la testa in quel momento, ma avresti potuto rischiare una penalità e giocarti definitivamente la possibilità di vincere il titolo.»
Keith obiettò: «In quel momento non mi interessava il titolo. Avevo appena scoperto una cosa terribile e non ero riuscito a fare nulla, prima della gara. Quindi avevo solo una cosa da fare...»
«Tagliare chicane a caso?»
«No, avvicinarmi a Patrick Herrmann. Raggiungerlo. Essere certo di averlo alla mia portata.»
Keith Harrison, in effetti, in quel tratto di gara sembrava leggermente più veloce di Patrick Herrmann. Su un circuito come Montecarlo, che non facilitava i sorpassi, il pilota della Dynasty avrebbe avuto molte chanche di tenerlo dietro di sé, ma lo vedeva già negli specchietti. Solo la convinzione che Harrison non potesse tentare manovre azzardate in un momento come quello era dalla sua parte. Poi Harrison commise l'azione inspiegabile che era stata il punto di partenza di tutto.
Accanto a Oliver, Keith abbassò lo sguardo. Non doveva avere l'abitudine di rivedere spesso quei momenti, era chiaro che ne fosse ancora disturbato.
«Perché l'hai fatto?» volle sapere Oliver.
Keith comprese subito cosa intendesse.
«Mi sono buttato addosso a Herrmann perché non avevo altra scelta.»
«Cosa vuoi dire?»
«Quello che ho detto: non avevo scelta. O meglio, credevo di non avere scelta. Forse, se mi fossi comportato in modo diverso prima, anche tutto il resto sarebbe andato in modo diverso.»
«Nonostante non capisca perché sostieni di non avere avuto scelta, non puoi ritenerti colpevole di quello che è successo dopo» replicò Oliver. «Non potevi certo immaginare che la vettura di Patrick Herrmann sarebbe esplosa dopo l'impatto e che anche tu saresti rimasto coinvolto.»
«Sì che sapevo che la vettura di Herrmann sarebbe esplosa» lo smentì Keith. «Sapevo che sarebbe esplosa comunque, a un certo punto della gara, perché c'era qualcuno che voleva tappargli la bocca per sempre, qualcuno che pensava che si fosse esposto troppo sulla questione di Diaz.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Herrmann è stato sabotato?!»
«Sì.»
«E tu lo sapevi?»
«L'ho scoperto poco prima della gara. Di Francesco stava parlando al telefono con qualcuno, non ho capito con chi. Chiedeva se fosse andato tutto per il verso giusto e a che punto della gara sarebbe accaduto il fatto. Mi chiederai come facessi a prendere sul serio una simile affermazione... ma avevo parlato con Patrick, qualche giorno prima, e pensava che qualcuno volesse agire contro di lui, e forse anche contro di me, per la faccenda della morte di Emiliano.»
«E poi?»
«Io e Patrick eravamo d'accordo che, se fosse successo qualcosa, non avremmo avuto contatti diretti, per non destare sospetti in chi ce l'aveva con noi, ma che avremmo chiesto a mia moglie e alla sua fidanzata di fare da tramiti. Così ho mandato Emma a cercare Selena, per dirle che avevo un messaggio urgente per Patrick. Emma è sparita, ma non ha trovato Selena e ha continuato a cercarla. Allora ho provato a chiamare Patrick al cellulare, volevo dirgli che dovevo vederlo con urgenza, anche se avevamo i minuti contati.»
«Hai... chiamato Patrick?»
«Sì, nonostante tutto gli ho telefonato, perché era davvero una questione di vita e di morte. Al telefono, però, ha risposto una donna. Non ero sicuro che fosse Selena, quindi ho deciso di riattaccare senza dire niente. Avevo il telefono impostato con il numero anonimo, chiunque fosse non avrebbe capito che ero io. A quel punto, ormai, era troppo tardi per fare qualcosa. Mi era rimasta un'unica soluzione, se non volevo che accadesse un disastro che non solo avrebbe causato la morte di Patrick, ma avrebbe messo in pericolo anche la vita degli altri piloti, dei commissari di percorso e forse addirittura degli spettatori: dovevo buttare fuori Patrick Herrmann il prima possibile... e, semplicemente, l'ho fatto.»
******
Era strano essere seduto di fronte a Edward Roberts, ma soprattutto era difficile non pensare al sogno di quella notte, che Oliver percepiva ancora come fin troppo reale. Doveva comunque sforzarsi, per non mandare a monte il suo incontro con Roberts a causa della propria distrazione.
«Sono contento che tu sia qui» fu costretto ad ammettere, nel tentativo di tornare in sé. «Ti dirò, non pensavo, quando te l'ho proposto, che avresti accettato.»
Edward fece un sospiro.
«Cosa vuoi che ti dica, ci tengo alla mia reputazione.»
«Non sono poi così credibile. Eri davvero preoccupato che ti sputtanassi pubblicamente?»
«Non si può mai sapere. Basta un cretino che riferisce qualcosa e in tanti gli vanno dietro, anche senza prove, quando si tratta di spargere merda addosso a qualcuno. E non c'è dubbio che io abbia della gente che vuole spargere merda su di me, dato che tu sei uno di questi.»
Oliver lo guardò negli occhi.
«E va bene, hai ragione tu, a volte non mi sono comportato nel migliore dei modi con te.»
«Finalmente lo ammetti» ribatté Edward. «Mi sembra un notevole passo avanti. Per caso sei diventato improvvisamente adulto negli ultimi giorni?»
Oliver lo ignorò.
«Mi sono lasciato condizionare, in passato, da certe mie idee che poi ho rivalutato.»
«Mi fa piacere. Comunque anch'io devo scusarmi con te, non sono sempre stato corretto nei tuoi confronti.»
«Direi che possiamo dimenticare il passato, allora» concluse Oliver. «Dopotutto abbiamo amicizie comuni, potrebbe essere imbarazzante per Selena trovarsi in mezzo alle nostre polemiche.»
«Non vedo perché Selena dovrebbe trovarsi in mezzo alle nostre polemiche, se non siamo noi a coinvolgerla» obiettò Edward, «Ma hai ragione tu. La cosa migliore è mettere fine, una volta per tutte, alle vecchie polemiche.»
«Perfetto. Il fatto che tu sia qui mi sembra un buon inizio.»
«Per quanto tu possa non esserne convinto, avevo davvero una grande ammirazione per Patrick Herrmann» dichiarò Edward. «Vorrei tanto che, se c'è qualcosa che non torna in quello che gli è accaduto, la verità possa venire alla luce. Sono ancora convinto che tu sia un suo fanboy, ma a volte anche partendo dal basso si può arrivare in alto, se capisci cosa intendo.»
Oliver inspirò profondamente, prima di annunciargli: «Devo farti una domanda... una domanda che non ho mai fatto a nessuno.»
«Ti ascolto.»
«Vorrei che mi rispondessi nella maniera più sincera possibile, dalla prospettiva di un pilota.»
«Farò quello che posso.»
«Si parla spesso di cosa sia successo dopo che Patrick è stato speronato da Keith Harrison, dopo che è finito a muro... ma prima? Cos'è successo davvero, secondo te? Era l'ultima gara della stagione e Harrison era in testa al mondiale. Non avrebbe vinto se fosse rimasto dietro a Herrmann, ma non poteva prendere un rischio simile. Che cosa pensi che l'abbia portato a fare una manovra del genere?»
Edward abbassò lo sguardo e rimase in silenzio piuttosto a lungo. Infine alzò gli occhi e osservò: «Questa è una di quelle domande che tutti si sono posti, senza mai avere il coraggio di pronunciarla ad alta voce. Certe cose non vanno chieste, o almeno sono in molti a pensarlo.»
Oliver azzardò: «È un modo come un altro per dire che non intendi darmi una risposta?»
Edward scosse la testa con fermezza.
«No, affatto, significa che a volte bisognerebbe esporsi in prima persona, ma che in pochi lo fanno. Non so che cosa ti spinga a volere fare luce su quell'incidente, ma mi sembra palese che tu voglia arrivarci in fondo.»
«Allora, prima di spiegarmi che cosa ne pensi della manovra di Keith Harrison, spiegami perché, secondo te, nessuno parla di questo aspetto.»
«Mi sembra ovvio, Keith Harrison e Patrick Herrmann sono entrambi morti» spiegò Edward. «Quello che passava per la testa a Keith quando ha speronato Patrick non importa più. Le conseguenze sono state impensabili ed è giusto che i morti possano riposare in pace. Chiedersi perché Keith avesse fatto quello che ha fatto avrebbe potuto essere considerato sgradevole, anche perché non avrebbe mai più potuto difendersi da nessuna accusa.»
«Mi stai dicendo che pensi sia stata colpa di Keith, ma che non è bello dirlo ad alta voce, di fatto?» volle sapere Oliver. «Che la responsabilità dell'incidente è da attribuirsi a lui?»
«No, affatto. Contatti di quel tipo ne capitano in quasi tutte le gare, anche se in genere i protagonisti sono pivelli con meno di una stagione di Diamond Formula alle spalle e non certo aspiranti campioni del mondo. Questo, però, non significa che a ogni gara il pippone di turno che combina casini muoia o provochi la morte di qualcuno. Penso che il contatto tra Keith e Patrick e lo schianto di Patrick contro le barriere siano da considerare come due momenti distinti dello stesso incidente. Non so cosa sia successo all'auto di Patrick, ma non mi permetterei mai di attribuire la responsabilità a Keith. Però addosso a Patrick c'è andato lui, questo è innegabile.»
«Quindi torniamo al punto di partenza» realizzò Oliver. «Appurato che Keith Harrison è andato addosso a Patrick Herrmann, perché pensi abbia fatto un errore così clamoroso, in un momento in cui non doveva commettere errori?»
«Non riesco a spiegarmelo. Certo, se entrambi si fossero ritirati Keith avrebbe vinto il mondiale, ma l'ho conosciuto bene abbastanza da escludere questa possibilità. Innescare volontariamente una situazione di pericolo non era da lui. Ai briefing dei piloti non faceva altro che lamentarsi della guida sguaiata di alcuni dei piloti delle retrovie, sostenendo che prima o poi avrebbero combinato dei danni grossi.»
«Patrick Herrmann era il suo nemico giurato, così come lo era della Whisper. Pensi che non sarebbe andato addosso di proposito nemmeno a lui?»
«Certo che no. Te l'ho detto, Keith non avrebbe mai innescato una situazione di pericolo di proposito, per nessuna ragione al mondo. Per di più ci ha sempre tenuto a mostrarsi al mondo come un pilota e una persona migliore rispetto a Patrick. Non sarebbe mai caduto così in basso di proposito.»
«Eppure ha speronato Patrick Herrmann, quel giorno.»
«Sì, l'ha fatto. Un pilota della sua esperienza non avrebbe mai commesso un errore simile senza volerlo...»
«Ma allo stesso tempo non ci sono spiegazioni alternative che ti convincono, giusto?»
«Esatto.»
«Mi viene da pensare che siano molti a condividere il tuo parere» azzardò Oliver. «Veri e propri attacchi nei confronti di Harrison non ne ho mai visti o sentiti, ma resta il fatto che nessuno ci ha mai tenuto a dare una spiegazione all'accaduto.»
Edward fu d'accordo con lui.
«Proprio questo intendevo. La scintilla che ha innescato il tutto è una sorta di tabù, qualcosa di cui tutti preferiscono evitare di parlare.»
«Io, però, ti avevo fatto una domanda diversa» puntualizzò Oliver. «Quello che voglio sapere è: al netto della sua esperienza e del suo atteggiamento in pista, qualcosa ti lascia pensare che, in una situazione come quella, Harrison potesse commettere quel tipo di errore? Dopotutto non importa quanto siate esperti, prima o poi qualche cazzata la fate tutti. Anche tu, in questa stagione, hai...»
Edward interruppe quella considerazione sul nascere: «Esatto, tutti sbagliamo, almeno di tanto in tanto, e Keith Harrison di certo non faceva eccezione. L'unica spiegazione plausibile, a mio parere, è che in quel fine settimana non fosse nella sua migliore forma. Penso che, se fosse stato male fisicamente o mentalmente, avrebbe potuto commettere uno sbaglio in un momento in cui sbagliare era vietato.»
«Pensi che ci fosse qualcosa che potesse farlo stare male mentalmente?»
«Non ne ho idea.»
«Qual era il clima, alla vigilia del gran premio?»
«Era tutto normale, almeno in apparenza. Sarebbe stato assegnato il mondiale, certo, ma è una cosa che succede ogni anno. Non c'era niente di diverso dal solito, o almeno niente che io ricordi.»
«Sai se ci fossero dissapori tra Harrison e la squadra?»
«No.»
«Non ce n'erano o non lo sai?»
«Non lo so. Non posso escludere niente, ma Keith era un tipo tranquillo. Andava abbastanza d'accordo con tutti. Per intenderci, era un po' il contrario di Patrick.»
«Non sembra che tu abbia un'idea molto positiva di Patrick Herrmann.»
«Ti sbagli. Ti sbagli di grosso. Io e Patrick eravamo amici. Si è sempre comportato bene con me. Solo, non si comportava esattamente allo stesso modo con gli altri. A volte glielo dicevo esplicitamente, che doveva smettere di fare il coglione, ma non mi stava a sentire. Diceva che ero un ragazzino e che in quanto tale non avevo voce in capitolo.»
Oliver ridacchiò.
«Non mi sorprende che un tipo del genere non stesse simpatico proprio a tutti.»
«Gli altri non sapevano come prenderlo e Patrick si è sempre divertito a istigarli. Non c'è da sorprendersi se, fino a poco prima dell'inizio di quella stagione, rischiasse di non trovare un volante.»
«Di quello ne parleremo tra un po'» disse Oliver, «Mentre adesso c'è un'altra cosa che vorrei chiederti, stavolta sui fatti di Imola.»
«Il gran premio precedente?»
«Sì, quello in cui Herrmann era in testa, prima di finire in testacoda da solo.»
Edward annuì, come a rievocare quel fatto.
«Ne parlavamo prima, appunto. Anche i piloti più esperti a volte commettono errori inspiegabili. Patrick, a Imola, avrebbe potuto vincere senza problemi, se non avesse fatto uno sbaglio così grossolano.»
«Gli hai mai chiesto cosa gli fosse successo?»
«No.»
«Come mai?»
«Te l'ho detto, io e Patrick eravamo amici. Tu, quando sei con i tuoi amici, parli sempre di lavoro?»
«Beh, no...»
«Ecco, nemmeno io e Patrick ne parlavamo» spiegò Edward. «In più, in pista eravamo avversari e gareggiavamo per squadre diverse. È ovvio che non ci facessimo confidenze su quello che succedeva durante le gare. E poi, se avessi chiesto a Patrick come mai fosse finito in testacoda, di sicuro non mi avrebbe detto la verità. Si sarebbe inventato una scusa, avrebbe dato la colpa alla macchina, forse, o a qualcos'altro, ma di certo non mi avrebbe ammesso di avere fatto un errore.»
«Non ti ha mai stupito, comunque, quell'errore?»
«Certo che mi ha stupito, ma mi stupisco ugualmente delle cazzate che faccio io. In quasi ogni gran premio accadono cose strane, di cui poi la gente comune ride nei bar o sui social network, ma si va avanti.»
«Va bene, ti ringrazio per la tua cortesia nel parlarmi di queste faccende. Adesso, però, veniamo all'altro punto che ti avevo anticipato.» Oliver fece una breve pausa, prima di venire al dunque, poi riprese: «Prima dell'inizio della stagione, Herrmann sembrava destinato a rimanere a piedi. Dopo il suo addio alla Whisper non aveva esattamente un'ottima reputazione e non sembrava potesse interessare nemmeno alle squadre dei bassifondi, figurarsi ai team di prima fascia. Ti stupisce il fatto che, da un giorno all'altro, Patrick sia stato ingaggiato dalla Dynasty?»
«Sì e no» rispose Edward. «Da un lato le cose che sembrano accadere da un giorno all'altro non sono davvero accadute da un giorno all'altro. Dall'altro, però, credo che Patrick non sarebbe stato ingaggiato da quella squadra se non fosse stato per il fondamentale intervento di una persona.»
«La madre di Selena Bernard?»
«Sì. La signora Alexandra è stata essenziale.»
«Eppure la Dynasty non aveva il disperato bisogno di sponsor.»
«No, ma la signora Alexandra era una persona piuttosto stimata e rispettata. Averla come partner garantiva valore aggiunto... e in più non si sarebbe portata dietro il primo sfigato che passava per la strada, ma nientemeno che un ex campione del mondo. Non mi stupisce che Veronica Young e suo marito abbiano pensato si trattasse di una buona idea.»
«Eppure...?»
Edward rise.
«Mi leggi nella mente?»
«Certo che no.»
«Eppure sei riuscito a capire che c'era comunque qualcosa che mi lasciava perplesso.»
«Pensi di potermi dire di cosa si tratta?»
«Sì, ma a una condizione.»
«Sentiamo la tua condizione, allora.»
«Siccome è coinvolta la madre di Selena, preferirei che tu non ne parlassi nel tuo libro, né che toccassi in qualche modo l'argomento con Selena.»
«Va bene, si può fare. Dopotutto ho già assicurato a Selena che avrei narrato di sua madre solo il tanto necessario.»
«Patrick ha sempre negato, ma ho avuto l'impressione che la signora Alexandra avesse una cotta per lui. Anzi, secondo me hanno proprio avuto una relazione. In un primo momento erano molto affiatati. Questo, prima che Patrick si mettesse insieme a Selena. Da quel momento in poi la signora Alexandra ha iniziato a trattarlo con maggiore freddezza, tanto che Patrick era convinto che, dopo la fine della stagione, le loro strade si sarebbero separate.»
Oliver non era affatto stupito di quella rivelazione.
«Quanto tempo pensi sia durata la relazione tra Patrick e Alexandra Bernard?»
«Non lo so con esattezza, ma di certo Patrick ha chiuso con lei almeno quando ha conosciuto Selena. Era molto preso dalla sua nuova ragazza, non l'avevo mai visto legarsi così tanto a una delle sue partner. Per questa ragione ritengo impossibile che stesse contemporaneamente con la madre e con la figlia. Sarebbe stato un vero stronzo se l'avesse fatto... e per quanto si sia occasionalmente comportato da stronzo, ha sempre dimostrato di non essere affatto stronzo con le persone a cui teneva.»
«Hai mai pensato che stesse insieme alla signora Alexandra per paura che lei lo abbandonasse dal punto di vista professionale?»
«Preferisco non rispondere a questa domanda.»
«Okay. Ti capisco e ti ringrazio per essermi comunque stato molto d'aiuto.»
Edward obiettò: «Non penso di esserti stato poi così tanto d'aiuto, ma alla fine questa conversazione non è stata così terribile come temevo.»
Oliver fece una risatina.
«Sono io che non sono così terribile?»
«Anche.» Edward si alzò in piedi. «È meglio che me ne vada adesso.»
«Allora ti accompagno alla porta.»
Vi si diressero restando in un silenzio che fu rotto dalla voce di Edward, al momento di uscire.
«Posso chiederti una cosa io, adesso?»
«Non posso dirti di no, sei stato così disponibile.»
«Perché hai preso in affitto l'appartamento di Patrick?»
Oliver sorrise.
«Perché è un meraviglioso appartamento. Poi ci sono vicini di casa meravigliosi. O meglio, ci sono vicine di casa meravigliose. Sei un uomo fortunato, Roberts.»
Edward obiettò: «Fortunato? E perché? Io non abito qui.»
«Però sei fidanzato con Selena.»
«No, hai frainteso. Selena ha amato un solo uomo nella sua vita e quell'uomo è Patrick Herrmann.»
L'affermazione di Edward era talmente diretta e chiara da apparire inconfutabile, eppure Oliver sentiva di dovere replicare.
«Credevo che...»
«Credevi male. Sono venuto a trovarla in qualità di amico.»
«No, mi riferivo al figlio di Selena. Forse non ricordo bene la sua età. Pensavo fosse troppo giovane per essere figlio di Herrmann.»
Edward spalancò gli occhi, senza dire una parola.
Oliver si affrettò a precisare: «Non avrei dovuto essere così invadente. Ti chiedo scusa per la mia scortesia.»
«No, figurati. Non ricordo con esattezza l'età di Thomas. Nel periodo in cui è nato, io e Selena non ci frequentavamo.»
Non era sincero, d'altronde era difficile non sapesse l'età del figlio di una sua carissima amica, ma stavolta Oliver non aggiunse altro. Salutò Edward, chiedendogli scusa ancora una volta per la propria intromissione, poi lo guardò andare via.
******
Quando Oliver arrivò, Keith era in piedi e sembrava aspettarlo. Non attese che Harrison lo salutasse, né che facesse qualcuna delle sue solite osservazioni.
«Ho parlato con Edward Roberts» gli comunicò all'istante, «E ho capito tutto.»
«Cos'hai capito?» replicò Keith. «Edward non può sapere che l'ho fatto apposta.»
«No, non sto parlando dell'incidente» mise in chiaro Oliver. «Parlo di Thomas Bernard.»
«Il figlio di Selena? E, dimmi, perché mai un ragazzino dovrebbe avere qualche rilevanza? Ti ricordo che doveva ancora nascere, al momento della morte mia e di Patrick.»
«Quel ragazzino è figlio di Patrick.»
«Non eri tu che dicevi che non lo era?»
Oliver annuì.
«Sì, lo pensavo, ma mi sbagliavo di grosso. Thomas Bernard è figlio di Patrick.»
«Sostenevi che fosse impossibile» gli ricordò Keith. «Dicevi che dalle informazioni di cui sei in possesso, Selena non è mai stata a letto con Patrick.»
«Infatti è proprio così» precisò Oliver.
«Non ti seguo.»
«È impossibile che Thomas sia figlio sia di Selena sia di Patrick. Quando dicevo che non era figlio di Patrick, partivo dal presupposto che fosse figlio di Selena. Invece mi sbagliavo: Thomas è davvero figlio di Patrick, solo che la donna che l'ha partorito è Alexandra Bernard.»
«Racconterò al mondo la mia verità» affermò Patrick, «Perché penso che sia quello che dobbiamo a Emiliano. Il team ha detto troppe cose false su di lui, ha infangato il suo nome...»
Keith lo interruppe: «Non è proprio così. È vero, forse non tutte le responsabilità sono di Emiliano, ma non mi sembra che abbiano mai cercato di metterlo in cattiva luce. Hanno detto che ha commesso un errore e che l'ha pagato troppo caro, tutto qui.»
Patrick replicò: «Il problema è proprio questo, perché non è andata davvero così. Va bene, nessuno si è fatto una brutta idea su Diaz, a causa delle affermazioni di Di Francesco e di tutti gli altri, ma penso che la verità gli sia dovuta. Per te non è così?»
«Se davvero hanno coperto le loro responsabilità...»
«Certo che le hanno coperte. Perché credi che Di Francesco sia disposto a vendere il campionato, pur di comprarsi il mio silenzio? Perché ha qualcosa da nascondere, altrimenti mi avrebbe già ridicolizzato pubblicamente.»
«Come pensi di comportarti, quindi?»
«Penso di avere tenuto la lingua fin troppo a freno, in quest'ultimo anno. Da quando non sono più con la Whisper, sto rivalutando tutti... in negativo.»
«Strano, mi sembrava che tu avessi già un'opinione abbastanza negativa di loro.»
«Non pensavo si potessero spingere fino a questo punto» ammise Patrick. «Non credevo che Di Francesco fosse disposto a buttare al vento le speranze di vincere il titolo, non pensavo si sentisse colpevole fino a questo punto. Perché mi sembra chiaro, ormai: il tuo caro team principal ha molti scheletri nell'armadio e, dopo avermi buttato fuori dalla squadra, pensava di potere stare tranquillo. Purtroppo per lui non è così. Per quanto lui stesso possa raccontare cose spiacevoli su di me, non mi sono mai compromesso tanto quanto hanno fatto lui e il team.»
Keith azzardò: «Quindi, secondo te, Di Francesco ti ha fatto fuori dal team perché avevi dei sospetti sulla morte di Diaz?»
«Certo. Perché avrebbe dovuto farlo?»
«Innanzi tutto ti sei portato a letto sua moglie...»
Patrick obiettò: «Conosco Di Francesco abbastanza da pensare che, se fossi stato in grado di garantirgli di vincere il titolo e di non dargli problemi, avrebbe esitato a liberarsi di me così facilmente per questioni private. Il business viene prima di tutto, per lui, ti assicuro che la mia storia con Kathy era solo una scusa.»
«Ne dubito.»
«Dubitane finché vuoi, ma è stata Kathy a insistere finché non mi sono lasciato sedurre...»
Keith obiettò: «Non sono sicuro di essere interessato ai dettagli intimi.»
«Non voglio sbatterti in faccia dettagli intimi» puntualizzò Patrick, «Ma solo spiegarti com'è andata. Dopo quello che è successo con Kathy, la versione ufficiale è che Gigi le abbia chiesto il divorzio impegnandosi a passarle un assegno di mantenimento notevole. Prima, però, girava voce che fossero in crisi e che Di Francesco cercasse un modo per separarsi da lei senza doverle dare così tanti soldi.»
«E tutto questo cosa c'entra con te?»
«Sono convinto che Di Francesco abbia pagato la sua ex moglie per sedurmi, poi abbia finto di scoprire la nostra relazione per avere un motivo per cacciarmi via.»
«Quindi si tratterebbe di un complotto contro di te?»
«Qualcosa del genere.»
Keith rise.
«Dai, non dire cazzate. Lo sappiamo tutti che nella vita privata non hai fatto altro che combinare casini. Anche adesso, tra tutte le donne che c'erano al mondo, ti sei messo proprio con la figlia della signora Bernard...»
«E tu cosa ne sai?»
«Te la sei portata appresso anche oggi stesso. A proposito, sei sicuro che non si insospettisca, se rimaniamo qui a parlare così a lungo? Potrebbe riferire qualcosa alla madre... e magari Alexandra Bernard non sarebbe soddisfatta di sapere cos'hai fatto a Imola.»
«Selena non sa che quel testacoda è stato un errore fatto di proposito» ribatté Patrick, «E se anche lo sapesse non avrebbe motivo di andare a spiattellare la verità alla madre.»
«Sarà, ma rimango del parere che tu ti stia prendendo troppi rischi.»
«Selena e Alexandra non sono un problema tuo né lo diventeranno. Me la vedrò io con loro, se dovesse esserci qualche complicazione... ma ti assicuro che, se ci saranno problemi, la responsabile non sarà certo Selena. Per quanto riguarda Kathy Di Francesco, invece...»
«Vuoi ripetermelo un'altra volta?» replicò Keith, sprezzante. «Non essere ridicolo, ti stai solo giustificando.»
«Perché dovrei giustificarmi con te di quello che ho fatto con Kathy?» obiettò Patrick. «Comunque va bene, hai ragione, non ho prove, ma tutti gli indizi portano in quella direzione. E, stando agli indizi che abbiamo, qualcosa deve succedere.»
«Qualcosa di che tipo?»
«Non lo so, ma di sicuro Di Francesco non se ne starà a guardare, adesso che ha capito che non intendo sottostare alle sue assurde richieste, nemmeno in cambio del terzo titolo che inseguo ormai da anni.»
«Come pensi che possa agire?»
«Non lo so, ma mi aspetto di vedere di nuovo Kathy andarsene in giro insieme a Veronica. L'hai vista a Imola, vero? Era un'ospite della Dynasty.»
«Questo, in effetti, è un dettaglio da non sottovalutare» fu costretto ad ammettere Keith. «Certo, non prova l'esistenza di complotti vari, ma perché l'ex moglie di Gigi dovrebbe essere invitata da Veronica Young o da suo marito come ospite della Dynasty?»
«Penso che il ruolo di Kathy non si sia esaurito con il mio licenziamento» gli confidò Patrick. «Immagino che l'assegno di mantenimento che riceve le sia corrisposto in cambio di qualche servizio. Di Francesco ha cercato di vendere il titolo alla Dynasty e per avvicinarsi a Veronica deve essersi servito della sua ex moglie. Kathy, da parte sua, non si è certo tirata indietro, quei soldi le permettono di fare la stessa vita che faceva quando stava con Gigi. In alternativa, dovrebbe trovarsi un altro pollo da spennare. Non solo: dovrebbe trovare uno che sia anche disposto a sposarsela.»
«Ammesso che quello che dici sia vero» volle sapere Keith, «Noi come dobbiamo comportarci? Non possiamo prevedere quello che succederà...»
«Non possiamo prevedere quello che succederà, è vero» convenne Patrick, «Ma possiamo fare in modo che nessuno scopra che ne abbiamo parlato.»
«Nessuno lo scoprirà, se Selena non parla.»
«E se non parla Emma.»
«Perché Emma dovrebbe riferire a qualcuno i fatti nostri?»
«E perché dovrebbe farlo Selena?»
«Va bene, va bene, la figlia della Bernard non è pericolosa» si arrese Keith, «Quindi nessuno verrà a sapere niente. Siamo a posto, no?»
«Non proprio. Dobbiamo anche comportarci in modo da non insospettire nessuno. Quindi non dobbiamo mai farci vedere insieme, altrimenti qualcuno potrebbe sospettare che stiamo complottando qualcosa.»
«In realtà sono altri a complottare, noi siamo solo vittime del loro sistema.»
«Questo è vero, ma non è così importante.»
«Okay, va bene. Se nel team dovesse accadere qualcosa di cui devo avvertirti, come faccio?»
«Mhm... mi verrebbe da dirti di mandarmi un SMS, ma qualcuno potrebbe leggerlo. Quindi c'è una sola cosa da fare: manda Emma ad avvertire Selena.»
******
Il compito che Oliver si era prefissato - convincere Emma a confidarsi con lui sui giorni che avevano preceduto la famigerata gara di Montecarlo - non era dei più semplici, ma poteva ritenersi soddisfatto: era stato in grado di convincere la sua collega ad aprirsi con lui e, seppure di fatto non gli stesse riferendo nulla di completamente nuovo, Emma stava collaborando.
Per non destare sospetti, Oliver aveva scelto un posto isolato per parlare con lei e avevano deciso di rimanere a bordo dell'automobile della Dupont, che gli stava raccontando: «Qualche giorno prima del gran premio, Keith incontrò Patrick per discutere di un presunto complotto tra le due squadre per cui correvano. Pare che il team principal della Whisper stesse cercando di accordarsi con Veronica Young per combinare il risultato del mondiale. Keith non ne sapeva niente, o meglio, si era accorto di qualcosa di strano, ma Di Francesco era riuscito a tenerlo buono con delle scuse. Sosteneva che ci fossero dei problemi con il regolamento e che, se Keith avesse battuto i piloti della Dynasty, la Dynasty avrebbe potuto portare la Whisper davanti a un tribunale sportivo. Non ricordo bene i dettagli, ma la situazione che gli era stata presentata era una di questo tipo. Patrick, che secondo i loro affari avrebbe dovuto vincere il mondiale, ne era stato informato dalla Young, eppure aveva deciso di non cogliere l'occasione. Forse voleva vincere senza barare, oppure era convinto di potercela fare comunque. Sta di fatto che, a Imola, la gara che venne immediatamente prima di Montecarlo, era stato a lungo in testa, ma aveva perso terreno commettendo un errore stupido. Keith era convinto che non si trattasse di un errore, era una cosa troppo banale per un pilota esperto come Herrmann. Per questo gli chiese di vedersi, prima dell'evento successivo, per vederci chiaro. All'epoca Keith non sapeva ancora niente di quella storia, quindi gli sembrò strano che Patrick avesse compromesso un risultato facile.»
«E poi?» volle sapere Oliver.
«Keith non mi riferì molto, solo che aveva ragione e che Patrick aveva sbagliato di proposito, a Imola, anche se per una giusta causa» rispose Emma. «Mi disse che Patrick era preoccupato per quello che i team principal di entrambe le squadre potevano avere in mente. In più era convinto che Di Francesco non agisse da solo, ma che avesse degli agganci. Secondo lui Kathy Di Francesco, la sua ex amante, faceva da tramite il team Whisper e Veronica Young. Ovviamente non aveva prove, ma era convinto che avessero in mente di continuare in qualche modo i loro intrighi, anche senza la sua complicità.»
«E Keith cosa ne pensava?»
«Niente di che. Era preoccupato anche lui, ma più che altro per quello che aveva scoperto sulla Whisper. Temeva che alla gara finale della stagione potesse capitargli qualcosa, magari un problema tecnico che lo mettesse fuori gioco, impedendogli di vincere il titolo. Aveva pochissimi punti in più di Herrmann, non poteva permettersi un ritiro in un momento così cruciale.»
«Keith non ha mai pensato che la sua vita fosse in pericolo?»
«No, certo che no. Perché avrebbe dovuto?»
«Correva per la stessa squadra di Diaz e si stava convincendo che il team avesse responsabilità nella morte del suo ex compagno di squadra.»
Emma annuì.
«Sì, ovvio, ma tra questo e l'essere in pericolo c'è una bella differenza. La squadra aveva commesso degli errori madornali, ai tempi di Diaz, e quel poveretto era morto anche per quella ragione... ma appunto, la Whisper non poteva permettersi un altro scandalo, avrebbero lavorato nel miglior modo possibile per non mettere nessuno a rischio più del dovuto. Keith temeva potesse accadere qualcosa di banale. Non so, un pitstop andato storto, con una ruota non imbullonata durante la sosta o qualcosa del genere, che gli impedisse di finire la gara oppure di arrivare in una buona posizione. Non temeva certo che Gigi Di Francesco lo sabotasse al punto tale da mettere deliberatamente in pericolo la sua vita.»
Oliver azzardò: «Se le due squadre si erano accordate per far vincere il titolo a Herrmann nella speranza che la smettesse di parlare pubblicamente dei suoi sospetti a proposito della gestione del caso Diaz, perché avrebbero dovuto sabotare Harrison? Patrick, con il suo errore di Imola, doveva avere chiarito quale fosse la sua posizione in proposito, che "regalargli" il campionato non sarebbe servito.»
Emma si girò verso di lui e lo fissò con la fronte aggrottata.
«Era questa la ragione per cui la Whisper voleva vendere il titolo, quindi? E tu come fai a saperlo?»
Oliver sussultò. Si era spinto troppo oltre, non avrebbe dovuto rivelare a Emma ciò che sapeva. Per tale ragione, cercò di rimediare, osservando: «Mi sembra la soluzione più probabile. Non vedo altri motivi per cui Di Francesco dovesse servire il titolo su un piatto d'argento a un pilota in polemica con la sua squadra e che per giunta si era perfino scopato sua moglie. Mi pare logico che dovesse esserci una ragione importante per prendere una simile iniziativa e l'unica che mi viene in mente è questa: far vincere il mondiale a Herrmann come contentino, se si fosse deciso a tacere una volta per tutte. Patrick, però, non si è fatto comprare.»
«Adesso che mi ci fai pensare è un'alternativa plausibile» ammise Emma. «Patrick era molto convinto di quello che diceva contro Whisper Motorsport e il team principal, ovviamente, non sopportava più molto quella situazione. Per sua fortuna Patrick non era molto amato, ai tempi, quindi erano in pochi a pendere dalle sue labbra, ma...» Emma abbassò lo sguardo. «Alla fine, però, non importava più quello che la gente pensasse di lui, ormai era troppo tardi. Nonostante i loro contrasti, Keith stava passando dalla sua stessa parte... e a Keith ne sarebbero seguiti molti altri.»
«Verrebbe quasi da pensare» azzardò Oliver, «Che sia stata una fortuna, per Gigi Di Francesco, quello che successe durante il gran premio.»
«Già, in tutti i sensi» convenne Emma. «Niente più accusatori e per giunta qualcosa di molto più grosso della morte di Diaz, che attirasse l'attenzione collettiva, distogliendola dagli eventi del passato. Sembra quasi fatto apposta.»
Oliver convenne: «Già, peccato sia impossibile.»
Emma allargò le braccia.
«Cosa vuoi che ti dica. Mi sono messa il cuore in pace molto tempo fa e non ho mai pensato sul serio che ci fosse qualcosa di oscuro, perché appunto sarebbe assurdo... anche se Keith, un'ora prima della gara, sembrava molto agitato, come se avesse scoperto qualcosa di grosso. Mi chiese di andare a cercare con urgenza Selena Bernard, di accertarmi che fosse da sola e di riferirle che aveva bisogno di parlare urgentemente con Patrick.»
«E tu?»
«Andai a cercare Selena, ma la trovai insieme a sua madre. Alexandra Bernard non la lasciò sola un attimo. Mi sono sempre chiesta cosa sarebbe accaduto se Keith fosse riuscito a vedere Patrick prima del gran premio, ma temo che non lo scoprirò mai.»
Oliver avrebbe voluto rassicurarla, spiegarle che un giorno l'avrebbe scoperto, ma non se la sentiva di darle false speranze, né era sicuro che per Emma fosse la cosa migliore venire a conoscenza di una scomoda verità. La ringraziò, per il momento, le disse che la loro conversazione gli era stata molto utile e si fece accompagnare a casa.
Invece di essere accolto dal solito portiere pronto a sommergerlo di chiacchiere sul vicinato e in particolare su Selena Bernard, entrando per poco non si scontrò con Edward Roberts che usciva dal portone.
Il pilota indietreggiò e lo fissò con gli occhi strabuzzati.
«Ancora tu?!»
Oliver fece un mezzo sorriso.
«Già, ancora io. Sorpreso di vedermi?»
«Tutto questo è inaccettabile!» sbottò Edward. «Come ti permetti, testa di cazzo, di violare la mia privacy e di seguirmi fino qui?! Sono a casa di un'amica insieme a mia figlia, come ti permetti di intrometterti nella mia vita fino a questo punto?!»
Oliver non lo interruppe. Continuò a sorridere e, quando Roberts ebbe terminato, gli chiese, sprezzante: «Hai altro da aggiungere?»
«Sì, che quella puttana di tua madre avrebbe dovuto abortire, invece di metterti al mondo!»
«Molto elegante da parte tua. Però ti sfugge una cosa: non sono qui per occuparmi di quello che fai tu, ma perché abito in questo palazzo. Puoi chiedere alla tua amica, se non credi a me. E già che ci sei, chiedile anche se sarà disposta a stare dalla tua parte quando racconterò pubblicamente che io e la mia famiglia siamo stati insultati pesantemente da un rispettabile pilota della Diamond Formula.»
Edward avvampò. Era palesemente imbarazzato, mentre affermava: «Non sapevo che abitassi qui. Scusa, pensavo fossi venuto qui per me.»
«Beh, no, non sei così importante» obiettò Oliver.
Edward lo supplicò: «Ti prego, non spargere merda su di me in questo momento.»
«Perché non dovrei?»
«Non so cosa mi abbia preso, ma...»
Oliver lo interruppe: «Va bene, posso fingere che non sia successo nulla. Tu, però, saresti disposto a fare qualcosa per me?»
«Dipende di cosa si tratta.»
«Niente di che. Vorrei che io e te ci incontrassimo per parlare di Patrick Herrmann. Ti assicuro che non scriverò nulla che tu non voglia né ti attribuirò alcuna citazione senza il tuo consenso. Ci stai?»
Oliver non si sorprese, quando Edward accettò. L'idea di una campagna mediatica contro di lui non doveva allettarlo molto, seppure le probabilità di successo fossero decisamente minori di quelle alle quali aveva alluso.
«Grazie» concluse Oliver. «Quando sei libero? Non hai molta strada da fare per raggiungermi.»
«Domani pomeriggio?»
«Va bene domani pomeriggio. Abito di fronte alla tua amica.»
«Devo dirle che vengo da te?»
«Come vuoi. La tua vita privata non è affare mio. Con te non voglio parlare delle nostre amicizie comuni, ma solo dell'incidente di Patrick Herrmann.»
******
Era un altro tardo pomeriggio pieno di nuvole, o forse sempre lo stesso. Il vento era forte, ma il cielo, con le nubi striate di rosa, era uno spettacolo, che tuttavia Oliver non poteva concedersi il lusso di stare a osservare. Aveva da fare, doveva incontrare una persona con una certa urgenza e quella persona era sempre il solito Keith Harrison.
Non aveva niente da dirgli, ma sentiva che Keith aveva bisogno di lui.
"O forse" realizzò, "sono io ad avere bisogno di Keith."
Si mise a camminare lungo la spiaggia, sempre verso la stessa direzione. Non aveva idea del perché cercare Harrison proprio là, ma non c'era bisogno di conoscerne la ragione, gli bastava fidarsi di un istinto che, quando andava alla ricerca di Keith, non l'aveva mai tradito.
Nemmeno quel tardo pomeriggio l'istinto gli voltò le spalle: Keith Harrison era seduto a terra e sembrava aspettarlo. Lo vide subito e lo salutò con un cenno della mano, che Oliver ricambiò.
Keith si alzò in piedi, lo fissò per qualche istante in silenzio, infine osservò: «Alla fine ti sei deciso.»
Se il senso dell'orientamento innato non aveva bisogno di una spiegazione, non era lo stesso per le affermazioni dell'ex pilota.
«Mi sono deciso a fare cosa?»
«A venire da me. Ti aspettavo.»
«Eppure credevo di avere preso spontaneamente la decisione di venire da te, senza aspettare una tua "chiamata".»
Keith ridacchiò.
«Siamo noi che possiamo condizionare i vostri sogni, non il contrario. Ho cercato di mettermi in contatto con te, negli ultimi tempi, ma c'era sempre un muro tra di noi.»
«E ora quel muro non c'è più?»
«Non è spesso abbastanza da impedirti di raggiungermi. Non so, però, fino a che punto tu possa capire.»
Oliver obiettò: «Non c'è sempre bisogno di capire.»
Keith replicò: «Invece sì... e a me piacerebbe comprendere che cosa sta succedendo con Edward Roberts.»
«Niente.»
«Devi vederlo, però.»
«Sì. Tu come lo sai?»
«So molte cose. Però non so leggerti nella mente. Cosa vuoi da Edward?»
«Voglio parlargli di Patrick Herrmann, tutto qui.»
«Non sono convinto che sia una buona idea. Ti ricordi per che team gareggia, vero?»
«Sì, lo so benissimo.»
«Ha contatti con Veronica e Scott Young. Fino a che punto puoi fidarti di lui?»
«Edward corre per il loro team, tutto qui. Non lo rende automaticamente una persona da evitare come la peste.»
«Capisco cosa intendi» convenne Keith, «Ma resta comunque pericoloso, non trovi? Basta che si lasci scappare qualche parola di troppo e potresti ritrovarti contro Veronica.»
«Non ho paura di Veronica» puntualizzò Oliver. «Sono del parere che abbia molte cose da nascondere e che non sia la santa che si mostra all'occorrenza, ma non va certo in giro a uccidere poveri giornalisti indifesi.»
«Questo non puoi saperlo. Potresti scoprire che non è così, ma solo quando sarà troppo tardi.»
«Non deve essere così terribile essere morto. Tu non fai altro che intrometterti negli affari dei vivi... Essere morto è un po' come essere un giornalista.»
Keith alzò gli occhi al cielo, poi scosse la testa.
«Piantala, non ti ho chiamato per stare a sentire le tue idiozie.»
«Idiozie... adesso non esagerare. Era solo una constatazione.»
Senza commentare, Keith gli ordinò: «Girati.»
Oliver si guardò intorno.
«Da che parte?»
«Dietro di te.»
Oliver fece ciò che Keith gli aveva detto. Come per incanto, vide davanti ai suoi occhi una sorta di schermo televisivo, sospeso a mezz'aria.
«Harrison, che cazzo sta succedendo?»
«Effetti speciali.»
«Non pensavo fossimo al cinema.»
«Infatti non siamo in un cinema. Siamo nella tua mente.»
«Tutto questo è assurdo» obiettò Oliver. «Non...»
Si interruppe. La trasmissione stava iniziando e non servì molto per capire di che cosa si trattasse.
Le vetture procedevano ad alta velocità lungo le strette stradine di Montecarlo. Davanti a tutti, una monoposto verde, sulla cui fiancata era rappresentata una farfalla il cui colore sfumava dall'azzurro al verde acqua, "omaggio" di uno sponsor, che aveva reso la Dynasty la vettura reputata la più bella della Diamond Formula nelle apposite classifiche che occasionalmente comparivano sul web tra quegli appassionati di motori che si lasciavano coinvolgere anche dagli aspetti più leggeri e meno legati alla competizione.
In seconda posizione, non troppo distante dal leader, seguiva un pilota a bordo di un'auto di colore blu elettrico. Non c'erano dubbi su quale fosse la sua identità, così come non ce n'erano a proposito di chi fosse in testa al gran premio.
Oliver conosceva quelle immagini, le aveva viste tante volte, da quando aveva deciso di scrivere il suo libro su Herrmann, tanto che quello che sarebbe accaduto di lì a poco non gli era più di disturbo, come se ci avesse fatto l'abitudine.
Un telecronista, frattanto, criticava Keith Harrison: secondo lui emergeva dalla sua guida una tensione che non gli apparteneva, così come era apparso piuttosto agitato nelle inquadrature prima della gara. La seconda voce della telecronaca, un ex pilota che spesso si lasciava andare a commenti acidi contro chi, diversamente da lui, stava ancora in pista, fece una risatina, prima di affermare che l'atteggiamento di Harrison dimostrava che non fosse all'altezza della situazione in cui si trovava e che, anche se avesse vinto il mondiale, non se lo sarebbe meritato.
Oliver si girò verso Keith.
«Cosa ne pensi?»
L'altro alzò le spalle, con indifferenza.
«Tanto qualche ora più tardi sarebbe stato pronto ad affermare che ero il pilota più forte di tutti i tempi.»
Oliver sospirò.
«Questa cosa che i morti devono essere idolatrati fino allo sfinimento mi è sempre sembrata assurda.»
«Io non ci ho mai pensato, quando ero vivo» ammise Keith. «Dopo avere varcato il confine non ha più avuto senso. I vivi si comportano in modo assurdo, di tanto in tanto... e lo faremmo anche noi, se le nostre azioni potessero ancora avere un effetto.»
«Beh, potete comunicare con noi tramite i sogni...»
«Non sempre e non con tutti. Possiamo farlo solo quando abbiamo qualcosa di importante da dirti.»
«Wow, lo considero un onore.»
«Taci, cretino» sbottò Keith. «Non distrarti, guarda la TV e dimmi cosa vedi.»
Oliver tornò a concentrarsi sullo schermo.
«Vedo Harrison che si avvicina a Herrmann e che, pur di riuscirci, sta guidando in modo strano. Sta tagliando...» Si fermò, per correggersi. «Stai tagliando delle chicane, alla direzione gara non piace di sicuro il modo in cui guidi. Non so cosa ti passasse per la testa in quel momento, ma avresti potuto rischiare una penalità e giocarti definitivamente la possibilità di vincere il titolo.»
Keith obiettò: «In quel momento non mi interessava il titolo. Avevo appena scoperto una cosa terribile e non ero riuscito a fare nulla, prima della gara. Quindi avevo solo una cosa da fare...»
«Tagliare chicane a caso?»
«No, avvicinarmi a Patrick Herrmann. Raggiungerlo. Essere certo di averlo alla mia portata.»
Keith Harrison, in effetti, in quel tratto di gara sembrava leggermente più veloce di Patrick Herrmann. Su un circuito come Montecarlo, che non facilitava i sorpassi, il pilota della Dynasty avrebbe avuto molte chanche di tenerlo dietro di sé, ma lo vedeva già negli specchietti. Solo la convinzione che Harrison non potesse tentare manovre azzardate in un momento come quello era dalla sua parte. Poi Harrison commise l'azione inspiegabile che era stata il punto di partenza di tutto.
Accanto a Oliver, Keith abbassò lo sguardo. Non doveva avere l'abitudine di rivedere spesso quei momenti, era chiaro che ne fosse ancora disturbato.
«Perché l'hai fatto?» volle sapere Oliver.
Keith comprese subito cosa intendesse.
«Mi sono buttato addosso a Herrmann perché non avevo altra scelta.»
«Cosa vuoi dire?»
«Quello che ho detto: non avevo scelta. O meglio, credevo di non avere scelta. Forse, se mi fossi comportato in modo diverso prima, anche tutto il resto sarebbe andato in modo diverso.»
«Nonostante non capisca perché sostieni di non avere avuto scelta, non puoi ritenerti colpevole di quello che è successo dopo» replicò Oliver. «Non potevi certo immaginare che la vettura di Patrick Herrmann sarebbe esplosa dopo l'impatto e che anche tu saresti rimasto coinvolto.»
«Sì che sapevo che la vettura di Herrmann sarebbe esplosa» lo smentì Keith. «Sapevo che sarebbe esplosa comunque, a un certo punto della gara, perché c'era qualcuno che voleva tappargli la bocca per sempre, qualcuno che pensava che si fosse esposto troppo sulla questione di Diaz.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Herrmann è stato sabotato?!»
«Sì.»
«E tu lo sapevi?»
«L'ho scoperto poco prima della gara. Di Francesco stava parlando al telefono con qualcuno, non ho capito con chi. Chiedeva se fosse andato tutto per il verso giusto e a che punto della gara sarebbe accaduto il fatto. Mi chiederai come facessi a prendere sul serio una simile affermazione... ma avevo parlato con Patrick, qualche giorno prima, e pensava che qualcuno volesse agire contro di lui, e forse anche contro di me, per la faccenda della morte di Emiliano.»
«E poi?»
«Io e Patrick eravamo d'accordo che, se fosse successo qualcosa, non avremmo avuto contatti diretti, per non destare sospetti in chi ce l'aveva con noi, ma che avremmo chiesto a mia moglie e alla sua fidanzata di fare da tramiti. Così ho mandato Emma a cercare Selena, per dirle che avevo un messaggio urgente per Patrick. Emma è sparita, ma non ha trovato Selena e ha continuato a cercarla. Allora ho provato a chiamare Patrick al cellulare, volevo dirgli che dovevo vederlo con urgenza, anche se avevamo i minuti contati.»
«Hai... chiamato Patrick?»
«Sì, nonostante tutto gli ho telefonato, perché era davvero una questione di vita e di morte. Al telefono, però, ha risposto una donna. Non ero sicuro che fosse Selena, quindi ho deciso di riattaccare senza dire niente. Avevo il telefono impostato con il numero anonimo, chiunque fosse non avrebbe capito che ero io. A quel punto, ormai, era troppo tardi per fare qualcosa. Mi era rimasta un'unica soluzione, se non volevo che accadesse un disastro che non solo avrebbe causato la morte di Patrick, ma avrebbe messo in pericolo anche la vita degli altri piloti, dei commissari di percorso e forse addirittura degli spettatori: dovevo buttare fuori Patrick Herrmann il prima possibile... e, semplicemente, l'ho fatto.»
******
Era strano essere seduto di fronte a Edward Roberts, ma soprattutto era difficile non pensare al sogno di quella notte, che Oliver percepiva ancora come fin troppo reale. Doveva comunque sforzarsi, per non mandare a monte il suo incontro con Roberts a causa della propria distrazione.
«Sono contento che tu sia qui» fu costretto ad ammettere, nel tentativo di tornare in sé. «Ti dirò, non pensavo, quando te l'ho proposto, che avresti accettato.»
Edward fece un sospiro.
«Cosa vuoi che ti dica, ci tengo alla mia reputazione.»
«Non sono poi così credibile. Eri davvero preoccupato che ti sputtanassi pubblicamente?»
«Non si può mai sapere. Basta un cretino che riferisce qualcosa e in tanti gli vanno dietro, anche senza prove, quando si tratta di spargere merda addosso a qualcuno. E non c'è dubbio che io abbia della gente che vuole spargere merda su di me, dato che tu sei uno di questi.»
Oliver lo guardò negli occhi.
«E va bene, hai ragione tu, a volte non mi sono comportato nel migliore dei modi con te.»
«Finalmente lo ammetti» ribatté Edward. «Mi sembra un notevole passo avanti. Per caso sei diventato improvvisamente adulto negli ultimi giorni?»
Oliver lo ignorò.
«Mi sono lasciato condizionare, in passato, da certe mie idee che poi ho rivalutato.»
«Mi fa piacere. Comunque anch'io devo scusarmi con te, non sono sempre stato corretto nei tuoi confronti.»
«Direi che possiamo dimenticare il passato, allora» concluse Oliver. «Dopotutto abbiamo amicizie comuni, potrebbe essere imbarazzante per Selena trovarsi in mezzo alle nostre polemiche.»
«Non vedo perché Selena dovrebbe trovarsi in mezzo alle nostre polemiche, se non siamo noi a coinvolgerla» obiettò Edward, «Ma hai ragione tu. La cosa migliore è mettere fine, una volta per tutte, alle vecchie polemiche.»
«Perfetto. Il fatto che tu sia qui mi sembra un buon inizio.»
«Per quanto tu possa non esserne convinto, avevo davvero una grande ammirazione per Patrick Herrmann» dichiarò Edward. «Vorrei tanto che, se c'è qualcosa che non torna in quello che gli è accaduto, la verità possa venire alla luce. Sono ancora convinto che tu sia un suo fanboy, ma a volte anche partendo dal basso si può arrivare in alto, se capisci cosa intendo.»
Oliver inspirò profondamente, prima di annunciargli: «Devo farti una domanda... una domanda che non ho mai fatto a nessuno.»
«Ti ascolto.»
«Vorrei che mi rispondessi nella maniera più sincera possibile, dalla prospettiva di un pilota.»
«Farò quello che posso.»
«Si parla spesso di cosa sia successo dopo che Patrick è stato speronato da Keith Harrison, dopo che è finito a muro... ma prima? Cos'è successo davvero, secondo te? Era l'ultima gara della stagione e Harrison era in testa al mondiale. Non avrebbe vinto se fosse rimasto dietro a Herrmann, ma non poteva prendere un rischio simile. Che cosa pensi che l'abbia portato a fare una manovra del genere?»
Edward abbassò lo sguardo e rimase in silenzio piuttosto a lungo. Infine alzò gli occhi e osservò: «Questa è una di quelle domande che tutti si sono posti, senza mai avere il coraggio di pronunciarla ad alta voce. Certe cose non vanno chieste, o almeno sono in molti a pensarlo.»
Oliver azzardò: «È un modo come un altro per dire che non intendi darmi una risposta?»
Edward scosse la testa con fermezza.
«No, affatto, significa che a volte bisognerebbe esporsi in prima persona, ma che in pochi lo fanno. Non so che cosa ti spinga a volere fare luce su quell'incidente, ma mi sembra palese che tu voglia arrivarci in fondo.»
«Allora, prima di spiegarmi che cosa ne pensi della manovra di Keith Harrison, spiegami perché, secondo te, nessuno parla di questo aspetto.»
«Mi sembra ovvio, Keith Harrison e Patrick Herrmann sono entrambi morti» spiegò Edward. «Quello che passava per la testa a Keith quando ha speronato Patrick non importa più. Le conseguenze sono state impensabili ed è giusto che i morti possano riposare in pace. Chiedersi perché Keith avesse fatto quello che ha fatto avrebbe potuto essere considerato sgradevole, anche perché non avrebbe mai più potuto difendersi da nessuna accusa.»
«Mi stai dicendo che pensi sia stata colpa di Keith, ma che non è bello dirlo ad alta voce, di fatto?» volle sapere Oliver. «Che la responsabilità dell'incidente è da attribuirsi a lui?»
«No, affatto. Contatti di quel tipo ne capitano in quasi tutte le gare, anche se in genere i protagonisti sono pivelli con meno di una stagione di Diamond Formula alle spalle e non certo aspiranti campioni del mondo. Questo, però, non significa che a ogni gara il pippone di turno che combina casini muoia o provochi la morte di qualcuno. Penso che il contatto tra Keith e Patrick e lo schianto di Patrick contro le barriere siano da considerare come due momenti distinti dello stesso incidente. Non so cosa sia successo all'auto di Patrick, ma non mi permetterei mai di attribuire la responsabilità a Keith. Però addosso a Patrick c'è andato lui, questo è innegabile.»
«Quindi torniamo al punto di partenza» realizzò Oliver. «Appurato che Keith Harrison è andato addosso a Patrick Herrmann, perché pensi abbia fatto un errore così clamoroso, in un momento in cui non doveva commettere errori?»
«Non riesco a spiegarmelo. Certo, se entrambi si fossero ritirati Keith avrebbe vinto il mondiale, ma l'ho conosciuto bene abbastanza da escludere questa possibilità. Innescare volontariamente una situazione di pericolo non era da lui. Ai briefing dei piloti non faceva altro che lamentarsi della guida sguaiata di alcuni dei piloti delle retrovie, sostenendo che prima o poi avrebbero combinato dei danni grossi.»
«Patrick Herrmann era il suo nemico giurato, così come lo era della Whisper. Pensi che non sarebbe andato addosso di proposito nemmeno a lui?»
«Certo che no. Te l'ho detto, Keith non avrebbe mai innescato una situazione di pericolo di proposito, per nessuna ragione al mondo. Per di più ci ha sempre tenuto a mostrarsi al mondo come un pilota e una persona migliore rispetto a Patrick. Non sarebbe mai caduto così in basso di proposito.»
«Eppure ha speronato Patrick Herrmann, quel giorno.»
«Sì, l'ha fatto. Un pilota della sua esperienza non avrebbe mai commesso un errore simile senza volerlo...»
«Ma allo stesso tempo non ci sono spiegazioni alternative che ti convincono, giusto?»
«Esatto.»
«Mi viene da pensare che siano molti a condividere il tuo parere» azzardò Oliver. «Veri e propri attacchi nei confronti di Harrison non ne ho mai visti o sentiti, ma resta il fatto che nessuno ci ha mai tenuto a dare una spiegazione all'accaduto.»
Edward fu d'accordo con lui.
«Proprio questo intendevo. La scintilla che ha innescato il tutto è una sorta di tabù, qualcosa di cui tutti preferiscono evitare di parlare.»
«Io, però, ti avevo fatto una domanda diversa» puntualizzò Oliver. «Quello che voglio sapere è: al netto della sua esperienza e del suo atteggiamento in pista, qualcosa ti lascia pensare che, in una situazione come quella, Harrison potesse commettere quel tipo di errore? Dopotutto non importa quanto siate esperti, prima o poi qualche cazzata la fate tutti. Anche tu, in questa stagione, hai...»
Edward interruppe quella considerazione sul nascere: «Esatto, tutti sbagliamo, almeno di tanto in tanto, e Keith Harrison di certo non faceva eccezione. L'unica spiegazione plausibile, a mio parere, è che in quel fine settimana non fosse nella sua migliore forma. Penso che, se fosse stato male fisicamente o mentalmente, avrebbe potuto commettere uno sbaglio in un momento in cui sbagliare era vietato.»
«Pensi che ci fosse qualcosa che potesse farlo stare male mentalmente?»
«Non ne ho idea.»
«Qual era il clima, alla vigilia del gran premio?»
«Era tutto normale, almeno in apparenza. Sarebbe stato assegnato il mondiale, certo, ma è una cosa che succede ogni anno. Non c'era niente di diverso dal solito, o almeno niente che io ricordi.»
«Sai se ci fossero dissapori tra Harrison e la squadra?»
«No.»
«Non ce n'erano o non lo sai?»
«Non lo so. Non posso escludere niente, ma Keith era un tipo tranquillo. Andava abbastanza d'accordo con tutti. Per intenderci, era un po' il contrario di Patrick.»
«Non sembra che tu abbia un'idea molto positiva di Patrick Herrmann.»
«Ti sbagli. Ti sbagli di grosso. Io e Patrick eravamo amici. Si è sempre comportato bene con me. Solo, non si comportava esattamente allo stesso modo con gli altri. A volte glielo dicevo esplicitamente, che doveva smettere di fare il coglione, ma non mi stava a sentire. Diceva che ero un ragazzino e che in quanto tale non avevo voce in capitolo.»
Oliver ridacchiò.
«Non mi sorprende che un tipo del genere non stesse simpatico proprio a tutti.»
«Gli altri non sapevano come prenderlo e Patrick si è sempre divertito a istigarli. Non c'è da sorprendersi se, fino a poco prima dell'inizio di quella stagione, rischiasse di non trovare un volante.»
«Di quello ne parleremo tra un po'» disse Oliver, «Mentre adesso c'è un'altra cosa che vorrei chiederti, stavolta sui fatti di Imola.»
«Il gran premio precedente?»
«Sì, quello in cui Herrmann era in testa, prima di finire in testacoda da solo.»
Edward annuì, come a rievocare quel fatto.
«Ne parlavamo prima, appunto. Anche i piloti più esperti a volte commettono errori inspiegabili. Patrick, a Imola, avrebbe potuto vincere senza problemi, se non avesse fatto uno sbaglio così grossolano.»
«Gli hai mai chiesto cosa gli fosse successo?»
«No.»
«Come mai?»
«Te l'ho detto, io e Patrick eravamo amici. Tu, quando sei con i tuoi amici, parli sempre di lavoro?»
«Beh, no...»
«Ecco, nemmeno io e Patrick ne parlavamo» spiegò Edward. «In più, in pista eravamo avversari e gareggiavamo per squadre diverse. È ovvio che non ci facessimo confidenze su quello che succedeva durante le gare. E poi, se avessi chiesto a Patrick come mai fosse finito in testacoda, di sicuro non mi avrebbe detto la verità. Si sarebbe inventato una scusa, avrebbe dato la colpa alla macchina, forse, o a qualcos'altro, ma di certo non mi avrebbe ammesso di avere fatto un errore.»
«Non ti ha mai stupito, comunque, quell'errore?»
«Certo che mi ha stupito, ma mi stupisco ugualmente delle cazzate che faccio io. In quasi ogni gran premio accadono cose strane, di cui poi la gente comune ride nei bar o sui social network, ma si va avanti.»
«Va bene, ti ringrazio per la tua cortesia nel parlarmi di queste faccende. Adesso, però, veniamo all'altro punto che ti avevo anticipato.» Oliver fece una breve pausa, prima di venire al dunque, poi riprese: «Prima dell'inizio della stagione, Herrmann sembrava destinato a rimanere a piedi. Dopo il suo addio alla Whisper non aveva esattamente un'ottima reputazione e non sembrava potesse interessare nemmeno alle squadre dei bassifondi, figurarsi ai team di prima fascia. Ti stupisce il fatto che, da un giorno all'altro, Patrick sia stato ingaggiato dalla Dynasty?»
«Sì e no» rispose Edward. «Da un lato le cose che sembrano accadere da un giorno all'altro non sono davvero accadute da un giorno all'altro. Dall'altro, però, credo che Patrick non sarebbe stato ingaggiato da quella squadra se non fosse stato per il fondamentale intervento di una persona.»
«La madre di Selena Bernard?»
«Sì. La signora Alexandra è stata essenziale.»
«Eppure la Dynasty non aveva il disperato bisogno di sponsor.»
«No, ma la signora Alexandra era una persona piuttosto stimata e rispettata. Averla come partner garantiva valore aggiunto... e in più non si sarebbe portata dietro il primo sfigato che passava per la strada, ma nientemeno che un ex campione del mondo. Non mi stupisce che Veronica Young e suo marito abbiano pensato si trattasse di una buona idea.»
«Eppure...?»
Edward rise.
«Mi leggi nella mente?»
«Certo che no.»
«Eppure sei riuscito a capire che c'era comunque qualcosa che mi lasciava perplesso.»
«Pensi di potermi dire di cosa si tratta?»
«Sì, ma a una condizione.»
«Sentiamo la tua condizione, allora.»
«Siccome è coinvolta la madre di Selena, preferirei che tu non ne parlassi nel tuo libro, né che toccassi in qualche modo l'argomento con Selena.»
«Va bene, si può fare. Dopotutto ho già assicurato a Selena che avrei narrato di sua madre solo il tanto necessario.»
«Patrick ha sempre negato, ma ho avuto l'impressione che la signora Alexandra avesse una cotta per lui. Anzi, secondo me hanno proprio avuto una relazione. In un primo momento erano molto affiatati. Questo, prima che Patrick si mettesse insieme a Selena. Da quel momento in poi la signora Alexandra ha iniziato a trattarlo con maggiore freddezza, tanto che Patrick era convinto che, dopo la fine della stagione, le loro strade si sarebbero separate.»
Oliver non era affatto stupito di quella rivelazione.
«Quanto tempo pensi sia durata la relazione tra Patrick e Alexandra Bernard?»
«Non lo so con esattezza, ma di certo Patrick ha chiuso con lei almeno quando ha conosciuto Selena. Era molto preso dalla sua nuova ragazza, non l'avevo mai visto legarsi così tanto a una delle sue partner. Per questa ragione ritengo impossibile che stesse contemporaneamente con la madre e con la figlia. Sarebbe stato un vero stronzo se l'avesse fatto... e per quanto si sia occasionalmente comportato da stronzo, ha sempre dimostrato di non essere affatto stronzo con le persone a cui teneva.»
«Hai mai pensato che stesse insieme alla signora Alexandra per paura che lei lo abbandonasse dal punto di vista professionale?»
«Preferisco non rispondere a questa domanda.»
«Okay. Ti capisco e ti ringrazio per essermi comunque stato molto d'aiuto.»
Edward obiettò: «Non penso di esserti stato poi così tanto d'aiuto, ma alla fine questa conversazione non è stata così terribile come temevo.»
Oliver fece una risatina.
«Sono io che non sono così terribile?»
«Anche.» Edward si alzò in piedi. «È meglio che me ne vada adesso.»
«Allora ti accompagno alla porta.»
Vi si diressero restando in un silenzio che fu rotto dalla voce di Edward, al momento di uscire.
«Posso chiederti una cosa io, adesso?»
«Non posso dirti di no, sei stato così disponibile.»
«Perché hai preso in affitto l'appartamento di Patrick?»
Oliver sorrise.
«Perché è un meraviglioso appartamento. Poi ci sono vicini di casa meravigliosi. O meglio, ci sono vicine di casa meravigliose. Sei un uomo fortunato, Roberts.»
Edward obiettò: «Fortunato? E perché? Io non abito qui.»
«Però sei fidanzato con Selena.»
«No, hai frainteso. Selena ha amato un solo uomo nella sua vita e quell'uomo è Patrick Herrmann.»
L'affermazione di Edward era talmente diretta e chiara da apparire inconfutabile, eppure Oliver sentiva di dovere replicare.
«Credevo che...»
«Credevi male. Sono venuto a trovarla in qualità di amico.»
«No, mi riferivo al figlio di Selena. Forse non ricordo bene la sua età. Pensavo fosse troppo giovane per essere figlio di Herrmann.»
Edward spalancò gli occhi, senza dire una parola.
Oliver si affrettò a precisare: «Non avrei dovuto essere così invadente. Ti chiedo scusa per la mia scortesia.»
«No, figurati. Non ricordo con esattezza l'età di Thomas. Nel periodo in cui è nato, io e Selena non ci frequentavamo.»
Non era sincero, d'altronde era difficile non sapesse l'età del figlio di una sua carissima amica, ma stavolta Oliver non aggiunse altro. Salutò Edward, chiedendogli scusa ancora una volta per la propria intromissione, poi lo guardò andare via.
******
Quando Oliver arrivò, Keith era in piedi e sembrava aspettarlo. Non attese che Harrison lo salutasse, né che facesse qualcuna delle sue solite osservazioni.
«Ho parlato con Edward Roberts» gli comunicò all'istante, «E ho capito tutto.»
«Cos'hai capito?» replicò Keith. «Edward non può sapere che l'ho fatto apposta.»
«No, non sto parlando dell'incidente» mise in chiaro Oliver. «Parlo di Thomas Bernard.»
«Il figlio di Selena? E, dimmi, perché mai un ragazzino dovrebbe avere qualche rilevanza? Ti ricordo che doveva ancora nascere, al momento della morte mia e di Patrick.»
«Quel ragazzino è figlio di Patrick.»
«Non eri tu che dicevi che non lo era?»
Oliver annuì.
«Sì, lo pensavo, ma mi sbagliavo di grosso. Thomas Bernard è figlio di Patrick.»
«Sostenevi che fosse impossibile» gli ricordò Keith. «Dicevi che dalle informazioni di cui sei in possesso, Selena non è mai stata a letto con Patrick.»
«Infatti è proprio così» precisò Oliver.
«Non ti seguo.»
«È impossibile che Thomas sia figlio sia di Selena sia di Patrick. Quando dicevo che non era figlio di Patrick, partivo dal presupposto che fosse figlio di Selena. Invece mi sbagliavo: Thomas è davvero figlio di Patrick, solo che la donna che l'ha partorito è Alexandra Bernard.»
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