Buona lettura. <3
Lionel Vincent aspirò l'ultima boccata di fumo, poi spense il mozzicone sul posacenere. Scostò la sedia, attendendo qualche istante prima di alzarsi. A quel punto si diresse verso la finestra, per guardare la strada al di sotto dello studio. Appena in tempo: la persona che aspettava stava già arrivando.
Slanciata, nel suo soprabito beige dal quale usciva l'orlo di un abito a fiori e con il rigoroso tacco dodici, oppure qualcosa che gli somigliava molto, aveva quasi la grazia di una farfalla. Il sole che filtrava tra le nubi faceva risaltare i riflessi dorati dei suoi capelli, impeccabili con i loro riccioli artificiali.
Vincent era consapevole di quanto fosse banale un simile pensiero, ma non riuscì ad astenersi: se Selena Bernard non fosse stata un'ottima arredatrice e designer d'interni, avrebbe potuto reinventarsi come modella di lingerie. Non che Vincent avesse idea di come fosse la Bernard in lingerie, ma su di lei sarebbe sembrato elegante perfino un sacchetto della spazzatura.
Era stata un'ottima collaboratrice, nel corso degli anni, quindi non sarebbe stato difficile giustificare l'attaccamento nei suoi confronti, ma Vincent sapeva di non potere giocare pulito, con lei. Era troppo tardi: Selena aveva già deciso e non sarebbe tornata indietro, nonostante ci fosse ancora un po' di tempo a disposizione.
Vincent sospirò.
"Credimi, cara, non avrei mai voluto arrivare a questo punto, ma non ho scelta."
Si allontanò dalla finestra e tornò alla scrivania, davanti al computer. Di lì a poco sarebbe arrivata la segretaria ad avvertirlo dell'arrivo della designer.
Andò tutto come previsto. La nuova ragazza, una stagista di cui Vincent non ricordava nemmeno il nome, bussò alla porta. Si faceva riconoscere anche in quei momenti, non bussava mai in maniera decisa, come se avesse paura di disturbare.
«Avanti» disse Vincent.
L'uscio si aprì. Si trattava proprio della tirocinante.
«Scusi il disturbo, signor Vincent...»
Vincent non alzò nemmeno gli occhi verso di lei, gli era del tutto insignificante. L'aveva assunta soltanto perché la segretaria precedente aveva trovato un nuovo posto di lavoro ed era necessario qualcuno che la sostituisse.
«Dimmi, Anne.»
«Anna.»
«Non farmi perdere tempo, Anna.» nel pronunciare quelle parole, Vincent scandì con chiarezza il nome della ragazza. «Cosa vuoi?»
«È arrivata la signora Bernard.»
«Bene. Falla entrare subito, ho una certa urgenza di vederla.»
«Vado a chiamarla.»
Vincent udì i suoi passi che si allontanavano, poi voci lontane, in corridoio. Subito dopo iniziò ad avvertire con chiarezza il ticchettio dei tacchi di Selena Bernard.
La accolse con un sorriso, per farla sentire a proprio agio, poi la invitò a sedersi di fronte a lui. La Bernard non se lo fece ripetere due volte. Era palese che, nello studio, si sentisse ancora come a casa.
«Ho cercato di venire il prima possibile...»
Vincent annuì, accondiscendente.
«Le chiedo scusa per il disturbo, Selena. Ovviamente avrà molte cose di cui occuparsi, in questo periodo...»
«Più o meno» ammise Selena Bernard. «Diciamo che tutto procede secondo i piani.»
«Se le dicessi che mi fa piacere, mentirei» ribatté Vincent. «È stata un'aiutante preziosa, in questi anni, e non sarò mai in grado di sostituirla con una persona che possa occupare degnamente il suo ruolo.»
Selena abbassò lo sguardo.
«Così mi lusinga, signor Vincent.»
«Sto solo dicendo la verità» puntualizzò Vincent, e in quel momento, in effetti, non mentiva affatto. «Mi farebbe molto piacere, ovviamente, se fosse venuta qui per dirmi che ha cambiato idea.»
Selena alzò gli occhi e Vincent prese a fissarla con una certa insistenza, come a esortarla.
"Avanti, cara, dimmi che ci hai ripensato e che vuoi rimanere qui, a lavorare con me. È la soluzione migliore per tutti. Dimmelo e nessuno si farà male."
Era una speranza irrazionale, alla quale Vincent non si sarebbe aggrappato, se non si fosse trattato di una come lei. Nonostante tutto, non solo aveva lavorato davvero bene con lei, ma tra di loro non c'erano mai stati contrasti. Vincent non era solito farsi un certo genere di scrupoli, ma sentiva di non avere ragioni per agire contro la Bernard, come invece era costretto a fare.
La designer gli confermò di non avere intenzione di fare un passo indietro.
«Mi dispiace, signor Vincent, ma non ho cambiato idea. Lo sa, ho sempre desiderato avere uno studio tutto mio... ed è arrivato il mio momento.»
«Quindi saremo concorrenti.»
Selena Bernard accennò un sorriso.
«Sì, saremo concorrenti. Non si preoccupi, non le ruberò deliberatamente i clienti.»
Vincent rise.
«Ci mancherebbe.»
«Mi conosce, signor Vincent. Sa che ho una grande ammirazione nei suoi confronti. Lei è il migliore professionista con cui abbia mai lavorato e...»
Era arrivato il momento di interromperla: «È proprio sicura di non volere continuare a lavorare con me? Potrebbe essere la soluzione migliore per entrambi.»
«Per lei di sicuro» ribatté Selena. «Sbaglio o, in certi momenti, si sentiva perso quando non c'ero io?»
«Non si sbaglia, Selena, ma non sono qui per scherzare. Se l'ho chiamata qui è per farle una proposta molto seria.»
Selena Bernard aggrottò la fronte.
«Che tipo di proposta seria? Guardi, ho già preso la mia decisione, e se...»
«Scusi se la interrompo un'altra volta, ma credo sia giunto il momento di venire al dunque. Io non intendo rinunciare a lei e, se dovesse andarsene, ne pagherà le conseguenze. Mi dispiace, Selena», Vincent la guardò dritto negli occhi, «Ma mi ha messo con le spalle al muro. Non avrei voluto spingermi a tanto, ma non mi ha lasciato altra scelta.»
«Vuole dire che sarà lei a boicottare me?» azzardò Selena. «Dopo così tanti anni di sana collaborazione non mi sembra il caso di...»
Ancora una volta, Vincent non la lasciò terminare.
«Mi stia a sentire, Selena. Io voglio che lei rimanga a lavorare con me e, se se ne andrà, sarà costretta ad affrontare qualche conseguenza negativa. Non intendo distruggerla dal punto di vista professionale. Lei è una fantastica designer, dopotutto, non sarebbe giusto metterle i bastoni tra le ruote. Tuttavia, chiunque ha un lato vulnerabile, nel quale può essere colpito.»
Si aspettava che la Bernard abbassasse lo sguardo o che cercasse in qualche modo di sfuggirgli, ma Selena non lo fece. In quel momento, per la prima volta, gli balenò in testa l'idea che fosse più determinata di quanto avesse sempre pensato.
«Sì, forse ha ragione» disse Selena, «Tutti possiamo avere dei punti deboli nei quali possiamo essere colpiti facilmente... lei, però, non conosce i miei punti deboli, sempre ammesso che io ne abbia.»
«Ha ragione. Non ricordo persone riservate tanto quanto lei. Non ha mai raccontato niente della sua vita privata. Ha solo accennato, qualche volta, all'esistenza di suo figlio. Dalle informazioni che ho raccolto dovrebbe avere tredici anni, forse quattordici.»
«Thomas non è un segreto.»
«Certo che no. Io, però, credo di avere scoperto di chi è figlio.»
Per un attimo a Vincent parve che Selena sussultasse.
«Come ha detto?»
«Credo di avere scoperto di chi è figlio» ribadì Vincent. «Non ha mai parlato del padre di Thomas, se non sbaglio, ma penso di sapere chi sia.»
La Bernard parve di colpo più rilassata.
«Crede davvero che l'identità del padre di mio figlio sia importante?»
«Lei è una donna perbene, è sempre stata lontana dagli scandali. Cosa potrebbe succedere se si scoprisse che cosa c'è dietro al concepimento e alla nascita del ragazzino?»
Selena fece un sospiro.
«Signor Vincent, pensa davvero che ci sia qualcosa di sconvolgente dietro la nascita di mio figlio? Che a qualcuno possa importare di chi fosse il mio ragazzo quando avevo vent'anni e del perché non abbia riconosciuto Thomas? Mi dispiace deluderla, ma non ha in mano niente di compromettente su di me. Se vuole ricattarmi per convincermi a rimanere qui, nel suo studio con lei, deve lavorare meglio.»
«Lei non si arrende mai, vero, Selena?»
«Non quando non è opportuno farlo.»
«Eppure da lei mi sarei aspettato un comportamento diverso. Voglio dire, dalla Selena Bernard ventenne, quella che ha messo al mondo un figlio senza riuscire a tenersi stretto il fidanzato.»
«Ho detto che non mi arrendo mai» puntualizzò Selena, «Ma intendevo dire, in realtà, che non mi arrendo quando c'è qualcosa per cui vale la pena di lottare.»
«E il suo fidanzato di quei tempi non valeva un simile sforzo?» le domandò Vincent.
«Diciamo di no.»
«O forse si è trovata semplicemente in una situazione sfavorevole.»
«In qualunque situazione mi sia trovata, non sono affari suoi. Se pensa che io rimanga a lavorare qui solo perché lei sa che sono una ragazza madre, si sbaglia di grosso. Non è mai stato un segreto.»
«Su questo ha ragione.»
«Allora» suggerì Selena, «Le faccio una proposta. Adesso esco di qui e facciamo finta che questi ultimi cinque minuti non siano mai esistiti. Lei mi ha semplicemente proposto di rimanere e io le ho detto di no, perché ho altri piani per il mio futuro.»
«E dopo che avremo cancellato questa nostra conversazione?»
«La stima e il rispetto reciproco resteranno invariati.»
Vincent fece una breve pausa. Certo, ciò che proponeva la Bernard poteva essere la soluzione migliore per entrambi, ma a volte la logica doveva essere messa da parte per l'interesse. Dopotutto Selena non era né un'amica né una parente, ma soltanto una dipendente, o per meglio dire, un'ex dipendente. Un simile legame, se poteva definirsi tale, poteva essere sacrificato.
«No, Selena, non posso dimenticare. Il suo rispetto non mi interessa. Si tratta di un valore sopravvalutato, non trova?»
Selena scosse la testa.
«No, per niente.»
«Come vuole, l'importante è non perdere tempo. Se le dico Diamond Formula, cosa le viene in mente?»
Selena Bernard spalancò gli occhi.
«In che senso?»
«Le ho solo fatto una domanda. Conosce la Diamond Formula?»
«Certamente. È la più importante serie di automobilismo al mondo, avendo superato nell'ultimo decennio la popolarità di Formula 1, Indycar e Champ Car prima di...»
Per l'ennesima volta, Vincent la interruppe: «Questa spiegazione non mi interessa. Non c'è nulla di male nell'essere al corrente di queste informazioni.»
«Appunto. Non capisco che cosa voglia da me, signor Vincent.»
«Invece, secondo me, lo capisce benissimo. Vogliamo parlare del fatto che lei stessa abbia un legame con la Diamond Formula?»
«Sono amica di un paio di piloti e di una team principal, ma dubito che questo sia un segreto scottante. Penso di essere comparsa, almeno di sfuggita, sui profili social di qualcuno di loro. Non vedo nulla di imbarazzante in tutto ciò.»
Era arrivato il momento di sganciare la bomba, quindi Vincent venne al dunque: «Non esistono solo i social network, esistono anche le foto private scattate all'incirca quindici anni fa. E le assicuro di avere in mano delle foto private che le converrebbe restassero tali.»
«Ne dubito.»
«Non ne dubiti, Selena. So tutto di lei, di Patrick Herrmann e della signora Alexandra.»
Selena Bernard spinse indietro la sedia e si alzò di scatto.
«Lei non sa niente, signor Vincent. Patrick Herrmann è morto da anni e la signora Alexandra si è ritirata da moltissimo tempo dalla vita pubblica. Qualche pettegolezzo non distruggerà nessuno di noi.»
Non aggiunse altro. Accompagnata dal ticchettio dei suoi tacchi alti, la Bernard se ne andò.
Il piano era fallito.
Vincent si accese una sigaretta, riflettendo sul da farsi.
Optò per un messaggio vocale: "Mi dispiace, Veronica, ma non c'è stato niente da fare. L'elegantona se n'è andata, ed era anche incazzata nera. Se vuoi tenerla sotto controllo, ti conviene puntare su qualcun altro. Comunque secondo me non ha brutte intenzioni. D'altronde non è certo colpa sua se quel giornalista del cazzo si è trasferito di fronte a lei. Non hai nemmeno le prove che si conoscano..."
Lo spedì e fu necessario attendere soltanto pochi minuti, prima di avere una risposta. Arrivò anch'essa tramite messaggio vocale e fu piuttosto diretta: "Sei sempre stato un inetto, Lionel, ma non fa niente. Lo sai che ti voglio bene lo stesso. Starò comunque dalla tua parte, ti aiuterò anche stavolta a pagare i tuoi debiti. Però non tirare troppo la corda: si tratta soltanto di mia bontà d'animo, l'unica ragione per cui avrai quei soldi è che non mi piacciono i gioielli e che le pellicce sono un crimine contro la natura."
A Vincent sfuggì un sorriso. La cara Veronica amava e rispettava gli animali a pelo lungo. Era un primo passo per diventare una brava persona: forse un giorno avrebbe dato lo stesso peso anche alla vita degli esseri umani. In attesa di quel momento, tuttavia, era opportuno tenersela buona e fare ciò che chiedeva, anche se, in realtà, a Vincent non importava un accidente di cosa fosse accaduto tra Selena Bernard e quel Patrick Herrmann che giaceva ormai da tanti anni sotto quattro metri di terra.
******
Selena salì le scale di corsa. Era in ritardo e sua madre le aveva raccomandato di essere puntuale. Non che l'evento al quale avrebbe dovuto partecipare fosse particolarmente interessante, ma la sua presenza era stata confermata senza chiedere il suo consenso. Quando aveva appreso tutto ciò, non aveva osato replicare. Trascorreva poco tempo insieme alla madre, che dal giorno del suo arrivo non si era mai mostrata troppo felice della sua presenza, e preferiva evitare l'insorgere di contrasti. Avrebbe dovuto passare nella sua casa di Montecarlo troppe settimane per potersi prendere il lusso di non andare d'accordo con la donna che l'aveva messa al mondo.
Le mancava appena una rampa di scale quando perse l'equilibrio. Non appena ne realizzò la ragione, non rimase affatto stupita: i maledetti lacci di quelle maledette scarpe si slegavano in continuazione ed era stato quello della scarpa destra a farla inciampare.
Imprecò tra i denti, senza esagerare. Il linguaggio volgare non le era mai appartenuto.
"E poi non è successo niente di grave. Nessuno mi ha vista, altrimenti sì che sarebbe stata una brutta figura."
Si alzò, aggrappandosi alla ringhiera. Solo a quel punto realizzò di essersi sbagliata.
«Va tutto bene, signorina?»
Nell'udire quella voce, Selena alzò gli occhi. Aveva di fronte l'uomo più attraente che avesse incontrato negli ultimi giorni; d'altronde aveva avuto a che fare soltanto con imprenditori di mezza età che avevano affari in corso con sua madre.
«Sì, sì, tutto bene» lo rassicurò, sperando che lui le togliesse gli occhi di dosso.
Non accadde.
«Ne è proprio sicura?» insisté lo sconosciuto. «Ha fatto un brutto volo.»
Selena scosse la testa.
«No, non esageri. Se avessi fatto davvero un brutto volo, a quest'ora avrei la testa rotta in due.»
Avrebbe dovuto riprendere a salire le scale, ma non lo fece. Essere contemplata dall'uomo che aveva di fronte non le dispiaceva affatto, né le dispiaceva la sua presenza. L'abbinamento capelli scuri e occhi azzurri l'aveva sempre fatta impazzire, così come il vestiario che oscillava tra il casual e l'elegante.
«Beh, la sua testa mi pare aggiustata. O quantomeno è sopra al collo, quindi è tutto regolare.»
«Già.»
Selena mosse qualche passo e l'uomo si scostò per farla passare.
«Deve salire ancora molto? Per caso l'ascensore dava problemi?»
«Oh, no, sono quasi arrivata» puntualizzò Selena. «Sì, lo so, salire fino al quarto piano a piedi potrebbe non sembrare una cosa tanto normale, ma sono abituata a fare le scale.»
«Al quarto piano?»
«Sì. Non è il quarto piano, questo?»
«Sì, certo. Stavo solo riflettendo ad alta voce. Non la conosco, quindi non sta venendo a casa mia...»
Selena spalancò gli occhi.
«No, certo che no.»
«Quindi rimane una sola soluzione. Sta andando da Ale-...» Si interruppe all'improvviso, per poi riprendere subito dopo. «Dalla signora Alexandra.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«La conosce?»
«Sì, certo, abito di fronte a lei... e non è la sola ragione per cui la conosco. Sono Patrick Herrmann, probabile che le abbia parlato di me.»
«Oh, no, affatto» obiettò Selena. «Voglio dire, mia madre non mi parla molto del suo lavoro, ma il suo nome l'ho sentito...»
«Sua... madre?! Vuole dire che è la figlia della signora Alexandra?»
«E lei vuole dire che "la signora Alexandra" oltre a non parlare di lavoro con la propria figlia non ha mai parlato di sua figlia con la gente con cui ha a che fare per lavoro?»
«Io e la signora Alexandra abbiamo solo un rapporto professionale. Mi aveva detto di avere due figli, che studiano lontano da qua, ma non pensavo che sua figlia potesse essere lei. La signora Alexandra mi sembra un po' troppo giovane per avere una figlia della sua età.»
«Mi sta dicendo che sembro vecchia?»
«No. Quanti anni ha, se non sono troppo indiscreto?»
«Venti.»
«Immagino che la signora Alexandra sia stata giovanissima, quando l'ha messa al mondo.»
«Non c'è bisogno che lusinghi mia madre in mia presenza. Piuttosto, se me lo concede, mi presento: non sono solo la figlia della "signora Alexandra", dopotutto. Mi chiamo Selena.»
Gli tese una mano, che Patrick Herrmann prontamente le strinse.
«Piacere di conoscerla, Selena.» Diede un'occhiata all'orologio che portava al polso. «Mi scusi, ma adesso si sta facendo tardi, devo proprio andare. Avremo senz'altro occasione di rivederci, a meno che lei non stia per partire.»
«No, affatto» rispose Selena. «Sono arrivata da pochi giorni, mi fermerò per un po'. Sono certa anch'io che ci rivedremo... e magari, se potessimo darci del tu...»
«Mi sembra una buona idea... e, mhm... sì, ci rivedremo presto.»
Selena non ne era affatto sicura, in realtà, ma lo sperava: non le capitava tanto spesso di incontrare qualcuno che la affascinasse e avrebbe pagato qualunque prezzo per rivedere Herrmann e approfondire la loro conoscenza.
Lo salutò e, seppure a malincuore, salì i gradini che ancora la separavano dalla porta dell'appartamento della madre.
Ascoltò i passi di Herrmann che scendeva le scale: a quanto pareva anche lui sembrava non essere tanto amante degli ascensori.
Inserì la chiave nella toppa e la girò. Nonostante l'appartamento fosse grande e la possibilità di evitare sua madre esistesse, se la ritrovò di fronte dopo pochi istanti.
«Sei in ritardo, Selena.»
Selena sospirò.
«Buonasera anche a te.»
«Preparati, che tra mezz'ora dobbiamo andare alla cena. E mettiti qualcosa di decente, non vorrai farmi fare brutta figura.»
«No, certo.»
«Mi raccomando. C'è in ballo un affare da qualche milione.»
«Qualche milione di che valuta?»
Sua madre le scoccò un'occhiataccia.
«Preparati.»
«Va bene, ma era solo semplice curiosità. E ti assicuro che non hai niente di cui preoccuparti. So essere più elegante di quanto pensi. Comunque cercherò di sembrare più giovane che posso.»
«E perché mai?»
«Per farti fare bella figura. Patrick Herrmann dice che sembro troppo grande per essere tua figlia.»
«Ne deduco che tu conosca Patrick Herrmann... dico bene?»
«Dire che lo conosco è una parola grossa. L'ho incrociato prima, mentre salivo le scale, e ho scoperto che abita di fronte a noi.»
«Lascia perdere qualunque cosa ti abbia detto, è un cretino e starlo a sentire è tempo sprecato.»
«Allora perché lo sponsorizzi?»
«Perché è uno dei piloti più forti della storia recente della Diamond Formula e le possibilità che il marchio della mia azienda venga esibito in mondovisione sono molto alte. Cosa credevi, che sborsassi milioni per lui perché è un uomo attraente? Tu non capisci proprio niente di affari.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«Grazie per la considerazione, mamma. Ora, comunque, corro a prepararmi. Non vorrei fare saltare qualcuno dei tuoi affari perché sono in ritardo, oltre che per la mia ingenuità.»
******
"So tutti di lei, di Patrick Herrmann e della signora Alexandra."
Selena richiuse violentemente la portiera dell'automobile, facendo scattare la sicura con il telecomando. Le parole del signor Vincent le rimbombavano ancora in testa e non riusciva a spiegarsi un simile atteggiamento. Il suo ormai ex datore di lavoro l'aveva sempre stimata e non si era mai intromesso nei suoi affari privati, né l'aveva mai minacciata di rivelare aspetti imbarazzanti del suo passato.
"Chissà cosa potrebbe spingersi a fare se solo conoscesse la verità... quella vera."
Ovviamente il signor Vincent, se era al corrente di qualcosa, era in possesso di informazioni su quella realtà filtrata, fatta apposta per non essere troppo scottante per nessuno, che Selena aveva suo malgrado contribuito a costruire.
Si infilò in tasca le chiavi dell'auto, attraversò il cortile e si diresse verso l'entrata. Il portone era aperto, ma grazie al cielo il portiere non era presente in guardiola: in quel momento Selena non aveva alcuna voglia di perdere tempo ad ascoltare le sue inevitabili chiacchiere.
Come d'abitudine snobbò l'ascensore, preparandosi a salire a piedi le rampe di scale che la separavano dal quarto piano. Era una vecchia abitudine: aveva sempre fatto così durante l'adolescenza quando veniva a trovare la madre e aveva continuato a fare la stessa cosa anche dopo essersi trasferita in quella che era stata la casa di Alexandra Bernard.
Il suo piano di rientrare il prima possibile venne messo in seria discussione da una voce che arrivava dall'atrio.
«Signora Bernard!»
Era il portiere, che era stata tanto soddisfatta di avere schivato. Doveva avere udito i suoi tacchi sui gradini.
Non se ne curò, finse di non sentire. Di solito non si sottraeva mai dall'ascoltare i discorsi senza né capo né coda di quell'uomo, seppure cercasse di non farli durare troppo a lungo nel tempo, ma quel giorno era tutto diverso.
Voleva dimenticare l'esistenza di un mondo circostante e superare le rampe di scale che conducevano al primo piano la aiutò a mettere spazio tra sé e ogni ostacolo. Proseguì, superando il secondo piano così come aveva passato il primo, poi venne il turno del terzo. Ormai soltanto le ultime due rampe la separavano dal proprio appartamento.
Un gradino dopo l'altro la distanza si dimezzò ancora una volta. Poi, nella foga, a pochi metri dalla propria destinazione, finì per scivolare.
Cercò di mantenere l'equilibrio, ma fu un'impresa impossibile. Tentò di salvare il salvabile anche aggrappandosi alla ringhiera, ma sbatté le ginocchia sui gradini proprio mentre udiva una porta che si chiudeva.
Alzò gli occhi e si rese conto di non essere passata inosservata a uno sconosciuto. Quel tizio, sulla trentina, forse un po' meno, con i capelli biondi e un abbigliamento casual, doveva essere il suo nuovo vicino di casa. Il portiere le aveva accennato alla sua esistenza, specificando che si trattava di un giornalista e che doveva essere uno importante, se poteva permettersi di abitare in un palazzo così elegante. Selena avrebbe fatto volentieri a meno di cadere davanti ai suoi occhi, ma ormai il danno era fatto e tutto ciò che poteva fare per rimediare era alzarsi in piedi.
Mentre si tirava su, il presunto giornalista le domandò: «Tutto bene, signora Bernard?»
Selena aggrottò la fronte.
«Ci conosciamo?»
«No, perché?»
«Mi ha appena chiamata per nome. Come sa chi sono?»
«L'ho immaginato. C'è chi mi ha narrato per filo e per segno di ogni singolo abitante di questo palazzo.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«Posso immaginare chi sia stato a parlarle di me.»
«Credo che immagini bene.» Il suo nuovo vicino di casa si avvicinò. «A proposito, lasci che mi presenti. Mi chiamo Oliver Fischer.»
Un vago ricordo riecheggiò nella memoria di Selena.
«Sì, può darsi che quella persona abbia fatto il suo nome. Lei è il giornalista che si è appena trasferito?»
«Esatto, sono io. Abito proprio di fronte a lei, sullo stesso pianerottolo, signora Bernard.»
«Selena. Non è necessario essere così formali.»
«Mi fa piacere sentirglielo dire.»
Selena lo corresse: «Sentirtelo.»
Oliver Fischer annuì.
«Mi fa piacere sentirtelo dire. Da quello che ho potuto vedere, qui ci abita soltanto gente noiosa.»
Selena ridacchiò.
«In effetti la maggior parte dei vicini non sono il massimo, ma non ha importanza. Ti consiglio di evitare solo tu-sai-chi, specie se hai qualcosa da nascondere. Ha la pessima abitudine di impicciarsi negli affari di chiunque.»
Oliver Fischer le strizzò un occhio.
«Allora dovrò fare molta attenzione, perché di cose da nascondere ne ho tante. Sai, ho la cantina piena di cadaveri. E ora, con il tuo permesso, vado a iniziare a seppellirne qualcuno. A lungo andare, qualcuno potrebbe insospettirsi per l'odore.»
Si salutarono e Selena si diresse verso il proprio appartamento. Rovistò nella borsa alla ricerca delle chiavi e, quando le ebbe trovate, entrò in casa.
Per qualche istante, grazie all'incontro con Oliver Fischer, aveva messo da parte i pensieri a proposito del signor Vincent, che l'avevano tormentata per tutto il tragitto e che non la facevano stare tranquilla.
"Chiunque tu sia, sei stato una benedizione."
Rientrata, chiuse la porta alle proprie spalle e guardò l'orologio. Era ormai ora di pranzo e, come spesso accadeva, non aveva voglia né di cucinare né di mangiare, anche se sapeva di dovere fare almeno un piccolo sforzo almeno da quell'ultimo punto di vista.
Aprì la dispensa e prese fuori un pacchetto di crackers, poi aprì una lattina di Coca Cola e si sedette a tavola. Ormai lontana da Oliver Fischer, l'effetto di quei pochi istanti di svago iniziava a svanire.
******
Selena entrò nel ristorante e si guardò intorno, alla ricerca di colui che l'aveva invitata a pranzo. Dal fondo della sala, Patrick Herrmann le fece un cenno di saluto.
Selena si avvicinò e si sedette di fronte a lui.
«Eccomi qua. Ho fatto molto tardi?»
«No, solo cinque minuti.»
«Scusami. Mia madre voleva sapere a tutti i costi dove stessi andando.»
Patrick abbassò lo sguardo.
«E tu, ovviamente, non le hai detto che stavi uscendo con me.»
«Ovviamente» borbottò Selena. «A proposito, mi vuoi spiegare la ragione di tutti questi segreti?»
«Sai benissimo che la signora Alexandra è la mia impresaria.»
«E quindi?»
«Quindi non bisogna mescolare la vita privata e il lavoro. O almeno, io la penso così.»
Selena sospirò.
«È solo un pranzo. E poi non sono io che lavoro con te.»
Finalmente Patrick smise di contemplare il tavolo e alzò la testa.
«Lo so, ma conosco la signora Alexandra bene abbastanza da pensare che non sarebbe contenta, se sapesse che ti ho chiesto di uscire con me.»
«Ho vent'anni» precisò Selena. «Posso frequentare chi mi pare, senza che mia madre si intrometta.»
«E vorresti assolutamente dirle la verità.»
«In realtà non mi importa. Le ho detto che uscivo con un amico e, in un certo senso, è vero.»
«E allora» insisté Patrick, «Qual è il problema?»
«Non te lo nascondo, non ho l'abitudine di raccontare i fatti miei a mia madre» gli spiegò Selena. «Io e mia madre non ci parliamo quasi, nemmeno di cose banali. Lei fa la sua vita e io faccio la mia. È sempre stato così. Quando ero ragazzina preferiva che vivessi con mio padre, oppure che frequentassi prestigiosi collegi svizzeri. Insomma, tutto pur di non avermi intorno. Non sento il desiderio di riferire a mia madre quello che faccio, di metterla al corrente di chi frequento. Non mi sembra di mentirle se non lo faccio. Non sa nemmeno che film mi piacciono o che musica ascolto, non penso che le importerebbe nemmeno con chi esco. Solo, non vedo la necessità di avere dei segreti. Se tu, però, preferisci che non sappia che sono qui con te, per me non c'è problema.»
Patrick fece finalmente un radioso sorriso.
«Grazie per essere così comprensiva. Purtroppo ho commesso degli errori, in passato, e non vorrei che la signora Alexandra si facesse un'idea sbagliata di me.»
«Errori?»
«Diciamo che in certi momenti ho... mhm... invitato a pranzo le donne sbagliate.»
«E a mia madre cosa importa?»
«Non le importerebbe niente, se non fosse che la mia vita privata ha condizionato, per certi versi, la mia carriera.»
«Poi mi racconterai.»
«Mhm... meglio di no.»
Selena rise.
«Fantastico. Vedo che hai delle cose da nascondere.»
«No, figurati, non ho niente da nascondere. La mia vita, adesso, è perfettamente libera da segreti scottanti.»
«Bene. Mi...»
Selena si interruppe. Un cameriere si stava avvicinando, per portare loro il menù. Quando si fu allontanato, Selena aprì la lista e iniziò a sfogliarla, senza tuttavia prestare molta attenzione a ciò che leggeva. La sua mente viaggiava troppo in fretta, facendosi domande sul conto di Patrick Herrmann.
Pochi minuti dopo ordinò distrattamente: non era una grande cultrice del cibo e scegliere una pietanza piuttosto che un'altra non le cambiava la vita. Da bere chiesero semplice acqua frizzante, dal momento che Patrick era astemio.
Selena sorrise, mentre il cameriere si allontanava.
«Allora lo vedi?»
«Cosa?»
«Dei segreti imbarazzanti li hai.»
«Non c'è nulla di imbarazzante» replicò Patrick. «L'alcool mi fa girare la testa. Preferisco rimanere lucido. E poi non ho bisogno di bere per prendere decisioni errate o fare cazzate.»
«Fare cazzate, fare cazzate... perché deve essere tutto una cazzata?» obiettò Selena. «Se ti riferisci alle donne sbagliate di prima, credo si tenda a dare troppa importanza al passato. Quelle donne hanno ancora influenza su di te?»
«No» ammise Patrick. «Temo che la maggior parte non ne abbiano mai avuta.»
«E questo sarebbe sbagliato?»
«Non lo so.»
«Non pensi che sia limitante etichettare come "persona seria" solo chi riesce ad avere una stabilità sentimentale, oppure una vita sentimentale in generale? Insomma, che per essere seri sia fondamentale non fare sesso con troppe persone, ma allo stesso tempo non vada bene nemmeno non farlo con nessuno?»
«Mhm... penso che questo non sia un discorso da fare così, a stomaco vuoto. Non sono sicuro di riuscire a seguirti abbastanza.»
Selena avvampò, rendendosi conto di dov'era andata a parare.
«Scusami, avrei dovuto evitarmi di chiedertelo.»
«No, figurati. Non è un problema. Solo, non so darti una risposta.»
Selena fece un sospiro di sollievo. Per un attimo si era preoccupata di potere fare cattiva impressione e non ci teneva affatto. Patrick Herrmann le piaceva molto e non intendeva lasciarselo scappare, anche a rischio di diventare una delle sue avventure passeggere.
Decise, per sicurezza, di non spingersi troppo oltre. In attesa che il cameriere fosse di ritorno portando loro le pietanze che avevano ordinato, mantenne la conversazione su argomenti banali. Gli parlò dei propri studi e gli pose domande superficiali sulla Diamond Formula, le cui risposte ascoltò comunque volentieri, facendosi un minimo di cultura in proposito: nato negli anni '90, quello in cui Herrmann gareggiava era uno dei campionati automobilistici a ruote scoperte in maggiore ascesa, nonostante l'assenza di marchi automobilistici di primo livello. Nonostante mancassero nomi di spessore, si stimava che in pochi anni la Diamond Formula potesse diventare la classe regina del motorsport, dal momento che la Formula 1 e le serie americane iniziavano a diventare troppo costose per i piccoli team, causandone la defezione o la messa in vendita. Il format era di semplice comprensione: gli eventi, nella maggior parte dei casi disputati su circuiti cittadini, prevedevano due sessioni di prove libere, una qualifica cronometrata, poi una sprint race che serviva a determinare la griglia di partenza dell'evento principale, ovvero la gara che assegnava il punteggio pieno, al termine del fine settimana.
Il ritorno del cameriere mise fine a quella spiegazione. Anche durante il pranzo Selena continuò a non esagerare, notando tuttavia una nota stonata. Una donna arrivata dopo di loro, seduta a un tavolo non troppo lontano, si girava spesso a fissarli. Anche Patrick aveva avuto la stessa reazione, ma non aveva detto niente, pertanto Selena preferì non chiedergli della sconosciuta. Era di bell'aspetto, sulla trentina, con i capelli scuri ondulati e un abito blu elettrico. Non si sarebbe sorpresa troppo se fosse stata una delle "donne sbagliate" di Patrick.
A poco a poco smise di fare caso a lei, almeno finché non fu la stessa sconosciuta in blu a dirigersi verso di loro, mentre erano ormai pronti per andarsene.
«Patrick, che piacere!» esclamò, con una voce subdola.
«Il piacere è tutto mio» borbottò Patrick, ben poco convinto. «Cosa ci fai qui, Veronica?»
«Un pranzo con degli amici di mio fratello.» Indicò Selena. «Tu, invece, vedo che sei in dolce compagnia.»
Patrick annuì.
«Sì, un'amica.»
Veronica diede un'occhiata a Selena.
«Sei sicuro che sia maggiorenne?»
«Sì, sono maggiorenne, e non da ieri» intervenne la stessa Selena. «In più non abbiamo fatto nulla che richieda la maggiore età, almeno fino a questo momento.»
«Non volevo essere offensiva» puntualizzò Veronica. «Era solo una battuta.»
«Sì, esatto, non è successo niente di male» convenne Patrick. «Ti saluto, Veronica. Io e la mia amica ce ne stavamo andando.»
******
Selena schiacciò la lattina vuota. Fece per alzarsi per andare a gettarla nel secchio nel quale teneva divisi i rifiuti in alluminio, ma fu fermata in quell'intento dal telefono che squillava.
Guardò l'orologio. Doveva essere Thomas, che spesso le telefonava quando terminava le lezioni del mattino.
Alzò il ricevitore e azzardò: «Tommy, sei tu?»
«Sì, mamma, come stai?» le domandò il ragazzino. «Tutto a posto?»
C'era una sola risposta possibile, quindi Selena confermò: «Sì, va tutto bene.»
«Ti ho disturbata? Stavi lavorando?»
«No, nessun disturbo. Avevo alcune commissioni da sbrigare, oggi, ma penso che rimanderò a domani.»
«Perché? È successo qualcosa?»
«No, figurati. Ho solo un po' di cose da sistemare per questo fine settimana.»
«Wow, vero, devi andare a Valencia. Beata te, io questo weekend credo che dovrò passarlo a studiare.»
Selena ridacchiò.
«Sì, certo, ne sono proprio convinta: tu e i tuoi compagni trascorrete l'intero fine settimana a studiare.»
«Non ho parlato per gli altri, ma solo per me» rispose Thomas. «Io studierò con Eveline. È un genio, ha dei voti altissimi in tutte le materie...»
«E ci scommetto che è anche carina.»
«Beh, sì, ti ho mandato le foto...»
«Ecco spiegata la ragione per cui studierai insieme a lei.»
«Mamma, smettila, lo sai che io ed Eveline siamo solo amici, te l'ho detto mille volte. Tu, piuttosto, perché non ti decidi a trovarti un fidanzato? Vuoi morire single?»
«Sono troppo giovane per morire» ribatté Selena. «Ti ricordo che non ho ancora compiuto trentacinque anni.»
«A trentacinque anni si è vecchi.»
«Non scherzare. Quando arriverai alla mia età, ti sentirai ancora giovanissimo.»
«Non farmi pensare a quei secoli bui che dovranno venire...»
«Credo che, arrivati a questo punto, sia meglio se vai a studiare con Eveline.»
«Mi piacerebbe, ma ho altre tre ore di lezione. Eveline dovrà aspettare ancora un po'.»
«Allora è meglio se ci salutiamo, non voglio farti perdere tempo. Hai fatto i compiti? E hai preparato i libri?»
«Sì, mamma, ho fatto i compiti, ho preparato tutto, in più mi sono anche già lavato i denti e dato una sistemata ai capelli. Sei contenta?»
«Contentissima. Buon proseguimento di giornata.»
«Anche a te. E preparati degli abiti eleganti per Valencia.»
«Prego?»
«Devi assolutamente fare colpo su...»
Selena lo interruppe: «Non devo fare colpo su nessuno. Comunque non preoccuparti, so benissimo come devo vestirmi.»
«Lo spero. Finora non sembra che lui se ne sia accorto.»
«Piantala, Tommy!» tagliò corto Selena. «Sai benissimo che siamo solo amici. Ora è meglio se ci salutiamo. Non voglio farti arrivare in ritardo.»
«Okay. Ci sentiamo.»
Selena riattaccò, con un sospiro. I ragazzini avevano una strana idea della vita sentimentale degli adulti, oltre che una strana idea della vita degli adulti in generale. Avrebbero fatto meglio a focalizzarsi sulla propria esistenza, piuttosto che volere a tutti i costi esprimere un'opinione su quella delle loro madri.
"Ero anch'io come lui, quando avevo la sua età?"
La risposta non tardò ad arrivare: se anche la giovane Selena avesse avuto il desiderio di intromettersi nella vita privata dei propri genitori, non sarebbe stata presa in considerazione. Non si era mai comportata come Thomas, perché aveva sempre percepito una netta separazione tra sé e i suoi familiari. Erano sempre stati estranei legati da un vincolo di parentela, cosa che Selena si era ripromessa, fin dal primo momento, non sarebbe mai avvenuta tra lei e Thomas. Seppure trascorressero molto tempo lontani, si sentivano ogni giorno e Selena cercava di mostrare interesse per ciò che il ragazzino decideva di condividere con lei. In più lo metteva al corrente di quanto accadeva a lei: Thomas sapeva della sua decisione di aprire uno studio proprio e dei preparativi ormai ultimati, così come della sua imminente partenza per la Spagna. Alexandra Bernard non aveva mai messo Selena al corrente delle proprie scelte professionali, figurarsi dei propri viaggi, specie quelli non strettamente collegati alla sua vita professionale. In più l'aveva spinta ad andare a studiare lontana da casa per non averla intorno, mentre la scelta relativa all'istruzione di Thomas era avvenuta, in accordo con il figlio, affinché potesse frequentare le migliori scuole possibili in vista del suo futuro.
Con quei pensieri in testa, Selena buttò finalmente la lattina nell'apposito contenitore, dopodiché valutò come trascorrere il resto della giornata, vista la decisione di lasciare in sospeso le commissioni che aveva programmato per quel pomeriggio.
Venti minuti più tardi, senza avere ancora maturato una vera e propria decisione che non fosse quella di andare a fare una passeggiata, vista la temperatura primaverile di quel pomeriggio di marzo, si chiese se fosse il caso di fermarsi un attimo a cercare qualche informazione sul conto di Oliver Fischer. Aveva già preso in mano lo smartphone e stava per controllare i suoi profili social, quando decise di desistere. Fischer era soltanto un nuovo vicino di casa, con il quale non avrebbe dovuto avere a che fare.
"È molto meglio andare a fare una passeggiata sulla spiaggia, piuttosto che pensare a lui."
Uscita di casa, fu molto fortunata, riuscendo per la seconda volta in quella giornata a eludere il portiere. Doveva essere da qualche parte, pronto a saltarle addosso con i suoi pettegolezzi, ma le scarpe sportive erano più silenziose di quelle con i tacchi alti, quindi la presenza di Selena passò inosservata.
Solo quando tornò, finì per incontrarlo. Rassegnata, lasciò che il portiere le venisse incontro esclamandò: «Signora Bernard, che piacere vederla!»
Selena si sforzò di sorridere.
«Buonasera.»
«Buonasera a lei.»
Selena fece per avviarsi verso le scale, ma venne ben presto interrotta.
«Oggi, verso l'ora di pranzo, mi è sembrato di sentirla parlare con il signor Fischer, quel giornalista che si è trasferito qui da poco...»
«Sì, esatto» confermò Selena. «L'ho incrociato per le scale, era la prima volta che lo vedevo.»
«E che impressione le ha fatto?»
«Nessuna.»
«Come nessuna?»
«Abbiamo scambiato solo qualche parola, tutto qui.»
Il portiere sospirò.
«Sarà, ma a me quel tizio non convince. È una persona strana. Speravo l'avesse notato anche lei.»
«Mi dispiace» ribatté Selena, «Cercherò di fare più attenzione, se dovessi rivederlo.»
Con quelle parole riuscì a fare felice il portiere, quel tanto che bastava per potersene andare. Rientrata in casa, rivalutò l'idea di fare ricerche sul nuovo vicino di casa. Dai suoi profili social fu facile scoprire qualche informazione: Fischer era nato ventotto anni prima a Graz, era un giornalista sportivo, lavorava per un'emittente televisiva di Montecarlo ed era uno degli inviati che seguivano la Diamond Formula. Era curioso: forse quel fine settimana si sarebbero incontrati a Valencia... e altre informazioni che Selena reperì poco dopo le fecero formulare un pensiero ben preciso: "sarebbe interessante approfondire la nostra conoscenza".
Lionel Vincent aspirò l'ultima boccata di fumo, poi spense il mozzicone sul posacenere. Scostò la sedia, attendendo qualche istante prima di alzarsi. A quel punto si diresse verso la finestra, per guardare la strada al di sotto dello studio. Appena in tempo: la persona che aspettava stava già arrivando.
Slanciata, nel suo soprabito beige dal quale usciva l'orlo di un abito a fiori e con il rigoroso tacco dodici, oppure qualcosa che gli somigliava molto, aveva quasi la grazia di una farfalla. Il sole che filtrava tra le nubi faceva risaltare i riflessi dorati dei suoi capelli, impeccabili con i loro riccioli artificiali.
Vincent era consapevole di quanto fosse banale un simile pensiero, ma non riuscì ad astenersi: se Selena Bernard non fosse stata un'ottima arredatrice e designer d'interni, avrebbe potuto reinventarsi come modella di lingerie. Non che Vincent avesse idea di come fosse la Bernard in lingerie, ma su di lei sarebbe sembrato elegante perfino un sacchetto della spazzatura.
Era stata un'ottima collaboratrice, nel corso degli anni, quindi non sarebbe stato difficile giustificare l'attaccamento nei suoi confronti, ma Vincent sapeva di non potere giocare pulito, con lei. Era troppo tardi: Selena aveva già deciso e non sarebbe tornata indietro, nonostante ci fosse ancora un po' di tempo a disposizione.
Vincent sospirò.
"Credimi, cara, non avrei mai voluto arrivare a questo punto, ma non ho scelta."
Si allontanò dalla finestra e tornò alla scrivania, davanti al computer. Di lì a poco sarebbe arrivata la segretaria ad avvertirlo dell'arrivo della designer.
Andò tutto come previsto. La nuova ragazza, una stagista di cui Vincent non ricordava nemmeno il nome, bussò alla porta. Si faceva riconoscere anche in quei momenti, non bussava mai in maniera decisa, come se avesse paura di disturbare.
«Avanti» disse Vincent.
L'uscio si aprì. Si trattava proprio della tirocinante.
«Scusi il disturbo, signor Vincent...»
Vincent non alzò nemmeno gli occhi verso di lei, gli era del tutto insignificante. L'aveva assunta soltanto perché la segretaria precedente aveva trovato un nuovo posto di lavoro ed era necessario qualcuno che la sostituisse.
«Dimmi, Anne.»
«Anna.»
«Non farmi perdere tempo, Anna.» nel pronunciare quelle parole, Vincent scandì con chiarezza il nome della ragazza. «Cosa vuoi?»
«È arrivata la signora Bernard.»
«Bene. Falla entrare subito, ho una certa urgenza di vederla.»
«Vado a chiamarla.»
Vincent udì i suoi passi che si allontanavano, poi voci lontane, in corridoio. Subito dopo iniziò ad avvertire con chiarezza il ticchettio dei tacchi di Selena Bernard.
La accolse con un sorriso, per farla sentire a proprio agio, poi la invitò a sedersi di fronte a lui. La Bernard non se lo fece ripetere due volte. Era palese che, nello studio, si sentisse ancora come a casa.
«Ho cercato di venire il prima possibile...»
Vincent annuì, accondiscendente.
«Le chiedo scusa per il disturbo, Selena. Ovviamente avrà molte cose di cui occuparsi, in questo periodo...»
«Più o meno» ammise Selena Bernard. «Diciamo che tutto procede secondo i piani.»
«Se le dicessi che mi fa piacere, mentirei» ribatté Vincent. «È stata un'aiutante preziosa, in questi anni, e non sarò mai in grado di sostituirla con una persona che possa occupare degnamente il suo ruolo.»
Selena abbassò lo sguardo.
«Così mi lusinga, signor Vincent.»
«Sto solo dicendo la verità» puntualizzò Vincent, e in quel momento, in effetti, non mentiva affatto. «Mi farebbe molto piacere, ovviamente, se fosse venuta qui per dirmi che ha cambiato idea.»
Selena alzò gli occhi e Vincent prese a fissarla con una certa insistenza, come a esortarla.
"Avanti, cara, dimmi che ci hai ripensato e che vuoi rimanere qui, a lavorare con me. È la soluzione migliore per tutti. Dimmelo e nessuno si farà male."
Era una speranza irrazionale, alla quale Vincent non si sarebbe aggrappato, se non si fosse trattato di una come lei. Nonostante tutto, non solo aveva lavorato davvero bene con lei, ma tra di loro non c'erano mai stati contrasti. Vincent non era solito farsi un certo genere di scrupoli, ma sentiva di non avere ragioni per agire contro la Bernard, come invece era costretto a fare.
La designer gli confermò di non avere intenzione di fare un passo indietro.
«Mi dispiace, signor Vincent, ma non ho cambiato idea. Lo sa, ho sempre desiderato avere uno studio tutto mio... ed è arrivato il mio momento.»
«Quindi saremo concorrenti.»
Selena Bernard accennò un sorriso.
«Sì, saremo concorrenti. Non si preoccupi, non le ruberò deliberatamente i clienti.»
Vincent rise.
«Ci mancherebbe.»
«Mi conosce, signor Vincent. Sa che ho una grande ammirazione nei suoi confronti. Lei è il migliore professionista con cui abbia mai lavorato e...»
Era arrivato il momento di interromperla: «È proprio sicura di non volere continuare a lavorare con me? Potrebbe essere la soluzione migliore per entrambi.»
«Per lei di sicuro» ribatté Selena. «Sbaglio o, in certi momenti, si sentiva perso quando non c'ero io?»
«Non si sbaglia, Selena, ma non sono qui per scherzare. Se l'ho chiamata qui è per farle una proposta molto seria.»
Selena Bernard aggrottò la fronte.
«Che tipo di proposta seria? Guardi, ho già preso la mia decisione, e se...»
«Scusi se la interrompo un'altra volta, ma credo sia giunto il momento di venire al dunque. Io non intendo rinunciare a lei e, se dovesse andarsene, ne pagherà le conseguenze. Mi dispiace, Selena», Vincent la guardò dritto negli occhi, «Ma mi ha messo con le spalle al muro. Non avrei voluto spingermi a tanto, ma non mi ha lasciato altra scelta.»
«Vuole dire che sarà lei a boicottare me?» azzardò Selena. «Dopo così tanti anni di sana collaborazione non mi sembra il caso di...»
Ancora una volta, Vincent non la lasciò terminare.
«Mi stia a sentire, Selena. Io voglio che lei rimanga a lavorare con me e, se se ne andrà, sarà costretta ad affrontare qualche conseguenza negativa. Non intendo distruggerla dal punto di vista professionale. Lei è una fantastica designer, dopotutto, non sarebbe giusto metterle i bastoni tra le ruote. Tuttavia, chiunque ha un lato vulnerabile, nel quale può essere colpito.»
Si aspettava che la Bernard abbassasse lo sguardo o che cercasse in qualche modo di sfuggirgli, ma Selena non lo fece. In quel momento, per la prima volta, gli balenò in testa l'idea che fosse più determinata di quanto avesse sempre pensato.
«Sì, forse ha ragione» disse Selena, «Tutti possiamo avere dei punti deboli nei quali possiamo essere colpiti facilmente... lei, però, non conosce i miei punti deboli, sempre ammesso che io ne abbia.»
«Ha ragione. Non ricordo persone riservate tanto quanto lei. Non ha mai raccontato niente della sua vita privata. Ha solo accennato, qualche volta, all'esistenza di suo figlio. Dalle informazioni che ho raccolto dovrebbe avere tredici anni, forse quattordici.»
«Thomas non è un segreto.»
«Certo che no. Io, però, credo di avere scoperto di chi è figlio.»
Per un attimo a Vincent parve che Selena sussultasse.
«Come ha detto?»
«Credo di avere scoperto di chi è figlio» ribadì Vincent. «Non ha mai parlato del padre di Thomas, se non sbaglio, ma penso di sapere chi sia.»
La Bernard parve di colpo più rilassata.
«Crede davvero che l'identità del padre di mio figlio sia importante?»
«Lei è una donna perbene, è sempre stata lontana dagli scandali. Cosa potrebbe succedere se si scoprisse che cosa c'è dietro al concepimento e alla nascita del ragazzino?»
Selena fece un sospiro.
«Signor Vincent, pensa davvero che ci sia qualcosa di sconvolgente dietro la nascita di mio figlio? Che a qualcuno possa importare di chi fosse il mio ragazzo quando avevo vent'anni e del perché non abbia riconosciuto Thomas? Mi dispiace deluderla, ma non ha in mano niente di compromettente su di me. Se vuole ricattarmi per convincermi a rimanere qui, nel suo studio con lei, deve lavorare meglio.»
«Lei non si arrende mai, vero, Selena?»
«Non quando non è opportuno farlo.»
«Eppure da lei mi sarei aspettato un comportamento diverso. Voglio dire, dalla Selena Bernard ventenne, quella che ha messo al mondo un figlio senza riuscire a tenersi stretto il fidanzato.»
«Ho detto che non mi arrendo mai» puntualizzò Selena, «Ma intendevo dire, in realtà, che non mi arrendo quando c'è qualcosa per cui vale la pena di lottare.»
«E il suo fidanzato di quei tempi non valeva un simile sforzo?» le domandò Vincent.
«Diciamo di no.»
«O forse si è trovata semplicemente in una situazione sfavorevole.»
«In qualunque situazione mi sia trovata, non sono affari suoi. Se pensa che io rimanga a lavorare qui solo perché lei sa che sono una ragazza madre, si sbaglia di grosso. Non è mai stato un segreto.»
«Su questo ha ragione.»
«Allora» suggerì Selena, «Le faccio una proposta. Adesso esco di qui e facciamo finta che questi ultimi cinque minuti non siano mai esistiti. Lei mi ha semplicemente proposto di rimanere e io le ho detto di no, perché ho altri piani per il mio futuro.»
«E dopo che avremo cancellato questa nostra conversazione?»
«La stima e il rispetto reciproco resteranno invariati.»
Vincent fece una breve pausa. Certo, ciò che proponeva la Bernard poteva essere la soluzione migliore per entrambi, ma a volte la logica doveva essere messa da parte per l'interesse. Dopotutto Selena non era né un'amica né una parente, ma soltanto una dipendente, o per meglio dire, un'ex dipendente. Un simile legame, se poteva definirsi tale, poteva essere sacrificato.
«No, Selena, non posso dimenticare. Il suo rispetto non mi interessa. Si tratta di un valore sopravvalutato, non trova?»
Selena scosse la testa.
«No, per niente.»
«Come vuole, l'importante è non perdere tempo. Se le dico Diamond Formula, cosa le viene in mente?»
Selena Bernard spalancò gli occhi.
«In che senso?»
«Le ho solo fatto una domanda. Conosce la Diamond Formula?»
«Certamente. È la più importante serie di automobilismo al mondo, avendo superato nell'ultimo decennio la popolarità di Formula 1, Indycar e Champ Car prima di...»
Per l'ennesima volta, Vincent la interruppe: «Questa spiegazione non mi interessa. Non c'è nulla di male nell'essere al corrente di queste informazioni.»
«Appunto. Non capisco che cosa voglia da me, signor Vincent.»
«Invece, secondo me, lo capisce benissimo. Vogliamo parlare del fatto che lei stessa abbia un legame con la Diamond Formula?»
«Sono amica di un paio di piloti e di una team principal, ma dubito che questo sia un segreto scottante. Penso di essere comparsa, almeno di sfuggita, sui profili social di qualcuno di loro. Non vedo nulla di imbarazzante in tutto ciò.»
Era arrivato il momento di sganciare la bomba, quindi Vincent venne al dunque: «Non esistono solo i social network, esistono anche le foto private scattate all'incirca quindici anni fa. E le assicuro di avere in mano delle foto private che le converrebbe restassero tali.»
«Ne dubito.»
«Non ne dubiti, Selena. So tutto di lei, di Patrick Herrmann e della signora Alexandra.»
Selena Bernard spinse indietro la sedia e si alzò di scatto.
«Lei non sa niente, signor Vincent. Patrick Herrmann è morto da anni e la signora Alexandra si è ritirata da moltissimo tempo dalla vita pubblica. Qualche pettegolezzo non distruggerà nessuno di noi.»
Non aggiunse altro. Accompagnata dal ticchettio dei suoi tacchi alti, la Bernard se ne andò.
Il piano era fallito.
Vincent si accese una sigaretta, riflettendo sul da farsi.
Optò per un messaggio vocale: "Mi dispiace, Veronica, ma non c'è stato niente da fare. L'elegantona se n'è andata, ed era anche incazzata nera. Se vuoi tenerla sotto controllo, ti conviene puntare su qualcun altro. Comunque secondo me non ha brutte intenzioni. D'altronde non è certo colpa sua se quel giornalista del cazzo si è trasferito di fronte a lei. Non hai nemmeno le prove che si conoscano..."
Lo spedì e fu necessario attendere soltanto pochi minuti, prima di avere una risposta. Arrivò anch'essa tramite messaggio vocale e fu piuttosto diretta: "Sei sempre stato un inetto, Lionel, ma non fa niente. Lo sai che ti voglio bene lo stesso. Starò comunque dalla tua parte, ti aiuterò anche stavolta a pagare i tuoi debiti. Però non tirare troppo la corda: si tratta soltanto di mia bontà d'animo, l'unica ragione per cui avrai quei soldi è che non mi piacciono i gioielli e che le pellicce sono un crimine contro la natura."
A Vincent sfuggì un sorriso. La cara Veronica amava e rispettava gli animali a pelo lungo. Era un primo passo per diventare una brava persona: forse un giorno avrebbe dato lo stesso peso anche alla vita degli esseri umani. In attesa di quel momento, tuttavia, era opportuno tenersela buona e fare ciò che chiedeva, anche se, in realtà, a Vincent non importava un accidente di cosa fosse accaduto tra Selena Bernard e quel Patrick Herrmann che giaceva ormai da tanti anni sotto quattro metri di terra.
******
Selena salì le scale di corsa. Era in ritardo e sua madre le aveva raccomandato di essere puntuale. Non che l'evento al quale avrebbe dovuto partecipare fosse particolarmente interessante, ma la sua presenza era stata confermata senza chiedere il suo consenso. Quando aveva appreso tutto ciò, non aveva osato replicare. Trascorreva poco tempo insieme alla madre, che dal giorno del suo arrivo non si era mai mostrata troppo felice della sua presenza, e preferiva evitare l'insorgere di contrasti. Avrebbe dovuto passare nella sua casa di Montecarlo troppe settimane per potersi prendere il lusso di non andare d'accordo con la donna che l'aveva messa al mondo.
Le mancava appena una rampa di scale quando perse l'equilibrio. Non appena ne realizzò la ragione, non rimase affatto stupita: i maledetti lacci di quelle maledette scarpe si slegavano in continuazione ed era stato quello della scarpa destra a farla inciampare.
Imprecò tra i denti, senza esagerare. Il linguaggio volgare non le era mai appartenuto.
"E poi non è successo niente di grave. Nessuno mi ha vista, altrimenti sì che sarebbe stata una brutta figura."
Si alzò, aggrappandosi alla ringhiera. Solo a quel punto realizzò di essersi sbagliata.
«Va tutto bene, signorina?»
Nell'udire quella voce, Selena alzò gli occhi. Aveva di fronte l'uomo più attraente che avesse incontrato negli ultimi giorni; d'altronde aveva avuto a che fare soltanto con imprenditori di mezza età che avevano affari in corso con sua madre.
«Sì, sì, tutto bene» lo rassicurò, sperando che lui le togliesse gli occhi di dosso.
Non accadde.
«Ne è proprio sicura?» insisté lo sconosciuto. «Ha fatto un brutto volo.»
Selena scosse la testa.
«No, non esageri. Se avessi fatto davvero un brutto volo, a quest'ora avrei la testa rotta in due.»
Avrebbe dovuto riprendere a salire le scale, ma non lo fece. Essere contemplata dall'uomo che aveva di fronte non le dispiaceva affatto, né le dispiaceva la sua presenza. L'abbinamento capelli scuri e occhi azzurri l'aveva sempre fatta impazzire, così come il vestiario che oscillava tra il casual e l'elegante.
«Beh, la sua testa mi pare aggiustata. O quantomeno è sopra al collo, quindi è tutto regolare.»
«Già.»
Selena mosse qualche passo e l'uomo si scostò per farla passare.
«Deve salire ancora molto? Per caso l'ascensore dava problemi?»
«Oh, no, sono quasi arrivata» puntualizzò Selena. «Sì, lo so, salire fino al quarto piano a piedi potrebbe non sembrare una cosa tanto normale, ma sono abituata a fare le scale.»
«Al quarto piano?»
«Sì. Non è il quarto piano, questo?»
«Sì, certo. Stavo solo riflettendo ad alta voce. Non la conosco, quindi non sta venendo a casa mia...»
Selena spalancò gli occhi.
«No, certo che no.»
«Quindi rimane una sola soluzione. Sta andando da Ale-...» Si interruppe all'improvviso, per poi riprendere subito dopo. «Dalla signora Alexandra.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«La conosce?»
«Sì, certo, abito di fronte a lei... e non è la sola ragione per cui la conosco. Sono Patrick Herrmann, probabile che le abbia parlato di me.»
«Oh, no, affatto» obiettò Selena. «Voglio dire, mia madre non mi parla molto del suo lavoro, ma il suo nome l'ho sentito...»
«Sua... madre?! Vuole dire che è la figlia della signora Alexandra?»
«E lei vuole dire che "la signora Alexandra" oltre a non parlare di lavoro con la propria figlia non ha mai parlato di sua figlia con la gente con cui ha a che fare per lavoro?»
«Io e la signora Alexandra abbiamo solo un rapporto professionale. Mi aveva detto di avere due figli, che studiano lontano da qua, ma non pensavo che sua figlia potesse essere lei. La signora Alexandra mi sembra un po' troppo giovane per avere una figlia della sua età.»
«Mi sta dicendo che sembro vecchia?»
«No. Quanti anni ha, se non sono troppo indiscreto?»
«Venti.»
«Immagino che la signora Alexandra sia stata giovanissima, quando l'ha messa al mondo.»
«Non c'è bisogno che lusinghi mia madre in mia presenza. Piuttosto, se me lo concede, mi presento: non sono solo la figlia della "signora Alexandra", dopotutto. Mi chiamo Selena.»
Gli tese una mano, che Patrick Herrmann prontamente le strinse.
«Piacere di conoscerla, Selena.» Diede un'occhiata all'orologio che portava al polso. «Mi scusi, ma adesso si sta facendo tardi, devo proprio andare. Avremo senz'altro occasione di rivederci, a meno che lei non stia per partire.»
«No, affatto» rispose Selena. «Sono arrivata da pochi giorni, mi fermerò per un po'. Sono certa anch'io che ci rivedremo... e magari, se potessimo darci del tu...»
«Mi sembra una buona idea... e, mhm... sì, ci rivedremo presto.»
Selena non ne era affatto sicura, in realtà, ma lo sperava: non le capitava tanto spesso di incontrare qualcuno che la affascinasse e avrebbe pagato qualunque prezzo per rivedere Herrmann e approfondire la loro conoscenza.
Lo salutò e, seppure a malincuore, salì i gradini che ancora la separavano dalla porta dell'appartamento della madre.
Ascoltò i passi di Herrmann che scendeva le scale: a quanto pareva anche lui sembrava non essere tanto amante degli ascensori.
Inserì la chiave nella toppa e la girò. Nonostante l'appartamento fosse grande e la possibilità di evitare sua madre esistesse, se la ritrovò di fronte dopo pochi istanti.
«Sei in ritardo, Selena.»
Selena sospirò.
«Buonasera anche a te.»
«Preparati, che tra mezz'ora dobbiamo andare alla cena. E mettiti qualcosa di decente, non vorrai farmi fare brutta figura.»
«No, certo.»
«Mi raccomando. C'è in ballo un affare da qualche milione.»
«Qualche milione di che valuta?»
Sua madre le scoccò un'occhiataccia.
«Preparati.»
«Va bene, ma era solo semplice curiosità. E ti assicuro che non hai niente di cui preoccuparti. So essere più elegante di quanto pensi. Comunque cercherò di sembrare più giovane che posso.»
«E perché mai?»
«Per farti fare bella figura. Patrick Herrmann dice che sembro troppo grande per essere tua figlia.»
«Ne deduco che tu conosca Patrick Herrmann... dico bene?»
«Dire che lo conosco è una parola grossa. L'ho incrociato prima, mentre salivo le scale, e ho scoperto che abita di fronte a noi.»
«Lascia perdere qualunque cosa ti abbia detto, è un cretino e starlo a sentire è tempo sprecato.»
«Allora perché lo sponsorizzi?»
«Perché è uno dei piloti più forti della storia recente della Diamond Formula e le possibilità che il marchio della mia azienda venga esibito in mondovisione sono molto alte. Cosa credevi, che sborsassi milioni per lui perché è un uomo attraente? Tu non capisci proprio niente di affari.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«Grazie per la considerazione, mamma. Ora, comunque, corro a prepararmi. Non vorrei fare saltare qualcuno dei tuoi affari perché sono in ritardo, oltre che per la mia ingenuità.»
******
"So tutti di lei, di Patrick Herrmann e della signora Alexandra."
Selena richiuse violentemente la portiera dell'automobile, facendo scattare la sicura con il telecomando. Le parole del signor Vincent le rimbombavano ancora in testa e non riusciva a spiegarsi un simile atteggiamento. Il suo ormai ex datore di lavoro l'aveva sempre stimata e non si era mai intromesso nei suoi affari privati, né l'aveva mai minacciata di rivelare aspetti imbarazzanti del suo passato.
"Chissà cosa potrebbe spingersi a fare se solo conoscesse la verità... quella vera."
Ovviamente il signor Vincent, se era al corrente di qualcosa, era in possesso di informazioni su quella realtà filtrata, fatta apposta per non essere troppo scottante per nessuno, che Selena aveva suo malgrado contribuito a costruire.
Si infilò in tasca le chiavi dell'auto, attraversò il cortile e si diresse verso l'entrata. Il portone era aperto, ma grazie al cielo il portiere non era presente in guardiola: in quel momento Selena non aveva alcuna voglia di perdere tempo ad ascoltare le sue inevitabili chiacchiere.
Come d'abitudine snobbò l'ascensore, preparandosi a salire a piedi le rampe di scale che la separavano dal quarto piano. Era una vecchia abitudine: aveva sempre fatto così durante l'adolescenza quando veniva a trovare la madre e aveva continuato a fare la stessa cosa anche dopo essersi trasferita in quella che era stata la casa di Alexandra Bernard.
Il suo piano di rientrare il prima possibile venne messo in seria discussione da una voce che arrivava dall'atrio.
«Signora Bernard!»
Era il portiere, che era stata tanto soddisfatta di avere schivato. Doveva avere udito i suoi tacchi sui gradini.
Non se ne curò, finse di non sentire. Di solito non si sottraeva mai dall'ascoltare i discorsi senza né capo né coda di quell'uomo, seppure cercasse di non farli durare troppo a lungo nel tempo, ma quel giorno era tutto diverso.
Voleva dimenticare l'esistenza di un mondo circostante e superare le rampe di scale che conducevano al primo piano la aiutò a mettere spazio tra sé e ogni ostacolo. Proseguì, superando il secondo piano così come aveva passato il primo, poi venne il turno del terzo. Ormai soltanto le ultime due rampe la separavano dal proprio appartamento.
Un gradino dopo l'altro la distanza si dimezzò ancora una volta. Poi, nella foga, a pochi metri dalla propria destinazione, finì per scivolare.
Cercò di mantenere l'equilibrio, ma fu un'impresa impossibile. Tentò di salvare il salvabile anche aggrappandosi alla ringhiera, ma sbatté le ginocchia sui gradini proprio mentre udiva una porta che si chiudeva.
Alzò gli occhi e si rese conto di non essere passata inosservata a uno sconosciuto. Quel tizio, sulla trentina, forse un po' meno, con i capelli biondi e un abbigliamento casual, doveva essere il suo nuovo vicino di casa. Il portiere le aveva accennato alla sua esistenza, specificando che si trattava di un giornalista e che doveva essere uno importante, se poteva permettersi di abitare in un palazzo così elegante. Selena avrebbe fatto volentieri a meno di cadere davanti ai suoi occhi, ma ormai il danno era fatto e tutto ciò che poteva fare per rimediare era alzarsi in piedi.
Mentre si tirava su, il presunto giornalista le domandò: «Tutto bene, signora Bernard?»
Selena aggrottò la fronte.
«Ci conosciamo?»
«No, perché?»
«Mi ha appena chiamata per nome. Come sa chi sono?»
«L'ho immaginato. C'è chi mi ha narrato per filo e per segno di ogni singolo abitante di questo palazzo.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«Posso immaginare chi sia stato a parlarle di me.»
«Credo che immagini bene.» Il suo nuovo vicino di casa si avvicinò. «A proposito, lasci che mi presenti. Mi chiamo Oliver Fischer.»
Un vago ricordo riecheggiò nella memoria di Selena.
«Sì, può darsi che quella persona abbia fatto il suo nome. Lei è il giornalista che si è appena trasferito?»
«Esatto, sono io. Abito proprio di fronte a lei, sullo stesso pianerottolo, signora Bernard.»
«Selena. Non è necessario essere così formali.»
«Mi fa piacere sentirglielo dire.»
Selena lo corresse: «Sentirtelo.»
Oliver Fischer annuì.
«Mi fa piacere sentirtelo dire. Da quello che ho potuto vedere, qui ci abita soltanto gente noiosa.»
Selena ridacchiò.
«In effetti la maggior parte dei vicini non sono il massimo, ma non ha importanza. Ti consiglio di evitare solo tu-sai-chi, specie se hai qualcosa da nascondere. Ha la pessima abitudine di impicciarsi negli affari di chiunque.»
Oliver Fischer le strizzò un occhio.
«Allora dovrò fare molta attenzione, perché di cose da nascondere ne ho tante. Sai, ho la cantina piena di cadaveri. E ora, con il tuo permesso, vado a iniziare a seppellirne qualcuno. A lungo andare, qualcuno potrebbe insospettirsi per l'odore.»
Si salutarono e Selena si diresse verso il proprio appartamento. Rovistò nella borsa alla ricerca delle chiavi e, quando le ebbe trovate, entrò in casa.
Per qualche istante, grazie all'incontro con Oliver Fischer, aveva messo da parte i pensieri a proposito del signor Vincent, che l'avevano tormentata per tutto il tragitto e che non la facevano stare tranquilla.
"Chiunque tu sia, sei stato una benedizione."
Rientrata, chiuse la porta alle proprie spalle e guardò l'orologio. Era ormai ora di pranzo e, come spesso accadeva, non aveva voglia né di cucinare né di mangiare, anche se sapeva di dovere fare almeno un piccolo sforzo almeno da quell'ultimo punto di vista.
Aprì la dispensa e prese fuori un pacchetto di crackers, poi aprì una lattina di Coca Cola e si sedette a tavola. Ormai lontana da Oliver Fischer, l'effetto di quei pochi istanti di svago iniziava a svanire.
******
Selena entrò nel ristorante e si guardò intorno, alla ricerca di colui che l'aveva invitata a pranzo. Dal fondo della sala, Patrick Herrmann le fece un cenno di saluto.
Selena si avvicinò e si sedette di fronte a lui.
«Eccomi qua. Ho fatto molto tardi?»
«No, solo cinque minuti.»
«Scusami. Mia madre voleva sapere a tutti i costi dove stessi andando.»
Patrick abbassò lo sguardo.
«E tu, ovviamente, non le hai detto che stavi uscendo con me.»
«Ovviamente» borbottò Selena. «A proposito, mi vuoi spiegare la ragione di tutti questi segreti?»
«Sai benissimo che la signora Alexandra è la mia impresaria.»
«E quindi?»
«Quindi non bisogna mescolare la vita privata e il lavoro. O almeno, io la penso così.»
Selena sospirò.
«È solo un pranzo. E poi non sono io che lavoro con te.»
Finalmente Patrick smise di contemplare il tavolo e alzò la testa.
«Lo so, ma conosco la signora Alexandra bene abbastanza da pensare che non sarebbe contenta, se sapesse che ti ho chiesto di uscire con me.»
«Ho vent'anni» precisò Selena. «Posso frequentare chi mi pare, senza che mia madre si intrometta.»
«E vorresti assolutamente dirle la verità.»
«In realtà non mi importa. Le ho detto che uscivo con un amico e, in un certo senso, è vero.»
«E allora» insisté Patrick, «Qual è il problema?»
«Non te lo nascondo, non ho l'abitudine di raccontare i fatti miei a mia madre» gli spiegò Selena. «Io e mia madre non ci parliamo quasi, nemmeno di cose banali. Lei fa la sua vita e io faccio la mia. È sempre stato così. Quando ero ragazzina preferiva che vivessi con mio padre, oppure che frequentassi prestigiosi collegi svizzeri. Insomma, tutto pur di non avermi intorno. Non sento il desiderio di riferire a mia madre quello che faccio, di metterla al corrente di chi frequento. Non mi sembra di mentirle se non lo faccio. Non sa nemmeno che film mi piacciono o che musica ascolto, non penso che le importerebbe nemmeno con chi esco. Solo, non vedo la necessità di avere dei segreti. Se tu, però, preferisci che non sappia che sono qui con te, per me non c'è problema.»
Patrick fece finalmente un radioso sorriso.
«Grazie per essere così comprensiva. Purtroppo ho commesso degli errori, in passato, e non vorrei che la signora Alexandra si facesse un'idea sbagliata di me.»
«Errori?»
«Diciamo che in certi momenti ho... mhm... invitato a pranzo le donne sbagliate.»
«E a mia madre cosa importa?»
«Non le importerebbe niente, se non fosse che la mia vita privata ha condizionato, per certi versi, la mia carriera.»
«Poi mi racconterai.»
«Mhm... meglio di no.»
Selena rise.
«Fantastico. Vedo che hai delle cose da nascondere.»
«No, figurati, non ho niente da nascondere. La mia vita, adesso, è perfettamente libera da segreti scottanti.»
«Bene. Mi...»
Selena si interruppe. Un cameriere si stava avvicinando, per portare loro il menù. Quando si fu allontanato, Selena aprì la lista e iniziò a sfogliarla, senza tuttavia prestare molta attenzione a ciò che leggeva. La sua mente viaggiava troppo in fretta, facendosi domande sul conto di Patrick Herrmann.
Pochi minuti dopo ordinò distrattamente: non era una grande cultrice del cibo e scegliere una pietanza piuttosto che un'altra non le cambiava la vita. Da bere chiesero semplice acqua frizzante, dal momento che Patrick era astemio.
Selena sorrise, mentre il cameriere si allontanava.
«Allora lo vedi?»
«Cosa?»
«Dei segreti imbarazzanti li hai.»
«Non c'è nulla di imbarazzante» replicò Patrick. «L'alcool mi fa girare la testa. Preferisco rimanere lucido. E poi non ho bisogno di bere per prendere decisioni errate o fare cazzate.»
«Fare cazzate, fare cazzate... perché deve essere tutto una cazzata?» obiettò Selena. «Se ti riferisci alle donne sbagliate di prima, credo si tenda a dare troppa importanza al passato. Quelle donne hanno ancora influenza su di te?»
«No» ammise Patrick. «Temo che la maggior parte non ne abbiano mai avuta.»
«E questo sarebbe sbagliato?»
«Non lo so.»
«Non pensi che sia limitante etichettare come "persona seria" solo chi riesce ad avere una stabilità sentimentale, oppure una vita sentimentale in generale? Insomma, che per essere seri sia fondamentale non fare sesso con troppe persone, ma allo stesso tempo non vada bene nemmeno non farlo con nessuno?»
«Mhm... penso che questo non sia un discorso da fare così, a stomaco vuoto. Non sono sicuro di riuscire a seguirti abbastanza.»
Selena avvampò, rendendosi conto di dov'era andata a parare.
«Scusami, avrei dovuto evitarmi di chiedertelo.»
«No, figurati. Non è un problema. Solo, non so darti una risposta.»
Selena fece un sospiro di sollievo. Per un attimo si era preoccupata di potere fare cattiva impressione e non ci teneva affatto. Patrick Herrmann le piaceva molto e non intendeva lasciarselo scappare, anche a rischio di diventare una delle sue avventure passeggere.
Decise, per sicurezza, di non spingersi troppo oltre. In attesa che il cameriere fosse di ritorno portando loro le pietanze che avevano ordinato, mantenne la conversazione su argomenti banali. Gli parlò dei propri studi e gli pose domande superficiali sulla Diamond Formula, le cui risposte ascoltò comunque volentieri, facendosi un minimo di cultura in proposito: nato negli anni '90, quello in cui Herrmann gareggiava era uno dei campionati automobilistici a ruote scoperte in maggiore ascesa, nonostante l'assenza di marchi automobilistici di primo livello. Nonostante mancassero nomi di spessore, si stimava che in pochi anni la Diamond Formula potesse diventare la classe regina del motorsport, dal momento che la Formula 1 e le serie americane iniziavano a diventare troppo costose per i piccoli team, causandone la defezione o la messa in vendita. Il format era di semplice comprensione: gli eventi, nella maggior parte dei casi disputati su circuiti cittadini, prevedevano due sessioni di prove libere, una qualifica cronometrata, poi una sprint race che serviva a determinare la griglia di partenza dell'evento principale, ovvero la gara che assegnava il punteggio pieno, al termine del fine settimana.
Il ritorno del cameriere mise fine a quella spiegazione. Anche durante il pranzo Selena continuò a non esagerare, notando tuttavia una nota stonata. Una donna arrivata dopo di loro, seduta a un tavolo non troppo lontano, si girava spesso a fissarli. Anche Patrick aveva avuto la stessa reazione, ma non aveva detto niente, pertanto Selena preferì non chiedergli della sconosciuta. Era di bell'aspetto, sulla trentina, con i capelli scuri ondulati e un abito blu elettrico. Non si sarebbe sorpresa troppo se fosse stata una delle "donne sbagliate" di Patrick.
A poco a poco smise di fare caso a lei, almeno finché non fu la stessa sconosciuta in blu a dirigersi verso di loro, mentre erano ormai pronti per andarsene.
«Patrick, che piacere!» esclamò, con una voce subdola.
«Il piacere è tutto mio» borbottò Patrick, ben poco convinto. «Cosa ci fai qui, Veronica?»
«Un pranzo con degli amici di mio fratello.» Indicò Selena. «Tu, invece, vedo che sei in dolce compagnia.»
Patrick annuì.
«Sì, un'amica.»
Veronica diede un'occhiata a Selena.
«Sei sicuro che sia maggiorenne?»
«Sì, sono maggiorenne, e non da ieri» intervenne la stessa Selena. «In più non abbiamo fatto nulla che richieda la maggiore età, almeno fino a questo momento.»
«Non volevo essere offensiva» puntualizzò Veronica. «Era solo una battuta.»
«Sì, esatto, non è successo niente di male» convenne Patrick. «Ti saluto, Veronica. Io e la mia amica ce ne stavamo andando.»
******
Selena schiacciò la lattina vuota. Fece per alzarsi per andare a gettarla nel secchio nel quale teneva divisi i rifiuti in alluminio, ma fu fermata in quell'intento dal telefono che squillava.
Guardò l'orologio. Doveva essere Thomas, che spesso le telefonava quando terminava le lezioni del mattino.
Alzò il ricevitore e azzardò: «Tommy, sei tu?»
«Sì, mamma, come stai?» le domandò il ragazzino. «Tutto a posto?»
C'era una sola risposta possibile, quindi Selena confermò: «Sì, va tutto bene.»
«Ti ho disturbata? Stavi lavorando?»
«No, nessun disturbo. Avevo alcune commissioni da sbrigare, oggi, ma penso che rimanderò a domani.»
«Perché? È successo qualcosa?»
«No, figurati. Ho solo un po' di cose da sistemare per questo fine settimana.»
«Wow, vero, devi andare a Valencia. Beata te, io questo weekend credo che dovrò passarlo a studiare.»
Selena ridacchiò.
«Sì, certo, ne sono proprio convinta: tu e i tuoi compagni trascorrete l'intero fine settimana a studiare.»
«Non ho parlato per gli altri, ma solo per me» rispose Thomas. «Io studierò con Eveline. È un genio, ha dei voti altissimi in tutte le materie...»
«E ci scommetto che è anche carina.»
«Beh, sì, ti ho mandato le foto...»
«Ecco spiegata la ragione per cui studierai insieme a lei.»
«Mamma, smettila, lo sai che io ed Eveline siamo solo amici, te l'ho detto mille volte. Tu, piuttosto, perché non ti decidi a trovarti un fidanzato? Vuoi morire single?»
«Sono troppo giovane per morire» ribatté Selena. «Ti ricordo che non ho ancora compiuto trentacinque anni.»
«A trentacinque anni si è vecchi.»
«Non scherzare. Quando arriverai alla mia età, ti sentirai ancora giovanissimo.»
«Non farmi pensare a quei secoli bui che dovranno venire...»
«Credo che, arrivati a questo punto, sia meglio se vai a studiare con Eveline.»
«Mi piacerebbe, ma ho altre tre ore di lezione. Eveline dovrà aspettare ancora un po'.»
«Allora è meglio se ci salutiamo, non voglio farti perdere tempo. Hai fatto i compiti? E hai preparato i libri?»
«Sì, mamma, ho fatto i compiti, ho preparato tutto, in più mi sono anche già lavato i denti e dato una sistemata ai capelli. Sei contenta?»
«Contentissima. Buon proseguimento di giornata.»
«Anche a te. E preparati degli abiti eleganti per Valencia.»
«Prego?»
«Devi assolutamente fare colpo su...»
Selena lo interruppe: «Non devo fare colpo su nessuno. Comunque non preoccuparti, so benissimo come devo vestirmi.»
«Lo spero. Finora non sembra che lui se ne sia accorto.»
«Piantala, Tommy!» tagliò corto Selena. «Sai benissimo che siamo solo amici. Ora è meglio se ci salutiamo. Non voglio farti arrivare in ritardo.»
«Okay. Ci sentiamo.»
Selena riattaccò, con un sospiro. I ragazzini avevano una strana idea della vita sentimentale degli adulti, oltre che una strana idea della vita degli adulti in generale. Avrebbero fatto meglio a focalizzarsi sulla propria esistenza, piuttosto che volere a tutti i costi esprimere un'opinione su quella delle loro madri.
"Ero anch'io come lui, quando avevo la sua età?"
La risposta non tardò ad arrivare: se anche la giovane Selena avesse avuto il desiderio di intromettersi nella vita privata dei propri genitori, non sarebbe stata presa in considerazione. Non si era mai comportata come Thomas, perché aveva sempre percepito una netta separazione tra sé e i suoi familiari. Erano sempre stati estranei legati da un vincolo di parentela, cosa che Selena si era ripromessa, fin dal primo momento, non sarebbe mai avvenuta tra lei e Thomas. Seppure trascorressero molto tempo lontani, si sentivano ogni giorno e Selena cercava di mostrare interesse per ciò che il ragazzino decideva di condividere con lei. In più lo metteva al corrente di quanto accadeva a lei: Thomas sapeva della sua decisione di aprire uno studio proprio e dei preparativi ormai ultimati, così come della sua imminente partenza per la Spagna. Alexandra Bernard non aveva mai messo Selena al corrente delle proprie scelte professionali, figurarsi dei propri viaggi, specie quelli non strettamente collegati alla sua vita professionale. In più l'aveva spinta ad andare a studiare lontana da casa per non averla intorno, mentre la scelta relativa all'istruzione di Thomas era avvenuta, in accordo con il figlio, affinché potesse frequentare le migliori scuole possibili in vista del suo futuro.
Con quei pensieri in testa, Selena buttò finalmente la lattina nell'apposito contenitore, dopodiché valutò come trascorrere il resto della giornata, vista la decisione di lasciare in sospeso le commissioni che aveva programmato per quel pomeriggio.
Venti minuti più tardi, senza avere ancora maturato una vera e propria decisione che non fosse quella di andare a fare una passeggiata, vista la temperatura primaverile di quel pomeriggio di marzo, si chiese se fosse il caso di fermarsi un attimo a cercare qualche informazione sul conto di Oliver Fischer. Aveva già preso in mano lo smartphone e stava per controllare i suoi profili social, quando decise di desistere. Fischer era soltanto un nuovo vicino di casa, con il quale non avrebbe dovuto avere a che fare.
"È molto meglio andare a fare una passeggiata sulla spiaggia, piuttosto che pensare a lui."
Uscita di casa, fu molto fortunata, riuscendo per la seconda volta in quella giornata a eludere il portiere. Doveva essere da qualche parte, pronto a saltarle addosso con i suoi pettegolezzi, ma le scarpe sportive erano più silenziose di quelle con i tacchi alti, quindi la presenza di Selena passò inosservata.
Solo quando tornò, finì per incontrarlo. Rassegnata, lasciò che il portiere le venisse incontro esclamandò: «Signora Bernard, che piacere vederla!»
Selena si sforzò di sorridere.
«Buonasera.»
«Buonasera a lei.»
Selena fece per avviarsi verso le scale, ma venne ben presto interrotta.
«Oggi, verso l'ora di pranzo, mi è sembrato di sentirla parlare con il signor Fischer, quel giornalista che si è trasferito qui da poco...»
«Sì, esatto» confermò Selena. «L'ho incrociato per le scale, era la prima volta che lo vedevo.»
«E che impressione le ha fatto?»
«Nessuna.»
«Come nessuna?»
«Abbiamo scambiato solo qualche parola, tutto qui.»
Il portiere sospirò.
«Sarà, ma a me quel tizio non convince. È una persona strana. Speravo l'avesse notato anche lei.»
«Mi dispiace» ribatté Selena, «Cercherò di fare più attenzione, se dovessi rivederlo.»
Con quelle parole riuscì a fare felice il portiere, quel tanto che bastava per potersene andare. Rientrata in casa, rivalutò l'idea di fare ricerche sul nuovo vicino di casa. Dai suoi profili social fu facile scoprire qualche informazione: Fischer era nato ventotto anni prima a Graz, era un giornalista sportivo, lavorava per un'emittente televisiva di Montecarlo ed era uno degli inviati che seguivano la Diamond Formula. Era curioso: forse quel fine settimana si sarebbero incontrati a Valencia... e altre informazioni che Selena reperì poco dopo le fecero formulare un pensiero ben preciso: "sarebbe interessante approfondire la nostra conoscenza".
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per essere arrivato/a fino in fondo. Se vuoi, fammi cosa ne pensi con un commento. :-) Puoi farlo anche in maniera anonima.
Se sei capitato/a qui per caso ti invito a visitare il mio blog, in particolare le etichette "Commenti ai GP" e "F1 vintage".
Se invece mi leggi abitualmente e sei arrivato/a qui di proposito, ti ringrazio per l'apprezzamento e spero continuerai a leggermi.
Buon proseguimento di giornata (o a seconda dell'orario, di serata, o buona notte). <3
Milly Sunshine