martedì 22 novembre 2022

Quando la storyline di "Titanic" di James Cameron all'improvviso ricorda il motorsport

Carissimi halo che rovinano la linea delle monoposto rendendole brutte, oggi vi porto con me in uno di quei viaggi contorti in cui mescolo il motorsport con altre cose. Non temete, presto parlerò del gran premio finale della stagione, del ritiro di Vettel, della stagione di Formula 2 e di quant'altro, prima però, vorrei fare questa piccola digressione. Domenica sera, dopo cena, ho rivisto "Titanic" che veniva trasmesso su Canale 5. Il film uscì quando avevo nove anni, la maggior parte della gente della mia età se lo vide al cinema o in VHS nei mesi successivi, io non fui una di quelle persone e lo vidi per la prima volta quando ne avevo dodici o tredici e il film passò in TV. Conosco persone che se lo rivedono ogni volta in cui viene passato in TV, ma io non sono una di queste. Penso che quella di ieri sera sia stata la quarta volta che l'ho visto in 20+ anni e la penultima fu qualche anno fa quando lo rividi insieme a una mia amica che a suo tempo era stata una fan sfegatata del film al punto da guardarselo in VHS mediamente una volta alla settimana. Inutile dire che riguardandolo rievocammo più che altro i vecchi tempi più che fare effettiva attenzione al film.
Ebbene, ieri sera forse per la prima volta nella mia vita l'ho visto riflettendo ciò che vedevo e paradossalmente vi ho trovato alcune analogie con la Formula 1 e anche con il suo fanbase, sia nel modo in cui viene percepito il film sia negli eventi del film stesso. Inizierò dalla percezione.

Si tratta di un film che descrive una tragedia, in certi momenti anche in modo abbastanza brutale e violento: le operazioni di salvataggio vengono letteralmente gestite cercando di rinchiudere i passeggeri poveri ai piani bassi della nave affinché i ricchi abbiano più facilmente accesso alle poche scialuppe, si vede gente che non ha problemi ad abbandonare gli altri a loro stessi o cercare di sopraffarli per anche una minima fugace speranza di cavarsela, gente che pensa di potersi comprare la salvezza e alla fine, addirittura, una donna che a bordo di una scialuppa con posti ancora disponibili, sostiene che dovrebbero tornare indietro a cercare di salvare persone cadute in mare e viene messa a tacere dalle compagne di sventura quando fa notare loro che tra le persone in mare potrebbero esserci anche dei loro familiari. A questo si uniscono contrasti sociali e una protagonista femminile di alta estrazione sociale che riesce per la prima volta ad essere felice quando si ritrova a interagire con persone di una classe più povera. Insomma, c'è molto di più di "una storia d'amore tra un figonehhhh beliximohhhh e una figonahhhh beliximahhhh", che è quanto è sempre stato colto fin dai primi tempi dal pubblico in prevalenza infantile e adolescenziale. Questa visione ha finito a mio parere per sminuirne molto i contenuti e a far sì che fosse considerato un film per "ragazzine romantiche". Mi sembra un po' la visione drivertosurviver della Formula 1, quella che la svuota quasi totalmente dai suoi contenuti per focalizzarsi sui pilotihhhh fighihhhh come modello da cercare di replicare.

Veniamo invece al film e alla sua trama. C'è un contrasto tra passeggeri di prima e terza classe, la prima classe vista dai poveri come qualcosa di inarrivabile, la terza vista dai ricchi come praticamente feccia che può essere tranquillamente eliminata e rimpiazzata da altra feccia. Ci ho visto un po' il contrasto tra i team di alta fascia e quelli delle retrovie, visti come una sorta di zavorra necessaria, ma che può essere messa da parte non appena ci sono da tutelare gli interessi dei top. Altro tipo di contrasto sociale è quello tra ricchi di origine nobile (o semplicemente gente di origine nobile che ostenta ricchezza pur essendo indebitata) e quello tra i ricchi di estrazione non nobile, due categorie che tuttavia tendono a mescolarsi e a confondersi - la stessa protagonista di una famiglia nobile decaduta viene promessa in sposa a un imprenditore che possiede delle acciaierie. Anche questo mi sembra possa avere una sorta di rappresentazione nella Formula 1, ad esempio quando squadre dal nome blasonato ma in nette difficoltà economiche o di risultati cercano di unire il proprio nome a quello o di motoristi storici, o di sponsor storici, o anche a quello di piloti dai nomi altisonanti. Sia nel motorsport sia nel film entrambe le parti possono ottenere vantaggi da questo tipo di partnership e solo ed esclusivamente per tale ragione non rimangono universi separati gli uni dagli altri, con una sorta di rispetto reciproco che in realtà è dettato più che altro da questioni di facciata.

Passiamo oltre, concentrandoci sul valore percepito della vita umana: una parte dei passeggeri di terza classe a un certo punto vengono letteralmente rinchiusi dentro a un cancello perché la loro vita non è considerata alla pari con quella dei passeggeri abbienti. Questo mi ha ricordato molto il fatto che, nella Formula 1 specie vintage quando incidenti gravi o mortali erano ancora la prassi, veniva dato poco peso alla vita e all'incolumità dei piloti fintanto che erano backmarker o comunque gente considerata come non importante. Perfino i musicisti che continuano a suonare imperterriti fino alla fine, dopo essere inizialmente stati istruiti di intrattenere i passeggeri e poi avere realizzato che nessuno li sta più ascoltando (il che per loro ammissione non è diverso da quello che succede quando suonano a cena) hanno addosso l'aura di chi è "morto facendo ciò che amava". Ma il top credo che arrivi con il numero di scialuppe di salvataggio sufficienti al massimo per la metà dei passeggeri presenti. La scelta viene detto sia stata dettata dal fatto che la presenza di un maggior numero di scialuppe era brutta perché rovinava la linea della nave, che comunque era già abbastanza solida e sicura così com'era. Vi ricordano qualcosa queste parole? Ebbene chiudiamo questo post così, con un'analogia con la faccenda dell'halo brutto che rovinava la linea delle monoposto.


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