venerdì 16 febbraio 2018

Commento prestagionale al Campionato di Indycar

Ready. Set. Go. /// Febbraio 2018

DOMANDA 1: Wait, wait, wait... Da quando scrivi un Commento Prestagionale alla Indycar? Come ti è venuta in mente questa novità?
RISPOSTA: Non si tratta di una novità perché, per la Formula 1, è da anni ormai che scrivo commenti non appena vengono disputati i test prestagionali. Ho semplicemente deciso di riprendere lo stesso format anche per la Indycar, in modo da illustrare quello che vedremo quest’anno, sia in pista sia nei miei commenti alle gare.

DOMANDA 2: Come ti organizzerai quest’anno per guardare la Indycar? Seguirai le gare in diretta oppure le guarderai in seguito? Quando scriverai i commenti?
RISPOSTA: Tendenzialmente ho l’abitudine di vedere in diretta quello che mi è possibile vedere in diretta e di andare a vedere su Youtube, dove le gare sono facilmente reperibili, quello che mi è difficile o addirittura impossibile vedere in diretta, per questioni di fuso orario o per altri problemi. Ovviamente ci sono delle “difficoltà logistiche” quando si tratta di seguire un campionato le cui gare vengono disputate quando qui è sera o notte, ma nel corso degli anni sono sempre riuscita a superare le avversità a cui noi appassionati di Indycar veniamo messi di fronte. L’obiettivo sarebbe quello di scrivere i Commenti in tempi abbastanza brevi, nel giro di pochi giorni, direi.
Ho intenzione, inoltre, di coprire anche il campionato di Sprint Cup, per il quale non ho però intenzione di scrivere commenti per ogni evento: ci sarà un Commento bonus per la Daytona 500, mentre delle restanti gare della regular season ne parlerò come off topic nei commenti alla Indycar. Per i playoff, che avranno luogo dopo la fine del campionato di Indycar, vedremo.

DOMANDA 3: Perché hai deciso di scrivere i Commenti Ironici non solo alla Formula 1 ma anche alla Indycar?
RISPOSTA: essenzialmente perché intendo parlare del campionato di Indycar sul mio blog e scrivere cronache che abbiano il format dell’articolo di giornale non è una cosa che fa per me. Ci ho provato e l’ho anche fatto per anni, ma il mio vero obiettivo è un altro. Le cronache semi-serie fanno molto più per me di quanto non lo facciano gli articoli e, sebbene io non abbia mai avuto problemi a scrivere pseudo-articoli quando capitava l’occasione, non trovo nella stesura di articoli la stessa soddisfazione che ho nello scrivere cronache semi-serie e nel salvare i miei lettori da lunghe notti insonni.

DOMANDA 4: Come ti definisci nei confronti della Indycar? Tifosa, appassionata, ecc...
RISPOSTA: Tifosa non sarebbe il termine giusto, perché sebbene io abbia delle simpatie in prevalenza verso gli ex piloti di Formula 1 (e verso i brasiliani), è l’interesse per la serie che mi spinge a guardarla. Non credo che l’interesse che provo per la Indycar raggiungerà mai l’interesse quasi morboso che provo nei confronti della Formula 1 (vedere una gara di Indycar al lunedì senza essere al corrente del risultato è una cosa che sono riuscita a fare, mentre non riuscirei a guardare una gara di Formula 1 addirittura il giorno dopo senza provare sensazioni sgradevoli nel non sapere che cosa sia accaduto), ma rimane pur sempre una serie per la quale provo molto interesse.

DOMANDA 5: Pensi che ci sia un modo per incrementare il fanbase italiano della Indycar?
RISPOSTA: Sì, ma è di impossibile realizzazione, dato che per incrementare il fanbase italiano bisognerebbe prendere due vetture, verniciarle di rosso e appioppargli sopra lo stemma del Cavallino. Poi, per conservare il fanbase, bisognerebbe in un secondo momento che quelle vetture si rivelassero vincenti.

DOMANDA 6: Perché non la smetti di rispondere a queste domande e non inizi il vero e proprio commento introduttivo alla stagione 2018?
RISPOSTA: Questa mi pare un’ottima idea...
...
...
...quindi iniziamo dall’inizio e andiamo a dare un’occhiata a dare un’occhiata al calendario, ai team e ai piloti che disputeranno questa stagione. Ci tengo a precisare che questo commento è stato scritto in gran parte il 13 Febbraio, anche se ultimato la sera del 15, pertanto soltanto nelle ultime fasi ci saranno accenni a una certa notizia.

CALENDARIO: il campionato inizierà l'11 Marzo con il circuito cittadino di St.Petersburg, dopodiché ci sarà una lunga pausa fino al 7 Aprile, quando si svolgerà, di sabato sera, la gara di Phoenix, il primo degli ovali. Il 15 e il 22 Aprile si riprenderà con il circuito cittadino di Long Beach e con il road track di Barber.
Il mese di Maggio sarà dedicato a Indianapolis: sabato 12 sarà la volta dell'Indianapolis Road Track, mentre nel Memorial Weekend, il 27 Maggio, sarà disputata la 102esima edizione della Indy 500 di cui, vista l'assenza di Alonso, forse sentiremo parlare un po' di meno. *roll eyes*
Le due settimane che seguiranno saranno molto intense: nel weekend el 2/3 Giugno ci sarà il gran premio sul circuito cittadino di Detroit, doppio evento come negli anni scorsi, mentre sabato 9 ci sarà la Texas Indy 600 sull'ovale di Fort Worth. Si tornerà in pista sul road track di Road America il 24 Giugno, mentre ci saranno tre eventi anche nel mese di luglio: l'ovale di Iowa Corn l'8, il circuito cittadino di Toronto il 15 e, infine, il 29 si correrà sul road track di Mid-Ohio.
Dopo tre settimane di pausa, il 19 e il 25 Agosto ci saranno gli ultimi due ovali della stagione: Pocono e Gateway. In quest'ultimo si gareggerà di sabato. La stagione terminerà con due road track: Portland il 2 Settembre e Sonoma il 16.

TEAM & PILOTI: quest'anno ci saranno delle novità, dal punto di vista dei top team, in quanto sia il team Penske sia il team Ganassi hanno ridotto il numero delle loro vetture. In casa Penske sono passati da quattro a tre e come piloti sono rimasti il campione in carica Made in USA Josef Newgarden, l'australiano Will Power e il francese Simon Pagenaud. Il "vecchio" brasiliano H3lio Castroneves, che guidava la quarta vettura nel 2017, è stato molto felice di farsi da parte e di rimanere a piedi, stando alle sue dichiarazioni! Non rimarrà del tutto senza volante: impegnato nel campionato IMSA, farà comunque la sua comparsa in Indycar, gareggiando in entrambi gli eventi di Indianapolis.
Ganassi avrà solo due vetture anziché quattro, quest'anno. Resterà il kiwi-man Scott Dixon, affiancato dal giovane Ed Jones, pilota di nazionalità incerta, britannico nato(?) negli Emirati Arabi Uniti, che corre con licenza degli Emirati, ma pare abbia corso anche con licenza britannica. Al momento non risulta che Ganassi intenda affiancare una terza vettura per Indianapolis, ma mai dire mai: per la Indy 500 si aggiungono spesso vetture a caso.
Rimanendo in tema di top team, Andretti schiererà tre vetture, quattro se consideriamo quella della partnership Andretti/Herta che fino all'anno scorso era guidata da Alexander Rossi. L'ex pilota della Sacra Cenerentola, tuttavia, quest'anno è passato nel team ufficiale, dove affiancherà i suoi connazionali Ryan Hunter-Reay e il rookie Zach Veach, che comunque abbiamo già visto al volante occasionalmente nella scorsa stagione. Marco Andretti, il pilota che più di ogni altro preferisco prendere per i fondelli per la sonnolenza che induce, è stato "parcheggiato" al team Andretti/Herta e porta il numero 98, quello con cui Dan Wheldon e Alex Rossi vinsero la Indy 500. Se non c'è due senza tre, potrebbe essere colui che metterà fine alla maledizione! #FacciamoFintaDiCrederci. Per la Indy 500 ci saranno una quinta e una sesta vettura, guidate dal colombiano Carlos Muñoz e dal britannico Stef Wilson (fratello minore di Justin), che saranno le uniche due vetture del team guidate da piloti non americani.
Il piccolo samurai Takuma Sato, vincitore della Indy 500 per il team Andretti nel 2017, ha lasciato il team per tornare al team Rahal: qui farà coppia con Graham Rahal, alto all'incirca venticinque centimetri più di lui. Per i piloti “scaricati” da Ganassi, invece, l’ex pilota della Sacra Cenerentola Max Chilton e Charlie Kimball guideranno il debuttante team Carlin, mentre Tony Kanaan è passato al team Foyt, dove sarà affiancato dal debuttante brasiliano Matheus Leist, proveniente dalla Indylights. È del 1998, potrebbe comodamente essere figlio di Tony, che è del 1974, e ho già iniziato a shipparli come father/son. Con il fatto che H3lio non correrà più in Indycar, Tony mi dà un po’ l’impressione di quelle persone che hanno figli sulla ventina e che, dopo essere stati lasciati dal partner, iniziano ad andare in giro insieme ai figli, e in questo caso il figlio è ovviamente Leist.
Parlando di piloti seri (di gente importante, insomma), Sebastien Bourdais continuerà ad agitare la sua baguette al volante del team Coyne, mentre sull’altra vettura si alterneranno nel corso della stagione un canadese e un brasiliano, entrambi debuttanti. Il canadese è Zachary Claman De Melo, proveniente dalla Indylights, che ha già debuttato nel 2017 all’ultima gara stagionale, mentre il brasiliano è nientemeno che il campione in carica della World Series By Renault che continuo a chiamare così nonostante non c’entri più con la Renault, anzi, non c’entrasse più con la Renault, perché parlarne al presente è nonsense, essendo una serie ormai defunta. Il pilota in questione è Pietro Fittipaldi, nipote di Emerson. Alla Indy 500 ci sarà una terza vettura guidata da Pippa Mann.
Spencer Pigot, da me ribattezzato Spencer Maialotto, che diventerebbe un Porcellino d’India se guidasse una vettura rosa (certe battute sono talmente trash, pur essendo immensamente colte, che è bene ripeterle più di una volta) disputerà tutta la stagione nel team Carpenter sponsorizzato da un marchio di vodka. Ed Carpenter prenderà parte alle gare su ovali, mentre al suo posto ci sarà Jordan King sugli altri circuiti. Il britannico, che peraltro è un ex tester della Sacra Cenerentola, ha gareggiato in GP2 (o meglio, in Formula 2) fino al 2017 e debutterà quest’anno in Indycar.
Ci saranno due canadesi al team Schmidt Peterson (e, pare, una terza vettura per la Indy 500, guidata non si sa ancora da chi): si tratta di James Hinchcliffe e del rookie Robert Wickens. Quest'ultimo aveva già disputato una sessione di prove libere nel corso della seconda stagione, se non ricordo male al posto di Mikhail Aleshin (ad oggi pilota di endurance) dopo che quest'ultimo aveva rischiato di non potere rientrare negli States per tempo per problemi con il passaporto. Ci sarà inoltre una partnership Schmidt/Shank, che metterà in pista il pilota britannico Jack Harvey, la cui presenza è prevista in sei eventi.
Il team Harding prenderà parte a tutta la stagione con il colombiano Gabby Chaves al volante, mentre il team Juncos, apparentemente, intende disputare otto eventi, alternando due rookie, l'americano Kyle Kaiser proveniente dalla Indylights e l'austriaco René Binder che ha gareggiato nella World Series by Renault.
Con questo si esauriscono i team che disputeranno il campionato, ma ci saranno comunque delle comparse random alla Indy 500: ci sarà il vincitore dell'edizione 1996 Buddy Lazier al volante dell'omonimo team, mentre pare che il team Dreyer & Reinbold schiererà due vetture per Indianapolis. Ci sono stati numerosi rumour a proposito del fatto che una di queste due vetture avrebbe potuto essere guidata da Danica Patrick, la cui presenza alla Indy 500 - ultima gara della sua carriera - pareva ormai quasi certa. A proposito di Danica, purtroppo lei e Ricky Stenhouse si sono lasciati. Se quest’ultimo vuole continuare a stirare poco, dovrebbe prendere seriamente in considerazione l’idea di fidanzarsi con A.J. Allmendinger.
Danica: “Adesso posso annunciare la novità?”
Voce fuori campo: “No.”
Danica: “Ma devo dirlo. Il mondo deve sapere. Alla Indy 500 guiderò una vettura di Ed Carpentahhhh, l’ex socio di Sarah Fisher!”
Voce fuori campo: “Ma ora Sarah Fisher guida la safety car.”
Danica: “Dovremmo presentarle Bernd Maylander, così finalmente si toglierà dalla testa Marco Sonniferetti e Marco potrà essere mio.”
Sarah: “Oh my Ferniiii, trovo tutto ciò molto inquietante.”
Ferniiii: “Anch’io trovo tutti quanti voi inquietanti. #WecRules, ma non preoccupatevi, un giorno o l’altro sono certo che rientrerò dalla finestra. Spero che a quel punto vi sarete tutti ritirati, in modo da non avere più niente a che fare con voi.”

HOT TOPIC: il campionato di Indycar, di per sé, ha un po’ meno di quello di Formula 1 le caratteristiche della soap-opera, ovvero ai piloti, ai membri dei team e, in generale, ai soggetti del mondo della Indycar sembra essere consentito esistere senza che la loro esistenza sia 24/7 oggetto di dibattito. Ci sono ovviamente degli argomenti di dibattito, tuttavia tali argomenti di dibattito sono in genere strettamente Indycar-centrici, invece di riguardare gossip o presunti gossip.
Voce fuori campo: “Deve essere per questo che ci tieni a inserirne comunque nel commento, in modo da non sentirne la mancanza.”
L’Autrice(C): “Non penso che tu possa capire. Il duello tra gli Stenpatrick a cui i campionati americani hanno fatto da contorno negli ultimi anni è stato qualcosa di molto importante per il mio lato di trash-reporter del motorsport.”
Voce fuori campo: “Confermo, non posso capire.”
A proposito degli Stenpatrick, in particolare a una di loro, l’argomento #DanicaDouble è stato (ed è tuttora) ovviamente uno degli oggetti di dibattito che hanno catalizzato maggiormente l’attenzione, specie in ambienti fanboy friendly. Per chi non sapesse di che cosa stiamo parlando, nonostante io abbia già accennato la cosa poco fa, Danica Patrick ha annunciato circa tre mesi fa il proprio ritiro dalle competizioni al termine del campionato 2017 di NASCAR, sostenendo, tuttavia, di volere terminare la propria carriera disputando per un’ultima volta sia la Daytona 500 sia la Indy 500. Il suo sponsor storico, GoDaddy, quello delle vetture verde fluo, ha deciso di sponsorizzarla per gli ultimi eventi della sua carriera.
Purtroppo parlare dell’argomento dimenticandosi che, diversamente dai colleghi, Danica Patrick non possiede un pene sembra non essere contemplato. Purtroppo per lei, inoltre, Danica non è più nei suoi mid-20s, che anzi, sono già passati da un decennio buono. L’atteggiamento del fanbase motoristico nei suoi confronti è più o meno lo stesso atteggiamento che hanno le fungirl nei confronti di Kimi Raikkonen: finché era giovane era figo, adesso ha le zampe di gallina intorno agli occhi, quindi la sua figaggine è sparita nel nulla e sembra che nessuno l’abbia mai trovato figo.
Chiariamo come la penso sulla Patrick come pilota: nelle open-wheel se la cavava (come dimostra il fatto che in Indycar abbia ottenuto una vittoria, un paio di pole position mi pare, alcuni piazzamenti sul podio, una serie di top-ten e che a fine anno occupasse posizioni dignitose in classifica, tbh penso che se non fosse stata una donna, o anche solo non fosse stata una donna attraente, in pochi si sarebbero scomodati di parlare delle sue prestazioni. Il discorso stock car è diverso e, come caratteristica comune ad altri ex piloti di open wheel (che talvolta scelgono la NASCAR per guadagnare più soldi), è riuscita nell’eroica impresa di non cavare un ragno dal buco; l’aspetto più negativo di tutto ciò, inoltre, è che non sembra avere mai dimostrato un miglioramento, nel corso del tempo, e se non fosse stata un personaggio in vista avrebbe molto probabilmente perso un volante full-time molto tempo fa. La conseguenza di tutto ciò è che la sua presenza alla Daytona 500 non mi sembra diversa da tutte le gare di NASCAR che ha disputato finora, non è che fino a novembre 2017 andava bene che ci fosse e adesso, a febbraio 2018, diventa improvvisamente uno scandalo. In realtà sono stati in molti ad avere accolto in questo modo la notizia. Ciò che hanno accolto male è il fatto che vada a gareggiare per un’ultima volta in Indycar e che ci siano dei commenti del calibro di: 3’ Tr0pP0 SkArSa X La iNdYkAr DaT3 1 VoLaNt3 a NeWgArDeN NoN a LeY!!!11!!!1!! ...non mi è chiaro che cosa c’entri Newgarden in tutto ciò dato che un volante ce l’ha e anche in un top team e non c’entra assolutamente nulla con la Patrick, però una cosa mi sfugge. La Patrick ha avuto una carriera dignitosa in Indycar il fatto di non avere avuto una carriera altrettanto dignitosa in NASCAR la rende improvvisamente troppo scarsa per la categoria dove non ha sfigurato (e dove, se proprio vogliamo tirare fuori la questione di non possedere un pene, mi risulta che sia tuttora la donna di maggiore successo, risultati alla mano)? Tra parentesi, mi sembra di essere l’unica persona sulla faccia della Terra che trova romantica l’idea che vada a terminare la propria carriera proprio laddove la sua carriera raggiunse il suo apice. Però se lo dico sono una sua OrRyByLe FaN!!!11!!!1!! perché quando si tratta della Patrick, in apparenza, è consentito essere suoi fan accaniti oppure suoi hater incalliti (anzi, diciamo che è consentito solo essere suoi hater incalliti) e il fatto che possa non fare né caldo né freddo non è contemplato...
...
...
...A quanto pare la Patrick è l’unica persona in grado di far decadere la regola portante della Indycar: “questa non è Formula 1, quindi nessuno dovrebbe mandarti messaggi piccati/ rifiutarsi di interagire con te/ interrompere un’amicizia virtuale se sei tifoso/ hater/ spettatore neutrale di qualcuno, insinuando che tu in realtà voglia nascondere simpatie non consentite”. Consoliamoci con il fatto che tra circa cento giorni la sua carriera nel mondo dei motori sarà terminata.
Danica Patrick non è stata l’unica fonte di attenzione, ma c’è stata anche la fastidiosa questione delle polemiche per l’assenza di piloti statunitensi al volante della Haas in Formula 1. La chiamo fastidiosa questione perché per gli americani (al netto delle dichiarazioni di Gunther Steiner, che approfondirò in un secondo momento, quindi non mettetemi in bocca parole che non ho detto, per cortesia) sembra essere una questione di vita o di morte avere un loro connazionale in Formula 1. Me ne sono già accorta ai tempi di Tumblr, quando le americane stravedevano nel vero senso della parola per Alex Rossi e avevano una visione Rossi-centrica dei gran premi quando Rossi era pilota della Sacra Cenerentola. Ora, il fatto di mettere in primo piano un pilota di un team di ultimissima fascia non è una cosa sbagliata, il punto è che hanno iniziato a farlo dall’oggi al domani anche persone che prima stavano a parlare di quanto il fatto che Vettel stesse battendo Ricciardo nonostante fosse al volante di una vettura scarsa come la Ferrari e Ricciardo fosse al volante di una vettura competitiva come la Redbull era la conferma del fatto che Ricciardo fosse un fenomeno e Vettel uno scarso (mi rendo conto che la frase nel suo complesso appare nonsense, ma quella era un’argomentazione che veniva molto considerata su Tumblr). Ci sono state anche persone, su quel sito di perdizione, che hanno deciso di smettere di seguire la Formula 1 perché la Haas non ha ingaggiato piloti americani fin dalla sua prima stagione. Ad oggi, dalle reazioni che vedo in giro per il web, ho l’impressione di essere una delle poche persone al mondo che trovano normale in fatto che un francese e un danese siano piloti di una squadra statunitense. Perché mai se una scuderia italiana può ingaggiare un tedesco e un finlandese senza che nessuno batta ciglio, una scuderia Made in Usa non può ingaggiare piloti francesi o danesi senza polemiche o senza che l’orgoglio patriottico degli americani venga tradito?
Passiamo a Steiner: secondo lui non c’è nessun pilota americano pronto per la Formula 1, in Indycar. Trovo la sua dichiarazione discutibile, dato che uno degli attuali piloti di Indycar c’è stato e almeno un Will Stevens qualsiasi lo valeva, forse anche di più. Dato che quello comunque pare non interessato a tornarci, in Formula 1, la Haas avrebbe potuto al massimo puntare su un rookie. Una cosa vorrei farla notare: quella di Steiner è un’opinione dalla quale si può dissentire, però la storia insegna che non sempre chi ha fatto bene in Indycar ha fatto bene in Formula 1 e viceversa (per la cronaca, non sto pensando a Montoya, che in Formula 1 ha anche vinto un certo numero di gare e ottenuto numerosi piazzamenti sul podio senza mai dimostrare di non essere pronto, il mio concetto di non fare bene è un tantino diverso), quindi finché non vedremo un pilota americano proveniente dalla Indycar al volante di una Formula 1 non avremo nessun mezzo per stabilire a priori se possa fare bene o no.
Il mondo, in generale, ha ignorato questo aspetto e ha preferito polemizzare. Grazie all’indignazione generale, tuttavia, mi sono accorta di un dettaglio che fino a quel momento avevo ignorato: non filarsi neanche di striscio i piloti statunitensi di Indycar è un crimine contro l’umanità e se ne deve dibattere all’infinito, non filarsi neanche di striscio i piloti di altre nazionalità che corrono in Indycar è la prassi da seguire...
...
...
...perché se la vogliamo dire tutta, la gente che si scandalizza perché Newgarden non ha ricevuto nessuna chiamata da team di Formula 1 venendo costretto a una vita di stenti al volante di un top-team in Indycar, dov’era quando gente del calibro di Dixon non veniva ugualmente considerata? Dov’era all’epoca dei titoli vinti da Power e Pagenaud? Tutta dispersa, immagino, in attesa che il titolo lo vincesse un americano per potersi indignare della poca considerazione ricevuta da costui. #SorryNotSorry.
Finiti gli hot topic, le acque si sono calmate in vista dei test. Il Piccolo Samurai ha fatto registrare il miglior tempo assoluto, ma la prassi è dare ai test la stessa considerazione che viene data ai piloti australiani o francesi che vincono il campionato di Indycar.
Arrivati a questo punto, credo che questo commento possa terminare qui. Ci sentiamo presto, per il commento bonus alla Daytona 500.

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per essere arrivato/a fino in fondo. Se vuoi, fammi cosa ne pensi con un commento. :-) Puoi farlo anche in maniera anonima.

Se sei capitato/a qui per caso ti invito a visitare il mio blog, in particolare le etichette "Commenti ai GP" e "F1 vintage".

Se invece mi leggi abitualmente e sei arrivato/a qui di proposito, ti ringrazio per l'apprezzamento e spero continuerai a leggermi.

Buon proseguimento di giornata (o a seconda dell'orario, di serata, o buona notte). <3

Milly Sunshine