mercoledì 1 maggio 2019

Linea di spartiacque, parte seconda

Non è una questione solo mia, c'è stato un tempo in cui la misurazione del tempo relativa ai fatti del motorsport consisteva semplicemente nel piazzarli prima o dopo la linea di spartiacque del GP di San Marino. Penso che ci sia stato un periodo del passato in cui anche gli eventi della mia infanzia li collocavo inconsciamente come "prima" o "dopo" e ho avuto l'impressione che per molti anni quegli eventi venissero visti come ancora molto vicini nel tempo, nonostante la convinzione dilagante che ormai fosse stato fatto tutto il possibile e che nessuno sarebbe mai più morto in Formula 1.
Per ironia della sorte era proprio la corrente di pensiero che girava prima che qualcuno morisse, venticinque anni fa, ed era una corrente di pensiero che non si era ancora placata la domenica della gara. Alcuni anni va vidi dei filmati del warm up o di interviste avvenute in mattinata, dalle quali sembrava emergere un concetto di fondo così riassumibile: Ratzenberger era morto al volante di una Simtek perché si trattava di Ratzenberger al volante di una Simtek. In parole povere significava che Ratzenberger era troppo inesperto/ troppo scarso/ troppo rookie per tenere una vettura in pista e che la Simtek era una squadra troppo inesperta/ troppo scarsa/ troppo povera per costruire vetture capaci di rimanere in pista, quindi la faccenda poteva essere archiviata senza troppe preoccupazioni.
Ora, ritengo probabile che molti addetti ai lavori non aderissero a questa corrente di pensiero, ma l'uomo della strada che ascoltava un certo tipo di dichiarazioni poteva convincersene in due secondi contati e pensare che l'unico modo possibile per incrementare la sicurezza fosse liberarsi dei rookie e delle scuderie di fondo classifica.

Poi venne il momento della verità: dopo pochi giri di gara Ayrton Senna, tre volte campione del mondo, uscì di pista al volante di una Williams, una delle squadre più titolate in quell'epoca, squadra vincitrice del campionato nelle due passate stagioni con un notevole vantaggio sulla concorrenza.
Ci fu qualche istante in cui in molti si illusero che nulla fosse accaduto, che fosse soltanto una gara andata male, uno zero in classifica che avrebbe potuto pesare alla fine del campionato. Quegli istanti, tuttavia, arrivarono alla loro naturale conclusione non appena fu chiaro che le cose non erano andate come si sperava.
Durante i successivi venticinque anni il revisionismo storico ha stravolto completamente quelle che erano le impressioni della gente dell'epoca prima della gara: secondo i saccenti opinionisti formato web chiunque era consapevole del fatto che una nuova e ulteriore tragedia stesse aspettando dietro l'angolo. I più vecchi di questi può darsi addirittura che fossero quelli che al sabato pomeriggio o alla domenica mattina avevano archiviato i fatti del sabato con un "not a big deal, impossibile che succeda anche a qualcun altro".
Penso che sia molto facile dire, dopo anni, che era facilmente prevedibile che qualcuno sarebbe morto, dopo tutti gli incidenti notevoli avvenuti nei mesi precedenti: Lehto infortunato nei test, Alesi ulteriormente infortunato nei test, ancora una volta accenni al volo di Barrichello...
Uno dei grossi problemi, in realtà, era a mio parere invece proprio il fatto che più capitavano degli incidenti di un certo livello, che si concludevano con infortuni che nei casi peggiori costringevano i piloti a un mese o due di stop, più si arrivava alla conclusione che un infortunio da un mese o due di stop fosse il peggio che poteva accadere in quell'epoca.

Con questo voglio dire che credo che sia un po' inutile stare ad analizzare quello che sarebbe successo se la gara non fosse stata disputata o se anche le stesse qualifiche fossero state annullate dopo la sessione del venerdì.
Dopo la sessione del venerdì non c'era alcuna ragione per cui si dovesse arrivare alla conclusione che il gran premio non potesse essere disputato per questioni di sicurezza.
Dopo la sessione di sabato... beh, credo che sì, come dicono in molti c'era una questione etica che non poteva essere ignorata, ma in ogni caso venne fatto ciò che era stato fatto tante altre volte in passato nella storia della Formula 1, non è che ci fu qualcosa di nuovo. Dal punto di vista della sicurezza, a mio parere, la situazione fu molto travisata, come emerge appunto dai commenti pre-gara. Non sono del tutto certa che si potesse arrivare in qualche modo alla conclusione che tutte le vetture potessero essere inadatte ai circuiti e che, di conseguenza, fosse meglio intervenire prima che fosse troppo tardi. La tentazione di archiviare il tutto come "c'è stato un incidente mortale nelle qualifiche, impossibile che ce ne sia uno anche in gara" era sicuramente molto forte. Allo stesso modo dubito fortemente che si sarebbe arrivati a fare passi avanti così abissali in termini di sicurezza negli anni a venire se in quel weekend non ci fossero stati ben due incidenti mortali e uno di questi non avesse riguardato essenzialmente uno dei veterani della F1 nonché il più titolato presente in pista a quell'epoca.
Credo che quanto accaduto in quel weekend possa essere giudicato per quello che appare, ma che sia necessario rendersi conto di quale fosse la mentalità dell'epoca. Non nego che la questione dei big money abbia avuto una rilevanza abissale, questo no. Però non credo nemmeno che il modo in cui fu gestito quel weekend fosse incoerente con le valutazioni che potevano essere fatte dagli addetti ai lavori a quei tempi. Più che la decisione di far partire comunque la gara mi stupisce piuttosto quella di farla riprendere dopo la bandiera rossa: a quel punto sì che doveva essere chiaro e lampante che i problemi di sicurezza non dipendevano soltanto dal fatto che Ratzenberger fosse un rookie con poca esperienza al volante di una vettura di cui nessuno conosceva l'esistenza fino a quel momento. Se devo interrogarmi su qualcosa, piuttosto mi chiedo perché la gara non fu definitivamente sospesa, senza riprendere più avanti.
Anche dal punto di vista dei big money, si trattava di una gara che già stava venendo trasmessa (senza problematiche di diritti televisivi) e che risultava già valida per il campionato (quindi non c'erano spettatori da rimborsare come in caso di annullamento), quindi la semplice questione economica non può essere scomodata a cuore leggero tanto quanto nel caso dell'annullamento della gara già al sabato.

Dall'epoca ricordo l'incidente, ricordo i commenti che fece mia madre e ricordo vagamente che mia madre mi spiegava che le monoposto facevano una velocità di circa tre volte superiori rispetto a quella delle auto stradali sulla strada che facevamo quando andavamo al mare, quindi era normale che potessero accadere degli incidenti.
Non penso che saprei dire dettagliatamente che cosa io ricordi dall'epoca, perché vidi video e foto di quell'incidente in TV o sui giornali anche negli anni a venire, in occasione dell'anniversario di quel gran premio oppure semplicemente dell'avvicinarsi di Imola: a parte quello che ho detto, non saprei quali altri ricordi mi siano rimasti genuinamente da quell'epoca e che cosa io invece ricordi da dei replay visti in un secondo momento.
Non saprei dire quando, con esattezza, scoprii che cosa fosse successo. Quel pomeriggio andai a uno spettacolo di burattini che c'era nel mio paese a quell'epoca, quindi non penso di avere visto nulla di quello che successe dopo il restart e probabilmente nemmeno quello che successe durante l'interruzione della gara. Ricordo che all'epoca delle scuole elementari sapevo che Senna era morto e sapevo anche dove e quando. Per forza di cose qualcuno doveva avermelo detto o io dovevo averlo sentito dire da qualcuno, ma su questo ho sempre avuto il vuoto più totale.
Ricordo che fino al 2000 pensai che fosse morto al volante di una McLaren. Chiaramente i colori non erano quelli di una McLaren, ma ho sempre fatto un po' di confusione quando si trattava di ricordare i colori delle vetture durante la mia infanzia, specie considerando che fino a quei tempi tendevo ad associare i nomi dei piloti alle vetture che guidavano, senza avere la più pallida idea di quale fosse il loro aspetto (in più anche le livree delle vetture dello stesso team cambiavano nel corso del tempo, quindi era possibile che associassi una livrea diversa al team sbagliato). Nel 2000 una volta, parlando di F1 con mio padre, citai il fatto che Senna fosse morto su una McLaren e mio padre mi disse che in realtà era morto su una Williams, al volante della quale ricordavo bene il solo Hill.

Nel corso degli anni il mio ricordo di quel fine settimana che spezzò in due parti il tempo condizionò, e non poco, le mie convinzioni sul motorsport. Più il tempo passava e più mi sembrava una benedizione il fatto che non ci fossero stati ulteriori incidenti mortali dopo il 1994. C'era chi, invece, essendo più giovane di me o avendo iniziato a seguire la F1 soltanto in un secondo momento, mi sembrava che lo prendessero come un dato di fatto, perché per loro i passi avanti fatti in termini di sicurezza rendevano impossibile che potesse accadere di nuovo.
Molti aderivano con convinzione alla teoria secondo cui non solo da un incidente mortale al sabato si poteva dedurre con certezza che ce ne sarebbe stato uno alla domenica, ma anche che già al venerdì si sarebbe potuto dedurre con certezza che ci sarebbero stati degli incidenti mortali in quel weekend. Mi sembravano del tutto inconsapevoli che già a quell'epoca, a un certo punto, si era arrivati alla convinzione che ci fosse un livello di sicurezza tale per cui nessuno sarebbe più potuto morire durante un gran premio.
Quando ormai erano passati molti anni da Imola 1994, in generale, c'erano due diverse scuole di pensiero su quale sarebbe potuta essere la causa di un incidente mortale in Formula 1 nel nostro secolo. La teoria che andava per la maggiore era che potesse accadere in caso una vettura si fosse ribaltata e, a testa in giù, la parte superiore fosse ceduta provocando un trauma cranico al pilota al momento dell'impatto con l'asfalto: probabilmente è per questo che al giorno d'oggi ci sono vetture solide al punto tale da rimanere intatte strisciando per terra se finiscono a testa in giù. In seguito un'altra possibilità veniva vista in un detrito di dimensioni abbondanti che colpisse il pilota sul casco: probabile ragione per cui al giorno d'oggi i caschi sono più resistenti di quelli di un tempo e per cui è uscita la questione del cupolino/ dell'halo.
Alla fine nessuna di queste teorie era esatta, il che conferma l'ipotesi che facevo il giorno in cui scrissi un post sui vent'anni di San Marino 1994: la sicurezza può fare progressi enormi, ma non si potrà mai affermare che il rischio di incidenti mortali si sia completamente annullato. Il miglioramento della sicurezza avviene sulla base di quello che è successo in passato, di quello che succede in altre serie e di quello che si pensa possa succedere: a sfuggire sono i dettagli sui quali non si interviene, perché appunto sono dettagli.
Non è romantico, non è una bella consapevolezza, perché se ci fossimo appassionati a qualche sport in cui il pericolo è nullo forse sarebbe stato meglio, ma è così che sembra funzionare questo mondo...

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