venerdì 17 ottobre 2025

La ricerca smodata dello spettacolo a ogni costo

Leggendo post che commemoravano la morte di Dan Wheldon, avvenuta il 16 ottobre 2011, ho maturato la convinzione che non si parli molto delle circostanze che hanno condotto a questo tragico evento. Eppure, per quanto le "linee guida dello spettacolo" del tempo non fossero tali e quali a quelle contemporanee, la spettacolarizzazione a ogni costo è qualcosa alla quale assistiamo tuttora, seppure in altri luoghi e con altre forme, guardacaso da quando c'è una proprietà americana.
A Las Vegas, quel giorno di ottobre, doveva svolgersi l'ultima gara della stagione. Un finale di campionato e la relativa lotta per il titolo - che spesso in Indycar rimane aperta fino alla fine - dovrebbe già essere di per sé qualcosa che catalizza l'attenzione, eppure a quanto pare non era sufficiente, con mesi d'anticipo è stato annunciato un premio speciale di cinque milioni di dollari per un pilota esterno al mondo dell'Indycar che avesse vinto la gara partendo ultimo.
Bello incentivare la partecipazione di piloti di altre categorie, non lo si può negare, ma ridurre il tutto a "prendiamo dentro piloti random perché noi siamo i più cool e offriamo big money a chi daràhhhh spettakolohhhh" mi pare che svilisca e non di poco le logiche di quello che dovrebbe essere un finale di stagione.

La ricerca dello spettakolohhhh a ogni costo ha subito un brusco intoppo quando la partecipazione di piloti provenienti da altre categorie non è andata in porto. Ci si è ridimensionati: non serviva più un pilota di un'altra categoria, era ben accetto anche un pilota part time. Dan Wheldon, che aveva partecipato alla sola Indy 500, ottenendo la vittoria in un rocambolesco finale nel quale J.R. Hildebrand si era spalmato contro il muro a pochi metri dal traguardo, e che nel 2012 avrebbe dovuto tornare full time con Andretti prendendo il posto di Danica Patrick prossima al passaggio definitivo in NASCAR, ha accettato l'offerta ed è stato annunciato che avrebbe disputato gli eventi finali della stagione con il team di Bryan Herta.
Wheldon, che avrebbe disputato anche il penultimo evento stagionale in Kentucky, intendeva dividere l'eventuale vincita con un tifoso estratto a sorte. Giunto a Las Vegas, con una griglia piena di monoposto vista la presenza anche dei part time, si è qualificato ventinovesimo, anche se ssrebbe partito ultimo come già specificato. C'erano trentaquattro iscritti totali, non il massimo per un circuito che non era proprio concepito per avere al via un numero simile di vettura: era la griglia più vasta fin dall'epoca dello split, quando alla Indy 500 erano partiti in trentacinque, e non su un tracciato delle dimensioni di Indianapolis.
Dario Franchitti e Will Power erano 1/2 in classifica e si giocavano il titolo, ma Franchitti e Power who? I due partivano a centro gruppo, ma abbiamo già capito che erano considerati irrilevanti. Tony Kanaan, partito dalla pole position, si è involato in testa, seguito da tutto il gruppo. Le vetture erano molto vicine, con piloti spesso affiancate. Entrambi i championship contenders, nel frattempo, erano precipitati nelle retrovie.

Una gara con le vetture molto vicine spesso fa sì che vi siano contatti o incidenti. Se le vetture sono trentaquattro, anziché un numero che sia proporzionato al tipo di circuito, le possibilità che si scateni il caos sono superiori. Quella gara, infatti, non è mai stata convalidata, perché redflaggata e mai ripresa dopo undici giri, ben lontani dal 50% di percorrenza che rende valide le gare americane.
Sembra che un primo contatto con un'altra vettura abbia fatto sì che Wade Cunningham perdesse il controllo e che Hildebrand gli abbia cozzato contro, finendo per essere scagliato in aria. Cunningham è finito a muro, non prima che anche Jay Howard e Townsend Bell si incrociassero con la traiettoria della sua auto fuori controllo.
Il tentativo di Vitor Meira di evitare le vetture già incidentate è risultato in un testacoda che ha coinvolto E.J.Viso e Charlie Kimball. Tentativi simili da parte di Tomas Scheckter e Alex Lloyd hanno visto i due essere colpiti rispettivamente da Paul Tracy e Pippa Mann. Anche quest'ultima è finita in volo, impattando contro le barriere.
Dietro di loro sopraggiungevano anche Wheldon e Power, i quali hanno cozzato rispettivamente contro le auto di Kimball e Lloyd. Anche loro hanno preso il volo finendo sulle barriere.
Anche Buddy Rice, James Jakes e Victor Meira, che sopraggiungevano dietro di loro, sono rimasti coinvolti, seppure in proporzioni minori, nell'incidente, per un totale di quindici macchine.
La scena era devastante: rottami e detriti ovunque, fiamme, auto squarciate. Il bilancio poteva essere devastante, ma su quindici piloti coinvolti, se non altro undici ne sono usciti illesi. Non è stato il caso di Power, Hildebrand e Mann, tutti e tre feriti e trasportati in ospedale. E soprattutto non è stato il caso di Wheldon, che ha riportato gravi ferite alla testa, che sono risultate fatali. Due ore dopo, con l'annuncio della morte del pilota inglese, è stata ufficializzata anche la non ripartenza.


Il circuito era stato criticato dai piloti e definito inadatto alle gare di Indycar. Le vetture presenti erano trentaquattro, perfino più di quelle che gareggiano a Indianapolis, un circuito decisamente più ampio e capace di contenerle. C'erano anche piloti piloti con poca esperienza e, per quanto la cosa non sia andata in porto, tutto era iniziato con la baracconata di volere offrire un premio milionario a un pilota NON DI INDYCAR che avesse vinto la gara accettando di partire ultimo.
Il fatto che a morire sia stato proprio un pilota non full time di Indycar che aveva in seguito accettato la sfida è stato frutto di una semplice fatalità, ma il semplice fatto che sia proposta una partenza dall'ultima posizione per puntare a una vittoria improbabile è, a mio avviso, un segno di come si sia scelto un approccio orientato al mero spettacolo, fingendo che quello che già significa la gara conclusiva della stagione non potesse essere spettacolare in quanto tale.
Penso che si possano avere diverse percezioni di quale sia il grado di rischio tollerabile, ma che non si dovrebbe mai scegliere deliberatamente e intenzionalmente di AUMENTARE il pericolo in nome dello spettacolo e che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nel trattare i piloti come se fossero marionette da trasformare all'occorrenza in carne da macello per compiacere chi altrimenti si lamenterebbe della garahhhh noiosahhhh. Purtroppo, la tendenza odierna sta andando in questa direzione, dimenticando i casi in cui qualcosa del genere è già successo.



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Milly Sunshine