Buona lettura. <3
Selena stava aspettando davanti all'ingresso, sulla strada poco illuminata, stringendosi nella giacca sportiva che aveva abbinato al maglione e ai leggings - un abito elegante le sembrava troppo esagerato per l'occasione. Iniziava a fare freddo, a quell'ora della sera, e forse si era recata all'appuntamento con troppo anticipo.
Oliver Fischer arrivò a sorpresa, anticipato dalla voce alle spalle di Selena.
«Ehi, sei proprio sicura che vuoi cenare qui?»
Non c'erano dubbi su quale fosse la ragione di quella domanda.
«Il portiere ti ha detto che sono un'elegantona snob e che frequento solo ristoranti e locali in cui spendi un intero stipendio, vero?» Si girò verso di lui. «Sì, può darsi che abbia dato quell'impressione, ma non sono davvero così.»
Oliver sorrise.
«No, è solo che questo mi sembra un posto troppo... mhm... da poveri, se così lo posso definire.»
Selena rise.
«Non c'è alcuna regola per cui i posti da poveri debbano per forza essere snobbati. Non credi?»
«Non importa quello che credo io. Il posto l'hai deciso tu e deve andare bene a te.»
«Bene, ti assicuro che a me va benissimo» concluse Selena. «Dobbiamo essere noi a decidere cosa vogliamo fare, non possiamo permettere ai portieri impiccioni di imporsi così tanto sulle nostre scelte.»
«Allora entriamo» suggerì Oliver. «Sarà senz'altro una bella serata.»
Selena non condivideva la stessa certezza, ma era disposta a correre il rischio di annoiarsi oppure di un flop, così come di sopportare tutto ciò che sarebbe venuto prima del momento decisivo: dovevano prendere posto, magari anche ordinare, e soltanto in un secondo tempo sarebbe stato possibile venire al dunque.
Per fortuna Oliver le facilitò le cose.
«Siccome siamo pressoché due sconosciuti» disse, non appena si sedettero l'uno di fronte all'altra, «Che cosa ne dici di parlare un po' di noi?»
«Potrebbe essere un'idea» ammise Selena, «Ma non saprei cosa raccontarti.»
«Fammi delle domande e io ne farò a te.»
Selena lo squadrò con attenzione, poi gli domandò: «Perché hai un labbro gonfio, cos'hai fatto?»
«Lascia stare» ribatté Oliver. «Uno stronzo non ha gradito una mia domanda, durante un'intervista, e mi ha tirato un cazzotto.»
«Allora intervisti proprio della gente di merda, lasciatelo dire.»
«Magari lo conosci, è un pilota della Diamond Formula, ma non faccio nomi» rispose Oliver. «A proposito, che cosa ci fai qui a Valencia e perché eri nel paddock con un pass da ospite? Mi sembra una domanda legittima.»
«Il pass l'ho avuto tramite Claudia Strauss» gli spiegò Selena. «La conosco da molti anni, così come conosco tante altre persone della Diamond Formula. Mia madre è stata una famosa imprenditrice e la sua azienda ha sponsorizzato team e piloti in passato.»
«Come mai proprio Valencia, se posso chiedertelo?»
«Fino a poco tempo fa lavoravo in uno studio di design, come dipendente. Mi sto mettendo in proprio, adesso, quindi significa che posso gestire come preferisco i miei tempi e che, quando voglio prendermi una breve vacanza, posso farlo senza dovere rendere conto a nessuno. Tu, invece, come ti sei ritrovato a seguire la Diamond Formula per lavoro?»
Oliver abbassò lo sguardo un attimo, prima di rispondere.
«È una storia strana.»
«Non mi spaventano le storie strane.»
«Fino a un paio d'anni fa mi occupavo di altri sport. Ho avuto un'occasione quasi per caso. All'inizio il mio obiettivo era cambiare strada, poi mi sono accorto che la strada giusta aveva appena trovato me. Prima non seguivo con grande attenzione i campionati di automobilismo, poi ho iniziato a interessarmene in maniera quasi maniacale. Potrei dire, e non mentirei, di conoscere alla perfezione la storia della Diamond Formula, anche quella dei tempi in cui era ancora considerata una sorta di campionato minore. Quello che faccio è una sorta di vocazione, per me. Ho iniziato a sentire che c'è qualcosa, in me, che mi lega alla Diamond Formula, qualcosa di cui non mi ero mai accorto prima di venirne a contatto.»
«Quindi non ne sapevi niente prima?»
«Non è esatto: ne avevo una conoscenza abbastanza superficiale. Mi capitava di vedere qualche gara in televisione, ogni tanto, ma solo se non avevo nient'altro da fare. Mi capitava di sentire le notizie al telegiornale, di tanto in tanto, al punto da sapere in linea di massima quali fossero le squadre e i piloti di punta, ma se tu mi avessi chiesto a bruciapelo chi avesse vinto, per esempio, il Gran Premio di Montecarlo del 2007 - o per meglio dire, la gara di Diamond Formula che faceva da contorno al Gran Premio di Formula 1 - ti avrei guardato come se tu fossi pazza. Al giorno d'oggi, magari, oltre al vincitore ti saprei elencare l'intero podio.»
«Qual era il podio della gara di Diamond Formula che si svolse a Montecarlo nel 2007?»
«Quella gara venne vinta da un ex campione di Formula 1 piuttosto celebre, che partecipava a quell'evento in qualità di guest driver, nel tentativo di promuovere la categoria. Dio solo sa come avessero fatto a convincerlo. Secondo arrivò Edward Roberts e al terzo posto si classificò Claudia Strauss. Se non ti fidi di me puoi chiedere a lei, domani.»
«Mi fido.»
Quelle furono le ultime parole che si scambiarono prima che venisse una cameriera a prendere le ordinazioni. La donna portò da bere pochi minuti dopo, minuti nel corso dei quali non si aggiunse nulla di significativo alla conversazione. Solo dopo essersi versata un bicchiere d'acqua, Selena chiese a Oliver: «Sei un fan di Patrick Herrmann?»
Oliver annuì.
«Sì, lo stimo moltissimo come pilota. Al momento della sua morte avevo solo tredici anni, quindi non ho molti ricordi di lui, se non che lo sentivo nominare ogni tanto quando ero bambino, ma dopo ho avuto modo di rivedere le sue imprese.»
«Questo spiega, dunque, perché tu stia scrivendo un libro su di lui, almeno stando a quanto racconti sui tuoi profili social.»
«Diciamo che sto cercando di scriverlo. E che diventerà un libro soltanto se qualcuno vorrà pubblicarlo. Altrimenti la storia di Herrmann sarà pubblicata sul mio blog, tutto qui. Non sarebbe comunque male, potrei raggiungere una buona fetta di pubblico. Non mi interessa guadagnarci, mi basta che Patrick Herrmann venga conosciuto meglio da chi ignora i suoi risultati o la sua storia.»
«Posso chiederti che cosa lo renda così speciale ai tuoi occhi?»
Oliver sospirò.
«Ti avverto, è un'altra storia strana. Anzi, è più strano di tutto quello che ti ho raccontato finora.»
«Non è un problema. Penso di potere affrontare una storia strana.»
«Quando avevo tredici anni andai a Montecarlo con mia madre, pochi giorni prima del Gran Premio. Mi portò con sé durante un viaggio di lavoro.»
«Lavorava nel settore dell'automobilismo?»
«Oh, no, faceva tutt'altro. Fu solo un caso, se ci recammo nel Principato di Monaco proprio alla vigilia del Gran Premio.»
«E Patrick Herrmann che ruolo ha in tutto ciò?»
«Non ha ruolo, se non nella mia mente. Ebbi un incidente, in quei giorni, un incidente banale a raccontarlo, ma che ebbe conseguenze gravi. Inciampai lungo le scale, battendo la testa. Persi conoscenza e fui ricoverato in ospedale. I medici non nutrivano molta fiducia. Subii un intervento che, a conti fatti, mi salvò la vita. Mi risvegliai qualche giorno dopo e, per qualche ragione, la prima volta che parlai fu per chiedere a un'infermiera se Patrick Herrmann stava bene. Non c'erano ragioni logiche per cui dovessi porle quella domanda, né per cui dovessi pensare a un pilota della Diamond Formula. Quando mi ripresi, scoprii che Herrmann aveva avuto un grave incidente nella gara di Montecarlo, morendo dopo un paio di giorni di coma nello stesso ospedale in cui io ero ricoverato. Il momento della sua morte coincise più o meno con quello del mio risveglio. Questa è, di fatto, la ragione per cui la figura di Patrick Herrmann mi affascina così tanto: per ragioni inspiegabili è entrato a far parte di un evento che ha cambiato radicalmente la mia vita.»
Selena aggrottò le sopracciglia.
«Cambiato radicalmente la tua vita? Hai avuto conseguenze permanenti?»
«Non ricordo niente né dell'incidente né della mia vita precedente. O meglio, qualcosa di chi ero prima ho finito per ricordarlo, ma perché me l'hanno raccontato. Diciamo pure che forse mi sono convinto io di avere ricordato qualcosa. È un po' come se il primo Oliver Fischer fosse morto e poi fossi arrivato io.»
Selena rabbrividì.
«È terribile.»
«La cosa terribile è che io non l'ho mai trovato terribile» le confidò Oliver. «Non ho mai rimpianto quello che ero prima, un po' come se davvero non fossi mai esistito.»
«Davvero ti viene il dubbio di non ricordare niente?»
«Già. Mia madre diceva che le sembra di avere avuto due figli e di averne perso uno. Ormai ci ha fatto l'abitudine anche lei e io, da parte mia, ho cercato di fare credere ai miei familiari di ricordare qualcosa. Penso sia questo che mi ha confuso: arrivato a un certo punto, non sono più riuscito a distinguere fino in fondo che cosa fosse reale e che cosa non lo fosse.» Oliver fece una breve pausa, poi azzardò: «Adesso potremmo parlare di te? Il portiere ha detto che hai un figlio...»
«Sì, ha quattordici anni e studia all'estero.»
«Come si chiama?»
«Thomas.»
«Thomas era anche il secondo nome di Patrick Herrmann.»
«Wow, sei proprio un vero fanboy, sai tutto di lui.»
«Questa non è un'informazione così scottante. Nella maggior parte delle sue biografie è riportato il suo nome completo.»
«È comunque curioso che un fanboy di Herrmann come te sia andato ad abitare in quello che una volta era il suo appartamento.»
Oliver annuì.
«Sì, è curioso, ma è stato un caso. Cercavo un appartamento in affitto e mi sono ritrovato ad abitare là.»
«E questo ha avuto effetti sulla tua sensazione di vicinanza?»
«Preferirei non parlare degli effetti.»
«Hai ragione, scusa se sono stata indiscreta.»
«No, figurati. Non...» Oliver fu interrotto da un cellulare che squillava. «Scusa, è il mio.» Lo prese fuori dalla tasca della giacca. «Temo di dovere rispondere. Per te è un problema?»
«No, affatto.»
Oliver si alzò in piedi e uscì dal locale, scelta condivisibile, non solo per questioni di privacy, ma anche per il brusio delle voci dei presenti.
Rientrò parecchi minuti più tardi.
Selena si informò: «Qualche problema?»
«Era il mio capo, per una questione di lavoro» le spiegò Oliver. «Comunque, per rispondere alla tua domanda, no, non c'è nessun problema, solo una faccenda, per così dire, di routine.»
Oliver aveva appena terminato di pronunciare quelle parole quando la cameriera fu di ritorno portando loro i piatti che avevano ordinato per cena.
Selena decise di rimandare a un secondo momento le questioni serie. Durante la consumazione si limitarono a conversare occasionalmente, sempre senza toccare questioni di particolare importanza. Selena ne approfittò per raccontargli un po' del proprio lavoro: non c'era nulla di privato in ciò che faceva, anzi, farsi conoscere professionalmente era esattamente quello che le serviva vista la decisione di lasciare lo studio di Lionel Vincent per aprirne uno proprio.
Soltanto più tardi, mentre attendevano che la cameriera portasse loro il conto, l'argomento Patrick Herrmann tornò ad affacciarsi sui loro discorsi.
«Mi farebbe piacere, un giorno, leggere il tuo libro» azzardò Selena. «Qualora tu dovessi riuscire a pubblicarlo, oppure lo facessi autonomamente sul tuo blog, vorrei che mi informassi.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Anche tu appassionata della Diamond Formula?»
«Abbastanza da essere venuta a Valencia per vederla da vicino.»
«Lo so, avrei dovuto capirlo da questo, ma non è così scontato: capita spesso di trovare nel paddock dei vip che non sanno niente di motori, solo perché hanno amicizie con team principal o piloti, oppure perché gli organizzatori dei gran premi hanno deciso di invitarli per farsi pubblicità.»
«Io, però, non sono una vip.»
«Giusta considerazione.»
Selena sospirò.
«Ad ogni modo non sono qui soltanto per passione. Ho conosciuto molto bene il tuo idolo, in passato. Diciamo che eravamo molto legati.»
«Avevo sentito dire qualcosa del genere» ammise Oliver, «Ma non ho dato credito a questi... mhm... pettegolezzi da portineria.»
«Non mi sorprende scoprire chi sia stato fonte di questi pettegolezzi.»
Per fortuna Patrick non le pose domande invadenti. Si limitò a proporle: «Visto il tuo legame con Patrick Herrmann, penso di poterti fare leggere qualche frammento. Ho qualche stralcio in back-up sulla mia casella di posta, mi basta il tuo indirizzo e-mail per mandarti qualcosa. Posso farlo anche subito, così magari inizi a leggere qualche pezzo prima di andare a dormire.»
«Dici sul serio?!»
Era evidente che Oliver non scherzasse: aveva già preso fuori lo smartphone dalla tasca e le chiese, prontamente: «Mi dai il tuo indirizzo e-mail?»
«Mandami tutto su selenabernard_design@***.com, è quella che leggo sul telefono.»
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[...] "Seppure al giorno d'oggi nessuno metta più in discussione lo status della Diamond Formula come classe regina del motorsport a ruote scoperte, sono ancora in tanti a chiedersi come sia stato possibile, per quella che un tempo era una serie 'di nicchia', conquistare così tanto spazio e così tanta popolarità.
I fattori sono stati tanti e il primo decennio degli anni 2000 è stato determinante per far diventare la Diamond Formula quella che è attualmente. Da un lato si possono ricercare questioni tecniche e burocratiche: fin dai tardi anni '90 era apparsa sempre più simile a una sorta di Formula 1 per 'garagisti', con costi più contenuti e nessun team detentore di potere. Le squadre non potevano condizionare a loro piacimento i regolamenti futuri e l'unico modo per svettare era lavorare meglio, avere tecnici migliori e piloti migliori delle altre scuderie. Ciò avrebbe permesso, dieci anni più tardi, di sopravvivere molto meglio alla crisi economica, e non solo: mentre in Formula 1 costruttori e motoristi decidevano di chiudere i battenti, in Diamond Formula il numero delle squadre aumentava. La categoria aveva avuto il via con otto squadre, per poi salire a nove, nonché di lì a pochi anni a dieci e poi a dodici, tanto da dovere inserire un tetto massimo di iscritti.
Il lato più economico e pratico della serie, tuttavia, non sarebbe bastato per fare affezionare il pubblico. Si può affermare che la promozione fu azzeccata fin da subito e che, mentre i campionati maggiori optavano per trasmettere le proprie competizioni sulle Pay TV, la Diamond Formula non ha mai intrapreso questa strada: il modo migliore per raggiungere la maggiore fetta di pubblico è appunto avere un pubblico il più ampio possibile. Non tutti sono disposti a firmare costosi abbonamenti per seguire il motorsport, ma soprattutto la quantità di persone disposte a farlo per una categoria poco conosciuta è ancora minore. Contratti televisivi azzeccati, buon utilizzo delle piattaforme web, prima il sito ufficiale con l'annesso forum disponibile in varie lingue, dopodiché i social network con l'esplosione di questi ultimi.
Al senso di vicinanza con il pubblico si sono mescolati altri dettagli, capaci di sopperire alla mancanza di nomi considerati di alto livello tra le squadre. Albatros, Dynasty Racing e Whisper Motorsport non significavano niente per l'appassionato medio, eppure la competizione intensa e brillante ha permesso loro di attirarsi numerosi fan, mentre lottavano per il titolo mondiale. Le loro vetture dai colori sgargianti, in un'epoca in cui i tifosi si lamentavano della pacatezza delle livree nei campionati tradizionali, sono entrate nell'immaginario collettivo, il tutto a fare da contorno a storie suggestive, quelle che ogni squadra e ogni pilota portava con sé come bagaglio.
Certo, quando si parla di piloti della Diamond Formula non si può negare che le partecipazioni occasionali di piloti di alto livello provenienti da altre categorie, comprese Formula 1 e Indycar, abbiano contribuito ad aprire gli occhi del grande pubblico e a focalizzarli sulla serie stessa, ma alla fine, a scrivere la storia, erano i piloti presenti al via dell'intera stagione, quelli che lottavano per il titolo e non per infiammare il pubblico soltanto nelle occasioni speciali.
Patrick Herrmann era uno di loro. Incondizionatamente amato o incondizionatamente odiato, senza alcuna via di mezzo, da parte di tifosi, team principal, altri piloti, addetti ai lavori e stampa, il pilota dalla doppia cittadinanza tedesca e svizzera è stato senza ombra di dubbio un nome di primo livello, fin dai brillanti esordi, per passare poi a un'inevitabile ascesa. Riusciva a spingere al massimo vetture anche meno competitive della concorrenza e strappava sempre ottime prestazioni in qualifica. In gara raramente sbagliava, ritrovandosi sempre tra i protagonisti sia delle sprint race sia delle gare principali di ogni evento.
Mentre nella gara breve la maggior parte dei piloti cercavano di non rischiare troppo per garantirsi una buona posizione sulla griglia di partenza all'indomani, Herrmann riusciva sempre a trovare quell'estro che lo portava a rendere appassionanti anche le sprint race, in un primo momento snobbate da parte degli appassionati. Aveva qualcosa in più ed erano in tanti ad esserne consapevoli." [...]
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«Fanculo, chi cazzo crede di essere, Patrick Herrmann?!»
L'urlo di Claudia Strauss riecheggiò nel box del team Albatros, dopo il grave errore commesso dalla sorella Christine.
Non era nuovo che il nome di Patrick venisse citato più o meno a caso, nel paddock, per cui Selena non vi diede peso. Conosceva la reputazione del suo defunto fidanzato ed erano in molti a condividere il pensiero di Oliver Fischer in proposito: quando c'era da correre qualche rischio non si tirava mai indietro, ma i successi arrivavano in quantità di molto superiore rispetto agli insuccessi. I piloti che tentavano di fare come lui, con maldestre imitazioni, spesso facevano la fine di Christine Strauss, costretta al rientro in pitlane dopo un incontro ravvicinato con le barriere del circuito.
Qualcuno si era messo le mani tra i capelli, mentre i meccanici addetti al pit-stop correvano fuori ad accoglierla per tentare di salvare il salvabile. Da salvare, tuttavia, c'era ben poco, l'indomani Christine avrebbe dovuto partire dalle retrovie, vanificando gli sforzi del giorno precedente. Era veloce, Christine Strauss, ma erano molte le ragioni per cui non aveva mai eguagliato i successi della sorella.
Quest'ultima, dopo le esternazioni contro Christine, tornò in fretta alla calma. Scene come quella appena avvenuta erano all'ordine del giorno, ma Claudia Strauss era dotata di un'innata capacità di guardare avanti.
Quando tutto fu finito scambiò qualche parola con Selena, non disdegnando di fare previsioni per l'indomani.
«Con la strategia giusta, tutto può succedere. In fondo basta un ingresso della safety car per stravolgere un gran premio.»
Selena non replicò. Trovare qualcosa da dire era complicato: nonostante il rapporto di amicizia con la team principal non avrebbe saputo come commentare una simile affermazione, né era sicura di parteggiare per Christine Strauss.
Per fortuna Claudia cambiò argomento molto in fretta.
«Ieri sera, allora, sei uscita con il tuo amico giornalista?»
«Amico è una parola grossa» replicò Selena. «L'ho appena conosciuto.»
Claudia ridacchiò.
«Puoi sempre metterci una buona parola. Fa sempre comodo avere amici che lavorano per la stampa o per la televisione.»
«Credo che Oliver sia molto fissato con il vintage, più che con le competizioni di oggi» le confidò Selena. «Mi ha anche menzionato, in modo casuale, il tuo podio a Montecarlo nel 2007.»
Gli occhi di Claudia si illuminarono.
«Meravigliosa gara, quella del 2007. Avrei potuto vincere, se non avessi passato troppo tempo a lottare con Edward. Purtroppo permettemmo a un outsider di avvicinarsi e poi di raggiungerci.» La Strauss fece un sospiro. «Visto chi era quell'outsider, mi sarebbe piaciuto tanto riuscire a batterlo, per dimostrare che noi della Diamond Formula potevamo lottare alla pari con dei pluricampioni di Formula 1, per quanto quel pilota avesse un'età piuttosto avanzata.»
«Sei sicura che fosse così vecchio? Si era appena ritirato dalla Formula 1...»
«Giusto, aveva trentotto anni, ma veniva considerato alla stregua di un vecchio decrepito. La Diamond Formula, quantomeno, ha contribuito a cambiare un po' le cose. L'età è solo un numero, per noi.»
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[...] "Fu il suo estro a condurre Herrmann verso la Whisper Motorsport, ufficialmente in qualità di 'terzo pilota'. Ai tempi, con soli otto team, ciascuno schierava tre monoposto, di cui tendenzialmente soltanto due affidate a piloti ritenuti davvero competitivi, dal momento che soltanto i due piloti meglio classificati contribuivano a fare punti anche per la classifica delle scuderie. La squadra britannica fu la prima a invertire questo trend, affiancando Patrick Herrmann ad altri due piloti di alta fascia: l'argentino Emiliano Diaz e l'inglese Keith Harrison.
Patrick Herrmann vinse il suo primo titolo ad appena ventidue anni, ripetendosi anche l'anno seguente, arrivando in certe occasioni ad annientare completamente la concorrenza, su quella vettura viola brillante che faceva tanto sognare una nuova generazione di appassionati di motori. Sembrava inarrestabile, ma la crescita costante di Dynasty Racing rischiò di essere fatale alla Whisper. La squadra monegasca, dopo l'acquisizione da parte di Scott Young, ritrovò la competitività andata perduta nelle ultime stagioni, mettendo in difficoltà anche lo stesso Herrmann.
Il pilota iniziò a ricevere le prime critiche e anche il suo status privilegiato all'interno della squadra iniziò a vacillare, negli anni seguenti. Anche i vertici del team sembravano essersi stancati di lui. Il trattamento, a detta di alcuni privilegiato, che aveva ricevuto fino a quel momento divenne in seguito solo un vecchio ricordo e spesso Patrick si ritrovò relegato dietro ai suoi stessi compagni di squadra, ancora ugualmente legati al team.
Ormai considerati un binomio che non funzionava più, Patrick Herrmann e il team Whisper erano destinati a un'ormai preannunciata separazione, ma un destino avverso si frappose tra loro e l'inevitabile split. Vittima di quel fato crudele fu Emiliano Diaz. La sua morte cambiò tutto e prolungò la permanenza di Herrmann presso la squadra con la quale aveva conosciuto il grande successo qualche anno prima. La causa dell'incidente nel quale il sudamericano aveva perso la vita venne attribuita a un errore di guida del pilota stesso, spiegazione che tuttavia non convinse Patrick. La già poca fiducia che nutriva nei confronti della squadra venne meno, mentre più si intensificava in lui il sospetto che a contribuire alla triste fine di Diaz fosse stato invece un guasto meccanico. Più di una volta si lasciò andare con la stampa a dichiarazioni 'compromettenti', mettendo in dubbio l'operato dei meccanici della Whisper Motorsport, venendo criticato non soltanto dalla dirigenza della squadra, ma anche all'esterno di essa. Il suo comportamento fu prevalentemente disprezzato ai tempi, salvo poi essere riconsiderato in un momento successivo. Specie dopo i vari cambi di proprietà, la Whisper Motorsport stessa si è dissociata dalla sua gestione dei primi anni 2000, arrivando a tagliare definitivamente i ponti con un passato ritenuto da dimenticare.
Patrick Herrmann, tuttavia, non ha mai potuto assistere a questo radicale cambio di mentalità, così come non ha mai visto la trasformazione subita dal motorsport che noi abbiamo potuto ammirare. La sua rottura con la Whisper, giunta a seguito di alcuni "scandali" legati alla sua sfera privata, stravolse il suo futuro, ma non nel modo in cui poteva apparire in un primo momento. Ormai fuori dai giochi, Herrmann sembrava avere chiuso con la Diamond Formula, all'età di soli ventisette anni e senza un team di prima fascia disposto a prenderlo in considerazione.
Fu solo poche settimane prima dell'inizio del suo ultimo campionato che iniziarono a girare voci su un potenziale ingaggio. Si parlava di team di medio livello, o addirittura di squadre da fondo griglia, invece la Dynasty Motorsport sorprese tutti: grazie alla sponsorizzazione di Alexandra Bernard, nome piuttosto noto nel motorsport di fine e inizio millennio, Herrmann avrebbe guidato una delle monoposto verdi e turchesi della squadra del Principato di Monaco, con grande soddisfazione da parte di Scott e Veronica Young, convinti di avere fatto il colpo del secolo.
Se negli ultimi tempi presso la Whisper Racing Herrmann era sembrato soltanto l'ombra di se stesso, alla Dynasty sembrò avere recuperato del tutto lo smalto di un tempo, rivelandosi fin da subito il più veloce tra i piloti del terzetto verde-turchese e il principale contendente al titolo, nonostante una ritrovata Whisper e un Keith Harrison che finalmente si stava mettendo in luce. Non a caso in tanti si chiedono cosa sarebbe accaduto, se a Monaco le cose fossero andate diversamente. Quello che in pochi si chiedono, però, ancora al giorno d'oggi, è chi fosse davvero Patrick Herrmann e se fosse davvero come veniva descritto dai media d'epoca." [...]
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Selena non aveva programmato di intrattenersi a conversare con Oliver, quel pomeriggio, ma lo ritenne doveroso. Gli aveva già mandato due righe via e-mail, ma ci teneva a sdebitarsi con lui per avere avuto in anteprima la possibilità di leggere la bozza dell'introduzione del libro.
Lo vide in compagnia di una donna con i capelli biondi tempestati di striature più scure, che riconobbe facilmente come la giornalista Emma Dupont. Colei che un tempo aveva avuto una breve relazione con Patrick non era cambiata molto, negli ultimi quindici anni, anche in termini di vestiario e acconciature, che si conformavano prevalentemente ai canoni di inizio millennio.
Selena attese con pazienza che i due si allontanassero, per andare a raggiungere Fischer. Oliver non parve molto sorpreso di vederla e le sue parole lo confermarono: «Sapevo che saresti venuta a dirmi cosa ne pensi.»
Selena annuì.
«Sì, è stata una lettura interessante.»
Oliver alzò le spalle.
«Era solo un'introduzione, nulla di scottante.»
«Nella vita non ci sono solo le cose scottanti» replicò Selena. «Non sono sicura che Patrick nascondesse qualcosa di scabroso.»
Oliver abbassò lo sguardo.
«Beh, un po'...»
Selena raggelò.
«Intendi scrivere anche della sua vita privata?»
Oliver si affrettò ad alzare gli occhi e a rassicurarla: «Non c'è niente di cui tu debba preoccuparti.»
Selena gli ricordò: «Anch'io ho fatto parte della vita privata di Patrick Herrmann.»
«Te l'ho detto, non c'è niente di cui tu debba preoccuparti» ribadì Oliver. «Gli unici aspetti della sua vita privata che intendo toccare nella mia ricostruzione sono quelli che hanno influenzato in qualche modo la sua carriera... compreso il rapporto che aveva con la sua impresaria.»
Alexandra Bernard aveva avuto una relazione con Patrick Herrmann, per tale ragione aveva deciso di sponsorizzarlo e di evitare che la sua carriera naufragasse: era questo, a quanto pareva, ciò che Oliver Fischer intendeva scrivere nel suo libro.
Selena maledisse il momento in cui gli aveva chiesto di andare a cena insieme, ma al contempo la situazione non sarebbe migliorata, se non l'avesse fatto: il giornalista sarebbe andato avanti con i suoi piani come da programma, ma senza metterla al corrente.
«L'impresaria di Patrick era mia madre» lo informò.
«Lo so» rispose Oliver, senza scomporsi, «Ma il tuo nome non sarà fatto. Tu non hai nulla a che vedere con la storia di Herrmann come pilota.»
«Tra lui e mia madre c'era solo un rapporto professionale» dichiarò Selena. «Non c'è alcun bisogno di inventare cose che non stanno né in cielo né in terra solo per suscitare clamore mediatico. Non è giusto sfruttare falsi gossip per diventare popolari. Mia madre non merita di...»
Oliver la interruppe: «Non intendo scrivere niente di infamante su nessuno. E poi, da quando ti interessa di tua madre? Secondo il portiere, non avete contatti. Solo, ogni tanto tua madre manda dei regali a tuo figlio, in occasione delle festività o del suo compleanno.»
Selena spalancò gli occhi.
«Il portiere ti ha raccontato anche questo?!»
«Quell'uomo ha la lingua piuttosto sciolta. A volte esagera.»
«Me ne sono resa conto, ma non è il solo a esagerare. Come ti permetti di chiedermi cosa succede tra me e mia madre?»
Oliver precisò: «Non ti ho chiesto che cosa succede o che cosa sia successo in passato tra te e lei.»
«Sei stato comunque invadente.»
«A volte devo esserlo.»
«Quello che fai nel tuo lavoro non mi riguarda. Mi interessa solo che tu non ti intrometta nella mia vita.»
«Ti ho già detto che tu non sei l'oggetto del mio lavoro. Purtroppo non è colpa mia se la donna che ti ha messa al mondo ha sponsorizzato Patrick Herrmann e se lo portava a letto.»
«E se anche fosse? Mia madre ha sempre detto che sponsorizzava Patrick perché lo riteneva uno dei piloti più talentuosi della Diamond Formula. Tu stesso hai scritto che lo era. Chiunque lo pensava, anche se in tanti ce l'avevano con lui, quando era in vita. Ti è così difficile pensare che una donna ragioni con la testa e non con la vagina?»
Oliver sospirò.
«Mi stai mettendo in bocca parole che non ho mai detto, Selena. Il fatto che quei due avessero una relazione non è così segreto, in questo ambiente. Chi aveva a che fare con la Diamond Series all'inizio del millennio sa tutto.»
Selena scosse la testa.
«No, non è vero, non sanno tutto... e se tu fossi un vero fan di Patrick Herrmann, sono certa che non vorresti vedere venire alla luce la verità.»
Oliver fece un mezzo sorriso.
«Non neghi più la loro relazione, adesso?»
«Sono una persona pragmatica. Non posso negare qualcosa che, comunque, intendi scrivere lo stesso.»
«Stai dicendo che è vero?»
«Sto solo constatando che sei disposto a tutti pur di fare carriera o pur di guadagnare, nonostante le tue belle parole. Non è un problema: forse posso aiutarti a ottenere quello che desideri anche senza dovere compromettere mia madre.»
«Non capisco cosa intendi.»
«Significa che sono una donna ricca e posso pagare il tuo silenzio.»
Oliver scosse la testa.
«No, tu non sei così, Selena. O meglio, non voglio farti i conti in tasca, sicuramente non te la passi male, ma non è da te pagare per far tacere le persone.»
Selena obiettò: «Non mi conosci. Non puoi sapere che cosa sia da me e che cosa non lo sia.»
Oliver ignorò quelle parole.
«Non voglio soldi.»
«Vuoi affermarti come giornalista, allora? Va bene, sarà un po' più difficile, ma non c'è problema, posso aiutarti anche in questo.»
«E come intendi fare? Sentiamo, sono curioso.»
«Conosco un sacco di gente» gli spiegò Selena. «Non è mia abitudine, ma non mi costa niente raccomandarti alle persone giuste. Tu avresti quello che vuoi e io potrei avere ancora una vita tranquilla.»
«È un'idea molto suggestiva» ribatté Oliver, «Ma sono costretto a rifiutare. Credo che tu non mi abbia capito, e non ti biasimo, dato che non sai niente di me, ma ti assicuro che tutto ciò che mi interessa è l'emergere della verità. Voglio che si sappia cos'ha portato Patrick Herrmann ad accettare l'ingaggio della Dynasty e, di conseguenza, la sua successiva morte.»
«Ti sembra così assurdo che la Dynasty potesse essere interessata a Patrick Herrmann?»
«Per niente.»
«Allora perché non ti concentri su questo, invece di preoccuparti di chi si portasse a letto?»
«Lo vorrei, Selena. Lo vorrei con tutto me stesso, ma Patrick Herrmann non mi ha lasciato scelta. Le sue frequentazioni l'hanno condotto verso la fine che ha fatto e questo è un dettaglio innegabile.»
«Invece lo si può negare» lo contraddisse Selena. «Va bene, se Patrick non fosse stato appiedato dalla Whisper Motorsport forse la sua carriera sarebbe proseguita in modo diverso, ma prima o poi se ne sarebbe andato comunque. L'hai scritto anche tu, nella tua introduzione: i rapporti tra lui e la squadra erano ormai compromessi. Dopo la morte di Diaz, era convinto che il team avesse cercato di coprire le proprie responsabilità, che l'incidente non fosse stato solo colpa del pilota... anzi, che non fosse per niente imputabile a Diaz, oppure che lo fosse soltanto in parte minore. Non si fidava più della squadra con cui aveva gareggiato per anni. Non poteva andare diversamente, anche se non avesse incontrato mia madre. In un modo o nell'altro sarebbe riuscito comunque ad avere quel volante alla Dynasty. Il suo modo di guidare non sarebbe cambiato. Avrebbe dato il tutto per tutto lo stesso, a Montecarlo, alla fine della stagione... e sarebbe morto lo stesso. Se è la verità che ti interessa, concentrati su questo. Concentrati sul fatto che il suo obiettivo fosse vincere un altro titolo e soprattutto che non fosse disposto ad accontentarsi del secondo posto quando si trovava a lottare proprio con la Whisper.»
«Sei una persona meravigliosa, Selena.»
«Come, prego?»
«Sei una persona meravigliosa. Ti ostini a vedere il lato positivo di chiunque...»
Selena non lo lasciò finire.
«No, non è così. Non è vero che cerco di vedere il lato positivo di chiunque. Cerco solo di non focalizzarmi su quelli negativi, specie quando ormai non c'è più niente da fare.»
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Tutto suggeriva che Alexandra non fosse affatto felice di avere Selena intorno. La stanza nella quale la ospitava era poco più di una semplice camera degli ospiti e ciò che era rimasto dai suoi precedenti soggiorni presso la madre era stato spostato altrove. Non c'era dubbio che i vecchi abiti lasciati negli anni precedenti fossero stati chiusi in uno scatolone e piazzati su uno degli scaffali della cantina.
Selena sapeva di non essere nessuno, ma sperava almeno che la madre non avesse buttato via tutto. Fu animata dall'intenzione di recuperare indumenti che le appartenevano, se uscì dall'appartamento e scese le scale, diretta verso la cantina.
Tutto ciò che aveva in mente era un vestito che le piaceva molto e che aveva portato tanto un paio di anni prima, era curiosa di scoprire se le stesse ancora bene. Quei quattro piani di scale avrebbero dovuto separarla soltanto da quell'obiettivo.
Non entrò mai in cantina.
Dall'interno udì provenire delle voci chiaramente riconoscibili.
«Non puoi fingere che quello che c'è stato tra di noi non esista» stava dichiarando Alexandra, nel momento in cui Selena iniziò ad ascoltare. «Io mi sono esposta per te, ho fatto tanto per te...»
«Per favore, Alex» la supplicò Patrick, interrompendola, «Cerca di capirmi. La mia vita non può ruotare tutta intorno a te. Mi sono stancato di essere una marionetta tra le tue mani.»
«Però non ti sei stancato di essere tornato a vincere. Non ti sei stancato di essere ancora nella Diamond Formula, di contare ancora qualcosa. Non saresti mi arrivato dove sei senza di me.»
«Mi stai sottovalutando, Alex. Mi hai sempre sottovalutato.»
Alex.
Nascosti da tutto e da tutti - o almeno così credevano - la "signora Alexandra" diventava semplicemente Alex. La prima volta Selena aveva pensato di avere capito male, ma non c'erano più dubbi.
Era palese, ormai, che i due le avevano nascosto qualcosa, sia sua madre, quando sosteneva che Patrick fosse soltanto lavoro per lei, sia Patrick, quando parlava della sua vita sentimentale passata. Su una cosa, comunque, aveva detto la verità: aveva spesso avuto a che fare con le donne sbagliate e non c'era dubbio che Alexandra Bernard fosse una di queste.
Alexandra, da parte sua, sembrava ferma sulla propria posizione.
«Tu eri una nullità. Hai deciso tu stesso di diventarlo, quando non hai più fatto niente per emergere. Ti sei messo contro chiunque... e adesso ti stai mettendo contro anche me. Avevamo un accordo...»
«Mi sono rotto le palle di essere il tuo toyboy» replicò Patrick. «Hai sempre saputo che cosa c'era davvero tra di noi. Hai sempre saputo che...»
«Sì, l'ho sempre saputo» lo interruppe Alexandra. «Ho quarantadue anni, non sono giovane come tutte le fighe senza cervello che ti girano intorno. Però valgo mille volte di più di tutte loro e non ti ho mai impedito di scoparti chi volevi. Non voglio esclusive su di te, voglio solo non contare meno delle altre.»
«È troppo tardi.»
«No, affatto. Io sono disposta a passare sopra ai tuoi errori.»
«Non è un errore. Io sono innamorato di un'altra persona.»
Alexandra rise.
«Innamorato? Tu?! Ma non scherzare! Tu non sai nemmeno cosa significhi.»
«Vuoi insegnarmelo tu?» ribatté Patrick, sprezzante. «Tutto ciò che hai fatto è stato cercare di comprarmi e adesso mi tieni legato a te con i tuoi ricatti.»
«Ti ho dato la possibilità di avere al tuo fianco una donna di classe. Tu, invece, vuoi buttare via tutto per una di quelle puttane da quattro soldi...»
«Le "puttane da quattro soldi" con cui sono stato erano tutte donne migliori di te. E comunque no, la ragazza che amo non è chi pensi tu.»
«Non importa che cosa penso io. Quello che conta è cosa pensa lei... e vedrai, non hai scampo: anche lei tornerà dal marito o dal fidanzato che adesso sostiene di volere lasciare per stare con te.»
«Questa ragazza non ha un fidanzato o un marito. Ha solo me e io voglio stare solo con lei.»
«Chi è?»
«Non posso dirtelo.»
«Tanto prima o poi lo scoprirò lo stesso e ti conviene stare attento a quello che fai. Posso distruggere sia te sia lei prima ancora che tu abbia il tempo di difenderti.»
«No, non ce la farai, Alex. Non riuscirai a metterti tra me e Se-...»
Se-...
Selena rabbrividì.
Patrick stava parlando di lei.
Le aveva nascosto un aspetto fondamentale della propria vita, ma voleva mettere fine a tutto per lei.
Alexandra lo esortò a completare quel nome: «Se...?»
«Sandy. Si chiama Sandy.»
«Segno del destino, allora. Per caso il suo nome completo è Alexandra? Magari è un segno e presto capirai che l'unica Alexandra della tua vita sono io.»
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Selena strinse i denti, fece un profondo respiro, poi tentò l'unica altra soluzione possibile.
«Se non sei disposto a tacere, né in cambio di soldi né di una raccomandazione, possiamo almeno parlarne con tranquillità, in un altro momento, per cercare di trovare una soluzione che vada bene per entrambi?»
Si aspettava un altro rifiuto, ma Oliver accettò.
Selena fece un sospiro di sollievo.
«Grazie. Non sai quanto sia bello sentirti dire che per te va bene.»
Oliver accennò un sorriso.
«Penso che ti convenga aspettare, prima di pensare di avere scampato ogni pericolo. Ho detto che sono disposto a parlarne per metterci d'accordo, non che intendo fare tutto quello che mi chiedi.»
«È comunque un punto di partenza.»
«Su questo posso darti ragione. Ora, però, scusami, ma devo andare. Possiamo incontrarci la prossima settimana? Mi va bene sia a casa mia sia a casa tua.»
«Va bene» concesse Selena. «Sono disposta ad aspettare fino a lunedì.»
Sarebbe stata dura, ma ce l'avrebbe fatta, sforzandosi di provare ancora un po' di interesse per il Gran Premio previsto per il giorno seguente. Non voleva deludere Claudia Strauss, che era stata così gentile a invitarla, nonostante fosse una cara amica di uno dei principali rivali di sua sorella e di tutto il team Albatros. A volte glielo chiedeva espressamente, se parteggiasse per Edward Roberts. Selena aveva sempre negato, ma solo perché dopo quindici anni di menzogne era diventata una professionista quando si trattava di inventarsi una realtà fittizia. Mentire sul tifo e sulle simpatie sportive, quantomeno, era innocuo, un lusso che in altri ambiti non poteva permettersi.
Selena stava aspettando davanti all'ingresso, sulla strada poco illuminata, stringendosi nella giacca sportiva che aveva abbinato al maglione e ai leggings - un abito elegante le sembrava troppo esagerato per l'occasione. Iniziava a fare freddo, a quell'ora della sera, e forse si era recata all'appuntamento con troppo anticipo.
Oliver Fischer arrivò a sorpresa, anticipato dalla voce alle spalle di Selena.
«Ehi, sei proprio sicura che vuoi cenare qui?»
Non c'erano dubbi su quale fosse la ragione di quella domanda.
«Il portiere ti ha detto che sono un'elegantona snob e che frequento solo ristoranti e locali in cui spendi un intero stipendio, vero?» Si girò verso di lui. «Sì, può darsi che abbia dato quell'impressione, ma non sono davvero così.»
Oliver sorrise.
«No, è solo che questo mi sembra un posto troppo... mhm... da poveri, se così lo posso definire.»
Selena rise.
«Non c'è alcuna regola per cui i posti da poveri debbano per forza essere snobbati. Non credi?»
«Non importa quello che credo io. Il posto l'hai deciso tu e deve andare bene a te.»
«Bene, ti assicuro che a me va benissimo» concluse Selena. «Dobbiamo essere noi a decidere cosa vogliamo fare, non possiamo permettere ai portieri impiccioni di imporsi così tanto sulle nostre scelte.»
«Allora entriamo» suggerì Oliver. «Sarà senz'altro una bella serata.»
Selena non condivideva la stessa certezza, ma era disposta a correre il rischio di annoiarsi oppure di un flop, così come di sopportare tutto ciò che sarebbe venuto prima del momento decisivo: dovevano prendere posto, magari anche ordinare, e soltanto in un secondo tempo sarebbe stato possibile venire al dunque.
Per fortuna Oliver le facilitò le cose.
«Siccome siamo pressoché due sconosciuti» disse, non appena si sedettero l'uno di fronte all'altra, «Che cosa ne dici di parlare un po' di noi?»
«Potrebbe essere un'idea» ammise Selena, «Ma non saprei cosa raccontarti.»
«Fammi delle domande e io ne farò a te.»
Selena lo squadrò con attenzione, poi gli domandò: «Perché hai un labbro gonfio, cos'hai fatto?»
«Lascia stare» ribatté Oliver. «Uno stronzo non ha gradito una mia domanda, durante un'intervista, e mi ha tirato un cazzotto.»
«Allora intervisti proprio della gente di merda, lasciatelo dire.»
«Magari lo conosci, è un pilota della Diamond Formula, ma non faccio nomi» rispose Oliver. «A proposito, che cosa ci fai qui a Valencia e perché eri nel paddock con un pass da ospite? Mi sembra una domanda legittima.»
«Il pass l'ho avuto tramite Claudia Strauss» gli spiegò Selena. «La conosco da molti anni, così come conosco tante altre persone della Diamond Formula. Mia madre è stata una famosa imprenditrice e la sua azienda ha sponsorizzato team e piloti in passato.»
«Come mai proprio Valencia, se posso chiedertelo?»
«Fino a poco tempo fa lavoravo in uno studio di design, come dipendente. Mi sto mettendo in proprio, adesso, quindi significa che posso gestire come preferisco i miei tempi e che, quando voglio prendermi una breve vacanza, posso farlo senza dovere rendere conto a nessuno. Tu, invece, come ti sei ritrovato a seguire la Diamond Formula per lavoro?»
Oliver abbassò lo sguardo un attimo, prima di rispondere.
«È una storia strana.»
«Non mi spaventano le storie strane.»
«Fino a un paio d'anni fa mi occupavo di altri sport. Ho avuto un'occasione quasi per caso. All'inizio il mio obiettivo era cambiare strada, poi mi sono accorto che la strada giusta aveva appena trovato me. Prima non seguivo con grande attenzione i campionati di automobilismo, poi ho iniziato a interessarmene in maniera quasi maniacale. Potrei dire, e non mentirei, di conoscere alla perfezione la storia della Diamond Formula, anche quella dei tempi in cui era ancora considerata una sorta di campionato minore. Quello che faccio è una sorta di vocazione, per me. Ho iniziato a sentire che c'è qualcosa, in me, che mi lega alla Diamond Formula, qualcosa di cui non mi ero mai accorto prima di venirne a contatto.»
«Quindi non ne sapevi niente prima?»
«Non è esatto: ne avevo una conoscenza abbastanza superficiale. Mi capitava di vedere qualche gara in televisione, ogni tanto, ma solo se non avevo nient'altro da fare. Mi capitava di sentire le notizie al telegiornale, di tanto in tanto, al punto da sapere in linea di massima quali fossero le squadre e i piloti di punta, ma se tu mi avessi chiesto a bruciapelo chi avesse vinto, per esempio, il Gran Premio di Montecarlo del 2007 - o per meglio dire, la gara di Diamond Formula che faceva da contorno al Gran Premio di Formula 1 - ti avrei guardato come se tu fossi pazza. Al giorno d'oggi, magari, oltre al vincitore ti saprei elencare l'intero podio.»
«Qual era il podio della gara di Diamond Formula che si svolse a Montecarlo nel 2007?»
«Quella gara venne vinta da un ex campione di Formula 1 piuttosto celebre, che partecipava a quell'evento in qualità di guest driver, nel tentativo di promuovere la categoria. Dio solo sa come avessero fatto a convincerlo. Secondo arrivò Edward Roberts e al terzo posto si classificò Claudia Strauss. Se non ti fidi di me puoi chiedere a lei, domani.»
«Mi fido.»
Quelle furono le ultime parole che si scambiarono prima che venisse una cameriera a prendere le ordinazioni. La donna portò da bere pochi minuti dopo, minuti nel corso dei quali non si aggiunse nulla di significativo alla conversazione. Solo dopo essersi versata un bicchiere d'acqua, Selena chiese a Oliver: «Sei un fan di Patrick Herrmann?»
Oliver annuì.
«Sì, lo stimo moltissimo come pilota. Al momento della sua morte avevo solo tredici anni, quindi non ho molti ricordi di lui, se non che lo sentivo nominare ogni tanto quando ero bambino, ma dopo ho avuto modo di rivedere le sue imprese.»
«Questo spiega, dunque, perché tu stia scrivendo un libro su di lui, almeno stando a quanto racconti sui tuoi profili social.»
«Diciamo che sto cercando di scriverlo. E che diventerà un libro soltanto se qualcuno vorrà pubblicarlo. Altrimenti la storia di Herrmann sarà pubblicata sul mio blog, tutto qui. Non sarebbe comunque male, potrei raggiungere una buona fetta di pubblico. Non mi interessa guadagnarci, mi basta che Patrick Herrmann venga conosciuto meglio da chi ignora i suoi risultati o la sua storia.»
«Posso chiederti che cosa lo renda così speciale ai tuoi occhi?»
Oliver sospirò.
«Ti avverto, è un'altra storia strana. Anzi, è più strano di tutto quello che ti ho raccontato finora.»
«Non è un problema. Penso di potere affrontare una storia strana.»
«Quando avevo tredici anni andai a Montecarlo con mia madre, pochi giorni prima del Gran Premio. Mi portò con sé durante un viaggio di lavoro.»
«Lavorava nel settore dell'automobilismo?»
«Oh, no, faceva tutt'altro. Fu solo un caso, se ci recammo nel Principato di Monaco proprio alla vigilia del Gran Premio.»
«E Patrick Herrmann che ruolo ha in tutto ciò?»
«Non ha ruolo, se non nella mia mente. Ebbi un incidente, in quei giorni, un incidente banale a raccontarlo, ma che ebbe conseguenze gravi. Inciampai lungo le scale, battendo la testa. Persi conoscenza e fui ricoverato in ospedale. I medici non nutrivano molta fiducia. Subii un intervento che, a conti fatti, mi salvò la vita. Mi risvegliai qualche giorno dopo e, per qualche ragione, la prima volta che parlai fu per chiedere a un'infermiera se Patrick Herrmann stava bene. Non c'erano ragioni logiche per cui dovessi porle quella domanda, né per cui dovessi pensare a un pilota della Diamond Formula. Quando mi ripresi, scoprii che Herrmann aveva avuto un grave incidente nella gara di Montecarlo, morendo dopo un paio di giorni di coma nello stesso ospedale in cui io ero ricoverato. Il momento della sua morte coincise più o meno con quello del mio risveglio. Questa è, di fatto, la ragione per cui la figura di Patrick Herrmann mi affascina così tanto: per ragioni inspiegabili è entrato a far parte di un evento che ha cambiato radicalmente la mia vita.»
Selena aggrottò le sopracciglia.
«Cambiato radicalmente la tua vita? Hai avuto conseguenze permanenti?»
«Non ricordo niente né dell'incidente né della mia vita precedente. O meglio, qualcosa di chi ero prima ho finito per ricordarlo, ma perché me l'hanno raccontato. Diciamo pure che forse mi sono convinto io di avere ricordato qualcosa. È un po' come se il primo Oliver Fischer fosse morto e poi fossi arrivato io.»
Selena rabbrividì.
«È terribile.»
«La cosa terribile è che io non l'ho mai trovato terribile» le confidò Oliver. «Non ho mai rimpianto quello che ero prima, un po' come se davvero non fossi mai esistito.»
«Davvero ti viene il dubbio di non ricordare niente?»
«Già. Mia madre diceva che le sembra di avere avuto due figli e di averne perso uno. Ormai ci ha fatto l'abitudine anche lei e io, da parte mia, ho cercato di fare credere ai miei familiari di ricordare qualcosa. Penso sia questo che mi ha confuso: arrivato a un certo punto, non sono più riuscito a distinguere fino in fondo che cosa fosse reale e che cosa non lo fosse.» Oliver fece una breve pausa, poi azzardò: «Adesso potremmo parlare di te? Il portiere ha detto che hai un figlio...»
«Sì, ha quattordici anni e studia all'estero.»
«Come si chiama?»
«Thomas.»
«Thomas era anche il secondo nome di Patrick Herrmann.»
«Wow, sei proprio un vero fanboy, sai tutto di lui.»
«Questa non è un'informazione così scottante. Nella maggior parte delle sue biografie è riportato il suo nome completo.»
«È comunque curioso che un fanboy di Herrmann come te sia andato ad abitare in quello che una volta era il suo appartamento.»
Oliver annuì.
«Sì, è curioso, ma è stato un caso. Cercavo un appartamento in affitto e mi sono ritrovato ad abitare là.»
«E questo ha avuto effetti sulla tua sensazione di vicinanza?»
«Preferirei non parlare degli effetti.»
«Hai ragione, scusa se sono stata indiscreta.»
«No, figurati. Non...» Oliver fu interrotto da un cellulare che squillava. «Scusa, è il mio.» Lo prese fuori dalla tasca della giacca. «Temo di dovere rispondere. Per te è un problema?»
«No, affatto.»
Oliver si alzò in piedi e uscì dal locale, scelta condivisibile, non solo per questioni di privacy, ma anche per il brusio delle voci dei presenti.
Rientrò parecchi minuti più tardi.
Selena si informò: «Qualche problema?»
«Era il mio capo, per una questione di lavoro» le spiegò Oliver. «Comunque, per rispondere alla tua domanda, no, non c'è nessun problema, solo una faccenda, per così dire, di routine.»
Oliver aveva appena terminato di pronunciare quelle parole quando la cameriera fu di ritorno portando loro i piatti che avevano ordinato per cena.
Selena decise di rimandare a un secondo momento le questioni serie. Durante la consumazione si limitarono a conversare occasionalmente, sempre senza toccare questioni di particolare importanza. Selena ne approfittò per raccontargli un po' del proprio lavoro: non c'era nulla di privato in ciò che faceva, anzi, farsi conoscere professionalmente era esattamente quello che le serviva vista la decisione di lasciare lo studio di Lionel Vincent per aprirne uno proprio.
Soltanto più tardi, mentre attendevano che la cameriera portasse loro il conto, l'argomento Patrick Herrmann tornò ad affacciarsi sui loro discorsi.
«Mi farebbe piacere, un giorno, leggere il tuo libro» azzardò Selena. «Qualora tu dovessi riuscire a pubblicarlo, oppure lo facessi autonomamente sul tuo blog, vorrei che mi informassi.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Anche tu appassionata della Diamond Formula?»
«Abbastanza da essere venuta a Valencia per vederla da vicino.»
«Lo so, avrei dovuto capirlo da questo, ma non è così scontato: capita spesso di trovare nel paddock dei vip che non sanno niente di motori, solo perché hanno amicizie con team principal o piloti, oppure perché gli organizzatori dei gran premi hanno deciso di invitarli per farsi pubblicità.»
«Io, però, non sono una vip.»
«Giusta considerazione.»
Selena sospirò.
«Ad ogni modo non sono qui soltanto per passione. Ho conosciuto molto bene il tuo idolo, in passato. Diciamo che eravamo molto legati.»
«Avevo sentito dire qualcosa del genere» ammise Oliver, «Ma non ho dato credito a questi... mhm... pettegolezzi da portineria.»
«Non mi sorprende scoprire chi sia stato fonte di questi pettegolezzi.»
Per fortuna Patrick non le pose domande invadenti. Si limitò a proporle: «Visto il tuo legame con Patrick Herrmann, penso di poterti fare leggere qualche frammento. Ho qualche stralcio in back-up sulla mia casella di posta, mi basta il tuo indirizzo e-mail per mandarti qualcosa. Posso farlo anche subito, così magari inizi a leggere qualche pezzo prima di andare a dormire.»
«Dici sul serio?!»
Era evidente che Oliver non scherzasse: aveva già preso fuori lo smartphone dalla tasca e le chiese, prontamente: «Mi dai il tuo indirizzo e-mail?»
«Mandami tutto su selenabernard_design@***.com, è quella che leggo sul telefono.»
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[...] "Seppure al giorno d'oggi nessuno metta più in discussione lo status della Diamond Formula come classe regina del motorsport a ruote scoperte, sono ancora in tanti a chiedersi come sia stato possibile, per quella che un tempo era una serie 'di nicchia', conquistare così tanto spazio e così tanta popolarità.
I fattori sono stati tanti e il primo decennio degli anni 2000 è stato determinante per far diventare la Diamond Formula quella che è attualmente. Da un lato si possono ricercare questioni tecniche e burocratiche: fin dai tardi anni '90 era apparsa sempre più simile a una sorta di Formula 1 per 'garagisti', con costi più contenuti e nessun team detentore di potere. Le squadre non potevano condizionare a loro piacimento i regolamenti futuri e l'unico modo per svettare era lavorare meglio, avere tecnici migliori e piloti migliori delle altre scuderie. Ciò avrebbe permesso, dieci anni più tardi, di sopravvivere molto meglio alla crisi economica, e non solo: mentre in Formula 1 costruttori e motoristi decidevano di chiudere i battenti, in Diamond Formula il numero delle squadre aumentava. La categoria aveva avuto il via con otto squadre, per poi salire a nove, nonché di lì a pochi anni a dieci e poi a dodici, tanto da dovere inserire un tetto massimo di iscritti.
Il lato più economico e pratico della serie, tuttavia, non sarebbe bastato per fare affezionare il pubblico. Si può affermare che la promozione fu azzeccata fin da subito e che, mentre i campionati maggiori optavano per trasmettere le proprie competizioni sulle Pay TV, la Diamond Formula non ha mai intrapreso questa strada: il modo migliore per raggiungere la maggiore fetta di pubblico è appunto avere un pubblico il più ampio possibile. Non tutti sono disposti a firmare costosi abbonamenti per seguire il motorsport, ma soprattutto la quantità di persone disposte a farlo per una categoria poco conosciuta è ancora minore. Contratti televisivi azzeccati, buon utilizzo delle piattaforme web, prima il sito ufficiale con l'annesso forum disponibile in varie lingue, dopodiché i social network con l'esplosione di questi ultimi.
Al senso di vicinanza con il pubblico si sono mescolati altri dettagli, capaci di sopperire alla mancanza di nomi considerati di alto livello tra le squadre. Albatros, Dynasty Racing e Whisper Motorsport non significavano niente per l'appassionato medio, eppure la competizione intensa e brillante ha permesso loro di attirarsi numerosi fan, mentre lottavano per il titolo mondiale. Le loro vetture dai colori sgargianti, in un'epoca in cui i tifosi si lamentavano della pacatezza delle livree nei campionati tradizionali, sono entrate nell'immaginario collettivo, il tutto a fare da contorno a storie suggestive, quelle che ogni squadra e ogni pilota portava con sé come bagaglio.
Certo, quando si parla di piloti della Diamond Formula non si può negare che le partecipazioni occasionali di piloti di alto livello provenienti da altre categorie, comprese Formula 1 e Indycar, abbiano contribuito ad aprire gli occhi del grande pubblico e a focalizzarli sulla serie stessa, ma alla fine, a scrivere la storia, erano i piloti presenti al via dell'intera stagione, quelli che lottavano per il titolo e non per infiammare il pubblico soltanto nelle occasioni speciali.
Patrick Herrmann era uno di loro. Incondizionatamente amato o incondizionatamente odiato, senza alcuna via di mezzo, da parte di tifosi, team principal, altri piloti, addetti ai lavori e stampa, il pilota dalla doppia cittadinanza tedesca e svizzera è stato senza ombra di dubbio un nome di primo livello, fin dai brillanti esordi, per passare poi a un'inevitabile ascesa. Riusciva a spingere al massimo vetture anche meno competitive della concorrenza e strappava sempre ottime prestazioni in qualifica. In gara raramente sbagliava, ritrovandosi sempre tra i protagonisti sia delle sprint race sia delle gare principali di ogni evento.
Mentre nella gara breve la maggior parte dei piloti cercavano di non rischiare troppo per garantirsi una buona posizione sulla griglia di partenza all'indomani, Herrmann riusciva sempre a trovare quell'estro che lo portava a rendere appassionanti anche le sprint race, in un primo momento snobbate da parte degli appassionati. Aveva qualcosa in più ed erano in tanti ad esserne consapevoli." [...]
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«Fanculo, chi cazzo crede di essere, Patrick Herrmann?!»
L'urlo di Claudia Strauss riecheggiò nel box del team Albatros, dopo il grave errore commesso dalla sorella Christine.
Non era nuovo che il nome di Patrick venisse citato più o meno a caso, nel paddock, per cui Selena non vi diede peso. Conosceva la reputazione del suo defunto fidanzato ed erano in molti a condividere il pensiero di Oliver Fischer in proposito: quando c'era da correre qualche rischio non si tirava mai indietro, ma i successi arrivavano in quantità di molto superiore rispetto agli insuccessi. I piloti che tentavano di fare come lui, con maldestre imitazioni, spesso facevano la fine di Christine Strauss, costretta al rientro in pitlane dopo un incontro ravvicinato con le barriere del circuito.
Qualcuno si era messo le mani tra i capelli, mentre i meccanici addetti al pit-stop correvano fuori ad accoglierla per tentare di salvare il salvabile. Da salvare, tuttavia, c'era ben poco, l'indomani Christine avrebbe dovuto partire dalle retrovie, vanificando gli sforzi del giorno precedente. Era veloce, Christine Strauss, ma erano molte le ragioni per cui non aveva mai eguagliato i successi della sorella.
Quest'ultima, dopo le esternazioni contro Christine, tornò in fretta alla calma. Scene come quella appena avvenuta erano all'ordine del giorno, ma Claudia Strauss era dotata di un'innata capacità di guardare avanti.
Quando tutto fu finito scambiò qualche parola con Selena, non disdegnando di fare previsioni per l'indomani.
«Con la strategia giusta, tutto può succedere. In fondo basta un ingresso della safety car per stravolgere un gran premio.»
Selena non replicò. Trovare qualcosa da dire era complicato: nonostante il rapporto di amicizia con la team principal non avrebbe saputo come commentare una simile affermazione, né era sicura di parteggiare per Christine Strauss.
Per fortuna Claudia cambiò argomento molto in fretta.
«Ieri sera, allora, sei uscita con il tuo amico giornalista?»
«Amico è una parola grossa» replicò Selena. «L'ho appena conosciuto.»
Claudia ridacchiò.
«Puoi sempre metterci una buona parola. Fa sempre comodo avere amici che lavorano per la stampa o per la televisione.»
«Credo che Oliver sia molto fissato con il vintage, più che con le competizioni di oggi» le confidò Selena. «Mi ha anche menzionato, in modo casuale, il tuo podio a Montecarlo nel 2007.»
Gli occhi di Claudia si illuminarono.
«Meravigliosa gara, quella del 2007. Avrei potuto vincere, se non avessi passato troppo tempo a lottare con Edward. Purtroppo permettemmo a un outsider di avvicinarsi e poi di raggiungerci.» La Strauss fece un sospiro. «Visto chi era quell'outsider, mi sarebbe piaciuto tanto riuscire a batterlo, per dimostrare che noi della Diamond Formula potevamo lottare alla pari con dei pluricampioni di Formula 1, per quanto quel pilota avesse un'età piuttosto avanzata.»
«Sei sicura che fosse così vecchio? Si era appena ritirato dalla Formula 1...»
«Giusto, aveva trentotto anni, ma veniva considerato alla stregua di un vecchio decrepito. La Diamond Formula, quantomeno, ha contribuito a cambiare un po' le cose. L'età è solo un numero, per noi.»
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[...] "Fu il suo estro a condurre Herrmann verso la Whisper Motorsport, ufficialmente in qualità di 'terzo pilota'. Ai tempi, con soli otto team, ciascuno schierava tre monoposto, di cui tendenzialmente soltanto due affidate a piloti ritenuti davvero competitivi, dal momento che soltanto i due piloti meglio classificati contribuivano a fare punti anche per la classifica delle scuderie. La squadra britannica fu la prima a invertire questo trend, affiancando Patrick Herrmann ad altri due piloti di alta fascia: l'argentino Emiliano Diaz e l'inglese Keith Harrison.
Patrick Herrmann vinse il suo primo titolo ad appena ventidue anni, ripetendosi anche l'anno seguente, arrivando in certe occasioni ad annientare completamente la concorrenza, su quella vettura viola brillante che faceva tanto sognare una nuova generazione di appassionati di motori. Sembrava inarrestabile, ma la crescita costante di Dynasty Racing rischiò di essere fatale alla Whisper. La squadra monegasca, dopo l'acquisizione da parte di Scott Young, ritrovò la competitività andata perduta nelle ultime stagioni, mettendo in difficoltà anche lo stesso Herrmann.
Il pilota iniziò a ricevere le prime critiche e anche il suo status privilegiato all'interno della squadra iniziò a vacillare, negli anni seguenti. Anche i vertici del team sembravano essersi stancati di lui. Il trattamento, a detta di alcuni privilegiato, che aveva ricevuto fino a quel momento divenne in seguito solo un vecchio ricordo e spesso Patrick si ritrovò relegato dietro ai suoi stessi compagni di squadra, ancora ugualmente legati al team.
Ormai considerati un binomio che non funzionava più, Patrick Herrmann e il team Whisper erano destinati a un'ormai preannunciata separazione, ma un destino avverso si frappose tra loro e l'inevitabile split. Vittima di quel fato crudele fu Emiliano Diaz. La sua morte cambiò tutto e prolungò la permanenza di Herrmann presso la squadra con la quale aveva conosciuto il grande successo qualche anno prima. La causa dell'incidente nel quale il sudamericano aveva perso la vita venne attribuita a un errore di guida del pilota stesso, spiegazione che tuttavia non convinse Patrick. La già poca fiducia che nutriva nei confronti della squadra venne meno, mentre più si intensificava in lui il sospetto che a contribuire alla triste fine di Diaz fosse stato invece un guasto meccanico. Più di una volta si lasciò andare con la stampa a dichiarazioni 'compromettenti', mettendo in dubbio l'operato dei meccanici della Whisper Motorsport, venendo criticato non soltanto dalla dirigenza della squadra, ma anche all'esterno di essa. Il suo comportamento fu prevalentemente disprezzato ai tempi, salvo poi essere riconsiderato in un momento successivo. Specie dopo i vari cambi di proprietà, la Whisper Motorsport stessa si è dissociata dalla sua gestione dei primi anni 2000, arrivando a tagliare definitivamente i ponti con un passato ritenuto da dimenticare.
Patrick Herrmann, tuttavia, non ha mai potuto assistere a questo radicale cambio di mentalità, così come non ha mai visto la trasformazione subita dal motorsport che noi abbiamo potuto ammirare. La sua rottura con la Whisper, giunta a seguito di alcuni "scandali" legati alla sua sfera privata, stravolse il suo futuro, ma non nel modo in cui poteva apparire in un primo momento. Ormai fuori dai giochi, Herrmann sembrava avere chiuso con la Diamond Formula, all'età di soli ventisette anni e senza un team di prima fascia disposto a prenderlo in considerazione.
Fu solo poche settimane prima dell'inizio del suo ultimo campionato che iniziarono a girare voci su un potenziale ingaggio. Si parlava di team di medio livello, o addirittura di squadre da fondo griglia, invece la Dynasty Motorsport sorprese tutti: grazie alla sponsorizzazione di Alexandra Bernard, nome piuttosto noto nel motorsport di fine e inizio millennio, Herrmann avrebbe guidato una delle monoposto verdi e turchesi della squadra del Principato di Monaco, con grande soddisfazione da parte di Scott e Veronica Young, convinti di avere fatto il colpo del secolo.
Se negli ultimi tempi presso la Whisper Racing Herrmann era sembrato soltanto l'ombra di se stesso, alla Dynasty sembrò avere recuperato del tutto lo smalto di un tempo, rivelandosi fin da subito il più veloce tra i piloti del terzetto verde-turchese e il principale contendente al titolo, nonostante una ritrovata Whisper e un Keith Harrison che finalmente si stava mettendo in luce. Non a caso in tanti si chiedono cosa sarebbe accaduto, se a Monaco le cose fossero andate diversamente. Quello che in pochi si chiedono, però, ancora al giorno d'oggi, è chi fosse davvero Patrick Herrmann e se fosse davvero come veniva descritto dai media d'epoca." [...]
******
Selena non aveva programmato di intrattenersi a conversare con Oliver, quel pomeriggio, ma lo ritenne doveroso. Gli aveva già mandato due righe via e-mail, ma ci teneva a sdebitarsi con lui per avere avuto in anteprima la possibilità di leggere la bozza dell'introduzione del libro.
Lo vide in compagnia di una donna con i capelli biondi tempestati di striature più scure, che riconobbe facilmente come la giornalista Emma Dupont. Colei che un tempo aveva avuto una breve relazione con Patrick non era cambiata molto, negli ultimi quindici anni, anche in termini di vestiario e acconciature, che si conformavano prevalentemente ai canoni di inizio millennio.
Selena attese con pazienza che i due si allontanassero, per andare a raggiungere Fischer. Oliver non parve molto sorpreso di vederla e le sue parole lo confermarono: «Sapevo che saresti venuta a dirmi cosa ne pensi.»
Selena annuì.
«Sì, è stata una lettura interessante.»
Oliver alzò le spalle.
«Era solo un'introduzione, nulla di scottante.»
«Nella vita non ci sono solo le cose scottanti» replicò Selena. «Non sono sicura che Patrick nascondesse qualcosa di scabroso.»
Oliver abbassò lo sguardo.
«Beh, un po'...»
Selena raggelò.
«Intendi scrivere anche della sua vita privata?»
Oliver si affrettò ad alzare gli occhi e a rassicurarla: «Non c'è niente di cui tu debba preoccuparti.»
Selena gli ricordò: «Anch'io ho fatto parte della vita privata di Patrick Herrmann.»
«Te l'ho detto, non c'è niente di cui tu debba preoccuparti» ribadì Oliver. «Gli unici aspetti della sua vita privata che intendo toccare nella mia ricostruzione sono quelli che hanno influenzato in qualche modo la sua carriera... compreso il rapporto che aveva con la sua impresaria.»
Alexandra Bernard aveva avuto una relazione con Patrick Herrmann, per tale ragione aveva deciso di sponsorizzarlo e di evitare che la sua carriera naufragasse: era questo, a quanto pareva, ciò che Oliver Fischer intendeva scrivere nel suo libro.
Selena maledisse il momento in cui gli aveva chiesto di andare a cena insieme, ma al contempo la situazione non sarebbe migliorata, se non l'avesse fatto: il giornalista sarebbe andato avanti con i suoi piani come da programma, ma senza metterla al corrente.
«L'impresaria di Patrick era mia madre» lo informò.
«Lo so» rispose Oliver, senza scomporsi, «Ma il tuo nome non sarà fatto. Tu non hai nulla a che vedere con la storia di Herrmann come pilota.»
«Tra lui e mia madre c'era solo un rapporto professionale» dichiarò Selena. «Non c'è alcun bisogno di inventare cose che non stanno né in cielo né in terra solo per suscitare clamore mediatico. Non è giusto sfruttare falsi gossip per diventare popolari. Mia madre non merita di...»
Oliver la interruppe: «Non intendo scrivere niente di infamante su nessuno. E poi, da quando ti interessa di tua madre? Secondo il portiere, non avete contatti. Solo, ogni tanto tua madre manda dei regali a tuo figlio, in occasione delle festività o del suo compleanno.»
Selena spalancò gli occhi.
«Il portiere ti ha raccontato anche questo?!»
«Quell'uomo ha la lingua piuttosto sciolta. A volte esagera.»
«Me ne sono resa conto, ma non è il solo a esagerare. Come ti permetti di chiedermi cosa succede tra me e mia madre?»
Oliver precisò: «Non ti ho chiesto che cosa succede o che cosa sia successo in passato tra te e lei.»
«Sei stato comunque invadente.»
«A volte devo esserlo.»
«Quello che fai nel tuo lavoro non mi riguarda. Mi interessa solo che tu non ti intrometta nella mia vita.»
«Ti ho già detto che tu non sei l'oggetto del mio lavoro. Purtroppo non è colpa mia se la donna che ti ha messa al mondo ha sponsorizzato Patrick Herrmann e se lo portava a letto.»
«E se anche fosse? Mia madre ha sempre detto che sponsorizzava Patrick perché lo riteneva uno dei piloti più talentuosi della Diamond Formula. Tu stesso hai scritto che lo era. Chiunque lo pensava, anche se in tanti ce l'avevano con lui, quando era in vita. Ti è così difficile pensare che una donna ragioni con la testa e non con la vagina?»
Oliver sospirò.
«Mi stai mettendo in bocca parole che non ho mai detto, Selena. Il fatto che quei due avessero una relazione non è così segreto, in questo ambiente. Chi aveva a che fare con la Diamond Series all'inizio del millennio sa tutto.»
Selena scosse la testa.
«No, non è vero, non sanno tutto... e se tu fossi un vero fan di Patrick Herrmann, sono certa che non vorresti vedere venire alla luce la verità.»
Oliver fece un mezzo sorriso.
«Non neghi più la loro relazione, adesso?»
«Sono una persona pragmatica. Non posso negare qualcosa che, comunque, intendi scrivere lo stesso.»
«Stai dicendo che è vero?»
«Sto solo constatando che sei disposto a tutti pur di fare carriera o pur di guadagnare, nonostante le tue belle parole. Non è un problema: forse posso aiutarti a ottenere quello che desideri anche senza dovere compromettere mia madre.»
«Non capisco cosa intendi.»
«Significa che sono una donna ricca e posso pagare il tuo silenzio.»
Oliver scosse la testa.
«No, tu non sei così, Selena. O meglio, non voglio farti i conti in tasca, sicuramente non te la passi male, ma non è da te pagare per far tacere le persone.»
Selena obiettò: «Non mi conosci. Non puoi sapere che cosa sia da me e che cosa non lo sia.»
Oliver ignorò quelle parole.
«Non voglio soldi.»
«Vuoi affermarti come giornalista, allora? Va bene, sarà un po' più difficile, ma non c'è problema, posso aiutarti anche in questo.»
«E come intendi fare? Sentiamo, sono curioso.»
«Conosco un sacco di gente» gli spiegò Selena. «Non è mia abitudine, ma non mi costa niente raccomandarti alle persone giuste. Tu avresti quello che vuoi e io potrei avere ancora una vita tranquilla.»
«È un'idea molto suggestiva» ribatté Oliver, «Ma sono costretto a rifiutare. Credo che tu non mi abbia capito, e non ti biasimo, dato che non sai niente di me, ma ti assicuro che tutto ciò che mi interessa è l'emergere della verità. Voglio che si sappia cos'ha portato Patrick Herrmann ad accettare l'ingaggio della Dynasty e, di conseguenza, la sua successiva morte.»
«Ti sembra così assurdo che la Dynasty potesse essere interessata a Patrick Herrmann?»
«Per niente.»
«Allora perché non ti concentri su questo, invece di preoccuparti di chi si portasse a letto?»
«Lo vorrei, Selena. Lo vorrei con tutto me stesso, ma Patrick Herrmann non mi ha lasciato scelta. Le sue frequentazioni l'hanno condotto verso la fine che ha fatto e questo è un dettaglio innegabile.»
«Invece lo si può negare» lo contraddisse Selena. «Va bene, se Patrick non fosse stato appiedato dalla Whisper Motorsport forse la sua carriera sarebbe proseguita in modo diverso, ma prima o poi se ne sarebbe andato comunque. L'hai scritto anche tu, nella tua introduzione: i rapporti tra lui e la squadra erano ormai compromessi. Dopo la morte di Diaz, era convinto che il team avesse cercato di coprire le proprie responsabilità, che l'incidente non fosse stato solo colpa del pilota... anzi, che non fosse per niente imputabile a Diaz, oppure che lo fosse soltanto in parte minore. Non si fidava più della squadra con cui aveva gareggiato per anni. Non poteva andare diversamente, anche se non avesse incontrato mia madre. In un modo o nell'altro sarebbe riuscito comunque ad avere quel volante alla Dynasty. Il suo modo di guidare non sarebbe cambiato. Avrebbe dato il tutto per tutto lo stesso, a Montecarlo, alla fine della stagione... e sarebbe morto lo stesso. Se è la verità che ti interessa, concentrati su questo. Concentrati sul fatto che il suo obiettivo fosse vincere un altro titolo e soprattutto che non fosse disposto ad accontentarsi del secondo posto quando si trovava a lottare proprio con la Whisper.»
«Sei una persona meravigliosa, Selena.»
«Come, prego?»
«Sei una persona meravigliosa. Ti ostini a vedere il lato positivo di chiunque...»
Selena non lo lasciò finire.
«No, non è così. Non è vero che cerco di vedere il lato positivo di chiunque. Cerco solo di non focalizzarmi su quelli negativi, specie quando ormai non c'è più niente da fare.»
******
Tutto suggeriva che Alexandra non fosse affatto felice di avere Selena intorno. La stanza nella quale la ospitava era poco più di una semplice camera degli ospiti e ciò che era rimasto dai suoi precedenti soggiorni presso la madre era stato spostato altrove. Non c'era dubbio che i vecchi abiti lasciati negli anni precedenti fossero stati chiusi in uno scatolone e piazzati su uno degli scaffali della cantina.
Selena sapeva di non essere nessuno, ma sperava almeno che la madre non avesse buttato via tutto. Fu animata dall'intenzione di recuperare indumenti che le appartenevano, se uscì dall'appartamento e scese le scale, diretta verso la cantina.
Tutto ciò che aveva in mente era un vestito che le piaceva molto e che aveva portato tanto un paio di anni prima, era curiosa di scoprire se le stesse ancora bene. Quei quattro piani di scale avrebbero dovuto separarla soltanto da quell'obiettivo.
Non entrò mai in cantina.
Dall'interno udì provenire delle voci chiaramente riconoscibili.
«Non puoi fingere che quello che c'è stato tra di noi non esista» stava dichiarando Alexandra, nel momento in cui Selena iniziò ad ascoltare. «Io mi sono esposta per te, ho fatto tanto per te...»
«Per favore, Alex» la supplicò Patrick, interrompendola, «Cerca di capirmi. La mia vita non può ruotare tutta intorno a te. Mi sono stancato di essere una marionetta tra le tue mani.»
«Però non ti sei stancato di essere tornato a vincere. Non ti sei stancato di essere ancora nella Diamond Formula, di contare ancora qualcosa. Non saresti mi arrivato dove sei senza di me.»
«Mi stai sottovalutando, Alex. Mi hai sempre sottovalutato.»
Alex.
Nascosti da tutto e da tutti - o almeno così credevano - la "signora Alexandra" diventava semplicemente Alex. La prima volta Selena aveva pensato di avere capito male, ma non c'erano più dubbi.
Era palese, ormai, che i due le avevano nascosto qualcosa, sia sua madre, quando sosteneva che Patrick fosse soltanto lavoro per lei, sia Patrick, quando parlava della sua vita sentimentale passata. Su una cosa, comunque, aveva detto la verità: aveva spesso avuto a che fare con le donne sbagliate e non c'era dubbio che Alexandra Bernard fosse una di queste.
Alexandra, da parte sua, sembrava ferma sulla propria posizione.
«Tu eri una nullità. Hai deciso tu stesso di diventarlo, quando non hai più fatto niente per emergere. Ti sei messo contro chiunque... e adesso ti stai mettendo contro anche me. Avevamo un accordo...»
«Mi sono rotto le palle di essere il tuo toyboy» replicò Patrick. «Hai sempre saputo che cosa c'era davvero tra di noi. Hai sempre saputo che...»
«Sì, l'ho sempre saputo» lo interruppe Alexandra. «Ho quarantadue anni, non sono giovane come tutte le fighe senza cervello che ti girano intorno. Però valgo mille volte di più di tutte loro e non ti ho mai impedito di scoparti chi volevi. Non voglio esclusive su di te, voglio solo non contare meno delle altre.»
«È troppo tardi.»
«No, affatto. Io sono disposta a passare sopra ai tuoi errori.»
«Non è un errore. Io sono innamorato di un'altra persona.»
Alexandra rise.
«Innamorato? Tu?! Ma non scherzare! Tu non sai nemmeno cosa significhi.»
«Vuoi insegnarmelo tu?» ribatté Patrick, sprezzante. «Tutto ciò che hai fatto è stato cercare di comprarmi e adesso mi tieni legato a te con i tuoi ricatti.»
«Ti ho dato la possibilità di avere al tuo fianco una donna di classe. Tu, invece, vuoi buttare via tutto per una di quelle puttane da quattro soldi...»
«Le "puttane da quattro soldi" con cui sono stato erano tutte donne migliori di te. E comunque no, la ragazza che amo non è chi pensi tu.»
«Non importa che cosa penso io. Quello che conta è cosa pensa lei... e vedrai, non hai scampo: anche lei tornerà dal marito o dal fidanzato che adesso sostiene di volere lasciare per stare con te.»
«Questa ragazza non ha un fidanzato o un marito. Ha solo me e io voglio stare solo con lei.»
«Chi è?»
«Non posso dirtelo.»
«Tanto prima o poi lo scoprirò lo stesso e ti conviene stare attento a quello che fai. Posso distruggere sia te sia lei prima ancora che tu abbia il tempo di difenderti.»
«No, non ce la farai, Alex. Non riuscirai a metterti tra me e Se-...»
Se-...
Selena rabbrividì.
Patrick stava parlando di lei.
Le aveva nascosto un aspetto fondamentale della propria vita, ma voleva mettere fine a tutto per lei.
Alexandra lo esortò a completare quel nome: «Se...?»
«Sandy. Si chiama Sandy.»
«Segno del destino, allora. Per caso il suo nome completo è Alexandra? Magari è un segno e presto capirai che l'unica Alexandra della tua vita sono io.»
******
Selena strinse i denti, fece un profondo respiro, poi tentò l'unica altra soluzione possibile.
«Se non sei disposto a tacere, né in cambio di soldi né di una raccomandazione, possiamo almeno parlarne con tranquillità, in un altro momento, per cercare di trovare una soluzione che vada bene per entrambi?»
Si aspettava un altro rifiuto, ma Oliver accettò.
Selena fece un sospiro di sollievo.
«Grazie. Non sai quanto sia bello sentirti dire che per te va bene.»
Oliver accennò un sorriso.
«Penso che ti convenga aspettare, prima di pensare di avere scampato ogni pericolo. Ho detto che sono disposto a parlarne per metterci d'accordo, non che intendo fare tutto quello che mi chiedi.»
«È comunque un punto di partenza.»
«Su questo posso darti ragione. Ora, però, scusami, ma devo andare. Possiamo incontrarci la prossima settimana? Mi va bene sia a casa mia sia a casa tua.»
«Va bene» concesse Selena. «Sono disposta ad aspettare fino a lunedì.»
Sarebbe stata dura, ma ce l'avrebbe fatta, sforzandosi di provare ancora un po' di interesse per il Gran Premio previsto per il giorno seguente. Non voleva deludere Claudia Strauss, che era stata così gentile a invitarla, nonostante fosse una cara amica di uno dei principali rivali di sua sorella e di tutto il team Albatros. A volte glielo chiedeva espressamente, se parteggiasse per Edward Roberts. Selena aveva sempre negato, ma solo perché dopo quindici anni di menzogne era diventata una professionista quando si trattava di inventarsi una realtà fittizia. Mentire sul tifo e sulle simpatie sportive, quantomeno, era innocuo, un lusso che in altri ambiti non poteva permettersi.
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