venerdì 8 aprile 2016

Riflessioni del venerdì sera sui figli d'arte nel motorsport

C'è stato un tempo (di qualche anno antecedente all'epoca in cui andavo in giro per Answers Yahoo a declamare la mia spiccata ignoranza in fatto di piloti) in cui provavo un'avversione viscerale per i figli d'arte nel motorsport, senza motivi ben precisi, ritenendogli degli scarsi così, a prescindere, per partito preso, basandomi su "dati di fatto" di memoria selettiva simil-tifoso da bar (ad esempio basando tutta la carriera di Damon Hill in F1 sul 1999, oppure fingendo di non vedere i primi due anni di Jacques Villenenve in Formula 1, figurarsi andare a informarmi sui suoi risultati in Formula Cart).
All'epoca della mia avversione per i figli d'arte, che ritenevo rubassero il volante ad altri piloti più talentuosi (suvvia, adesso non chiediamoci  esattamente quali altri piloti talentuosi, dato che non conoscevo altro che quelli che c'erano in Formula 1 in quel momento, prendiamolo come un dato di fatto), dove peraltro i figli d'arte scarseggiavano. Poi la mia avversione si è calmata ed è sparita letteralmente da un giorno all'altro perché è accaduto l'impensabile: vorrei quindi esprimere un sentito ringraziamento a Markus Winkelhock per avermi aperto gli occhi e avermi fatto capire che a volte i figli d'arte possono essere personaggi pittoreschi. Il riconoscere che all'interno di una categoria possano esserci personaggi pittoreschi è, per me, il primo passo verso l'eliminazione di ogni antipatia per la categoria e per il riconoscimento che, chi non è un personaggio pittoresco, può essere comunque un personaggio normale.

La ragione per cui detestavo i figli d'arte era la mia convinzione che fossero piloti senza vera passione per i motori che tutto ciò che ottenevano, lo ottenessero per il cognome. E invece no, non c'è nulla di più sbagliato del mio ragionamento, per diversi fattori.
1) Il cognome può sicuramente spalancare la strada a un pilota, ma, oltre a non essere l'unico fattore che spalanca la strada a un pilota, non garantisce per i suoi risultati. Quando il pilota appoggia il fondoschiena sul sedile è lui che deve dimostrare di avere i numeri, non suo padre, suo zio, suo fratello, suo nonno o non so chi altro.
2) Il legame tra essere figlio di un ex pilota e il non avere "vera passione" non saprei da dove derivi. Anzi, credo che la maggior parte dei figli d'arte che sono arrivati in alto, avessero abbastanza soldi per decidere di trascorrere tutta la loro vita a prendere il sole in piscina. Anzi, il fatto di essere figli di piloti di un certo livello e di essere in molti casi cresciuti nell'ambiente del motorsport fin dalla prima infanzia è probabilmente la causa scatenante della loro passione.
3) Il concetto di "figlio d'arte" è abbastanza labile: per "figlio d'arte nel motorsport" si intende "figlio di un pilota celebre che ha gareggiato in Formula 1 o in altre serie motoristiche molto rilevanti".
4) Il cognome è un'arma a doppio taglio: se da un lato aiuta, dall'altro, specie se tale cognome è molto risonante, perché la pressione e le aspettative saranno incredibilmente alte.

Prendiamo per esempio il 17enne Mick Schumacher, che in questo weekend gareggerà per la prima volta nella Formula 4 italiana. Ha alle spalle una sola stagione nella Formula 4 tedesca (in cui gareggerà anche quest'anno) e, se non si chiamasse Mick Schumacher, sarebbe un perfetto sconosciuto e a nessuno importerebbe un bel nulla di lui. Il fatto di essere figlio di Michael Schumacher, invece, è un catalizzatore di attenzione (in realtà non solo per lui, ma anche per le serie in cui gareggia, che altrimenti interesserebbero soltanto a una cerchia molto più ristretta di persone e avrebbero una risonanza molto minore), che è molto positivo. Ma allo stesso tempo questo ragazzo che cosa dovrà fare per dimostrare il proprio valore? Durante la sua carriera sarà mai considerato come individuo a sé stante invece che "il figlio di Michael Schumacher"?

Qualche segnale incoraggiante per i figli d'arte lo vedo, specie il fattore nostalgico che entra in gioco nel rivedere cognomi già noti.
Di recente, a meno che io non abbia iniziato a soffrire di allucinazioni sonore, durante una telecronaca della Formula 1 (Australia, direi) ho sentito menzionare il fatto che attualmente ci siano in Formula 1 "quattro figli d'arte, Sainz, Verstappen, Magnussen e Palmer" (anche se dubito che i tifosi mainstream siano favorevoli al considerare figlio d'arte anche Sainz Jr in quanto figlio di un rallysta).
1) La cosa era vista con un'accezione positiva, mentre solo qualche anno fa tutta questa positività non credo che ci sarebbe stata.
2) Fin da quando ho sentito (o mi è parso di sentire) quella frase ho avuto l'impressione che in quell'affermazione ci fosse qualcosa di stonato.
3) Solo in questo momento, a venti giorni di distanza, e solo perché sto scrivendo questo post, mi sono resa conto di che cosa.

Tornando allo specifico caso di Mick, credo che essere figlio di Michael Schumacher sia più difficile, dal punto di vista della pressione mediatica, che essere figlio di qualunque altro pilota. Se nel migliore dei casi Mick dovesse rivelarsi un talento e magari arrivare in Formula 1 o in qualche altra serie molto rilevante e avere risultati anche ottimi, ci sarebbe sempre qualcuno che concluderebbe che "è un brocco perché ha vinto meno del padre" (perché, anche nell'improbabile caso in cui Mick dovesse arrivare a quei livelli - per la legge dei grandi numeri, di piloti che vincono un numero considerevole di titoli ce ne sono pochi, figurarsi averne due all'interno della stessa famiglia - prima di arrivarci avrebbe sempre vinto di meno). E' questo lo svantaggio che Mick ha nei confronti dei suoi colleghi: gli altri saranno valutati con un metro di giudizio diverso.
Dal punto di vista mediatico, inoltre, credo che, qualunque cosa dirà, riceverà delle critiche. Dovesse affermare pubblicamente che vuole essere giudicato per quello che è e non per il cognome che porta, verrebbe accusato di rinnegare suo padre, mentre se dovesse parlare del padre correrebbe il rischio di essere accusato di servirsi del suo nome per farsi pubblicità.

In conclusione credo che Mick Schumacher sia l'ennesima ragione per cui, oltre a trovare discutibile la mia mentalità passata, mi rendo conto di quanto sia importante riflettere prima di pronunciare affermazioni da bar.

2 commenti:

  1. Bèh, non sono mica solo 4 i figli d'arte attualmente in F1. Ci sono anche Rosberg e Button.

    Comunque il punto l'hai centrato. I figli d'arte nel motorsport possono avere aiuti ma sono più esposti alle critiche rispetto alla media generale. Sarebbe bello se i cosiddetti fans riuscissero a non pensare alla parentela quando guardano una corsa...

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  2. Bèh, non sono mica solo 4 i figli d'arte attualmente in F1. Ci sono anche Rosberg e Button. ---> Appunto, era questo il mio discorso: i figli d'arte che sono stati citati erano quattro perché chi ha un padre meno famoso degli altri non viene classificato come tale (cfr. Button) o perché chi ha comunque una carriera abbastanza lunga con risultati medio-alti viene considerato come "individuo a sé stante" piuttosto che come figlio d'arte (cfr. Rosberg). ^^

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