La seconda e ultima parte del breve racconto in due puntate di cui potete leggere la prima parte in questo post: LINK.
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| Grazie ChatGPT per la copertina |
La follia della sera precedente era ormai dimenticata. Oliver non riusciva a spiegarsi le ragioni per cui si fosse messo a flirtare con Tina Menezes, pressoché una sconosciuta, che aveva incontrato per caso. Non gli era mai successo prima, non era mai stato così audace. Aveva sempre creduto che l'attrazione fondasse le proprie basi su una conoscenza reciproca e che non fosse dettata dal caso. La Menezes era riuscita, chissà come, a stravolgere il suo modo di pensare, ma si era trattato di una sera appena. Era certo che anche Tina si fosse già messa alle spalle tutto, concentrata com'era su ciò che avrebbe dovuto fare quel pomeriggio.
La richiesta dello sponsor era sgradevole. Se Tina non fosse stata una donna, non le sarebbe mai stato richiesto niente di tutto ciò, o almeno, non le sarebbe mai stato chiesto di baciare nello specifico un altro pilota. Non era da escludere che, durante gli eventi promozionali, ad alcuni suoi colleghi uomini fosse richiesto di mostrarsi in atteggiamenti intimi in compagnia di hostess spesso vestite in maniera succinta. Quello che per molti poteva apparire come un'enorme fortuna, per chi ne era protagonista poteva apparire imbarazzante, specie se felicemente fidanzato o sposato.
C'era inoltre chi sbraitava contro le donne immagine, tacciandole di sottostare alle regole di un mondo maschilista, ma si parlava solo di chi di propria spontanea volontà e senza alcuna costrizione intraprendeva la carriera di modella, mai di chi, come la Menezes e Serrano, in nome di una carriera che nulla aveva a che vedere con l'immagine, doveva vendere comunque la propria immagine affinché il marchio che vestivano potesse essere messo in mostra.
Per Tina sarebbe stato un fine settimana triste, in cui avrebbe dovuto piegarsi alla volontà di chi metteva denaro su un piatto d'argento. Certo, non era del tutto scontato: il suo compagno di scuderia si era classificato ventiduesimo nella sessione cronometrata. Le possibilità che quel pomeriggio fosse in gara e non sul balcone insieme a Tina erano remote, ma non inesistenti. In ogni caso, sulla griglia di partenza sarebbero state presenti venti vetture. Si faceva un gran parlare del fatto che il pilota classificato ventunesimo, in rotta con la squadra per la quale gareggiava, avesse già lasciato il circuito, dopo l'ennesima polemica con il team, che sembrava intenzionato a sostituirlo con un pilota d'oltreoceano negli eventi successivi che si sarebbero svolti in nord America. Qualora uno dei venti qualificati non avesse potuto prendere parte alla gara, per qualsiasi ragione, quel pomeriggio, Manuel Serrano sarebbe verosimilmente stato chiamato a partire dall'ultima casella della griglia, in qualità di primo sostituto disponibile.
Come spesso accadeva in simili circostanze, il pilota brasiliano sarebbe stato mandato in pista durante il warm up, proprio perché la probabilità di essere chiamato a disputare la gara era bassa, ma comunque esistente. Tina non ci sarebbe stata. Per lei, l'essere promossa tra i partenti era del tutto impossibile.
Accanto a Oliver, comparve di colpo Emma Dupont, una collega che lavorava per un'altra televisione. Era una donna di bell'aspetto, che di solito prendeva parte a servizi in studio, con probabile soddisfazione dei telespettatori. Quel giorno invece, esattamente come lui, aveva al collo un pass che le consentiva di stare in pitlane. I suoi entusiasti si sarebbero dovuti accontentare di vederla soltanto di sfuggita, qualora avesse incastrato qualcuno, costringendolo a rispondere alle sue domande.
«Ehi, Fischer.»
«Buongiorno, Emma. Anche tu a caccia di dichiarazioni dell'ultimo minuto?»
La Dupont sorrise.
«Tu, invece, di cosa sei a caccia? È da dieci minuti che guardi verso uno specifico box. Se non ti conoscessi, direi che ti sei innamorato della Menezes.»
Per quanto Oliver non provasse un sentimento così forte nei confronti di Tina, quelle parole lo fecero sussultare. Era come se Emma avesse intuito i suoi pensieri, nonostante fosse totalmente all'oscuro dei fatti della sera precedente. Cercò di sviare l'attenzione dalla Menezes, affermando: «Sono in grado di dividere il lavoro dalla vita privata, io.»
Emma replicò, con decisione: «Anch'io.»
Oliver non ne era del tutto convinto. Non solo la Dupont era sposata con Keith Harrison, ma in passato aveva anche dato scandalo per una relazione con Patrick Hermann, prima che questo mettesse la testa a posto e conoscesse Selena Bernard.
Emma parve nuovamente leggergli nella mente e puntualizzò: «Se fai un certo lavoro, è facile avere a che fare con persone del tuo stesso ambiente. Io non ho fatto altro negli ultimi quindici anni.»
Oliver fu costretto ad ammettere che, almeno da quel punto di vista, la Dupont aveva ragione.
Questa proseguì: «Rimarrò accanto a Keith anche quando non ne farà più parte, dato che prima o poi succederà, se stai insinuando il contrario.»
Quelle parole colpirono Oliver, molto più dell'accenno al ritiro di Harrison che, a rigore di logica, prima o poi sarebbe arrivato. Non aveva mai fatto nulla che potesse dare l'impressione di non credere nel legame tra la Dupont e il marito. Giudicare le persone per la loro vita privata, inoltre, era l'ultimo dei suoi pensieri e, anche sul lavoro, preferiva evitare di divulgare eventuali pettegolezzi su personaggi pubblici che inevitabilmente gli arrivavano di tanto in tanto alle orecchie.
«Non mi pare di avere insinuato alcunché» si difese, con fermezza.
«Ti conosco, Fischer» ribatté Emma. «Sei sempre stato un affezionato sostenitore di Hermann e, in quanto tale, cerchi sempre di screditare chiunque abbia cercato di metterlo in mostra per quello che era, senza idealizzarlo. Io l'ho fatto e sono in tanti a non avermelo mai perdonato.»
La teoria della Dupont era ben lontana dalla realtà. Oliver aveva le proprie buone ragioni per provare una certa predilezione per Patrick Hermann, ma non apprezzava né il fatto che, prima di Selena, avesse messo in mostra la propria incapacità di avere una relazione stabile facendone motivo di vanto, né si fosse messo in mezzo a chi invece una relazione stabile ce l'aveva, come Emma e Keith. Il fatto che Emma fosse la donna di uno dei suoi avversari non gli aveva fatto né caldo né freddo e, anzi, proprio il fascino del proibito l'aveva portato su quella strada, unito alla volontà di danneggiare il rivale.
Era una vecchia storia e Hermann aveva mostrato una personalità molto diversa, nelle sue ultime settimane di vita, ma Oliver non era mai stato eccessivamente indulgente nei suoi confronti, semplicemente si era limitato a parlare di lui come pilota, ignorando la sua vita sentimentale. Era un giornalista sportivo, del resto, non scriveva per un tabloid.
Il fatto che anche Emma si fosse impegnata in quella che, a conti fatti, si era rivelata una relazione sbagliata e controproducente non lo riguardava. Se questa era tornata da Harrison subito dopo la fine della storia con Hermann, allora Keith doveva essere il suo vero amore. Era contento per lei, che fosse riuscita a trovare un equilibrio e che avesse, almeno in apparenza, una vita di coppia felice. Screditare quello che c'era tra lei e il marito non era mai stato nemmeno un suo lontano pensiero e non l'avrebbe fatto neppure se fosse stato convinto che Emma non tenesse davvero a lui: i fatti della Dupont e di Keith Harrison non lo riguardavano affatto.
Ci tenne a precisare, nella speranza che fosse sufficiente a convincere la collega: «Non idealizzo Hermann e quello che è successo tra voi non mi tocca, esattamente come quello che hai fatto tu dopo che vi siete lasciati.»
«Ne abbiamo già parlato» obiettò Emma. «Mi hai dato l'impressione di nascondere quello che pensi davvero.»
Oliver ribatté: «Pensa, proprio ieri sera un tale che lavora per un team di cui preferisco non fare nomi mi ha scambiato per un maniaco perché mi trovavo a pochi metri di distanza da una certa donna. A volte le impressioni sono sbagliate, non credi?»
Sul volto di Emma comparve un sorriso malizioso.
«Per caso quella donna era Tina Menezes?»
«Mi dispiace, ma questo non è affare tuo» replicò Oliver.
Emma annuì.
«Hai ragione, te lo devo concedere. Però resta il fatto che, secondo me, nascondi quello che pensi davvero delle persone.»
Oliver obiettò: «Forse, in un mondo in cui tutti sono convinti che il loro parere personale debba essere sbandierato ai quattro venti, mi rendo conto che la collettività non prova alcun interesse per certe mie opinioni. Perché mai dovrei mettermi a dibattere di fatti che non mi riguardano minimamente solo perché magari, qualche volta, mi è capitato di rifletterci?»
Emma insisté: «Questa non è forse una giustificazione, peraltro anche un po' banale?»
«Non posso impedirmi di pensare. Posso solo impedire che i miei pensieri diventino di dominio pubblico, se non sono degni di interesse. Questo è quanto.» Oliver cercò di congedarsi. «Adesso, se permetti, dovrei andare a lavorare.»
«Non ti trattengo.»
«Buona giornata, Emma.»
«Buona giornata anche a te.»
Oliver le voltò le spalle, per poi essere trattenuto.
«Fischer?»
«Cosa c'è ancora?»
«Io e Keith siamo una coppia affiatata. Lo amo ancora come se fosse il primo giorno.»
Non intromettersi nei fatti altrui era importante per Oliver, ma le provocazioni di Emma Dupont gli rendevano difficile attenersi al proprio mantra.
«Se lo amavi così tanto, ai vecchi tempi» replicò, «Perché a un certo punto l'avevi scaricato per metterti insieme al suo più grande avversario?»
Emma gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Lo vedi? Finora non mi avevi mai posto questa domanda.»
«Non te l'avevo mai posta perché non ritenevo necessario scoprirne la risposta» rispose Oliver. «Anzi, oltre che non essere necessario, non ha alcuna importanza per me. Ti stavo dicendo proprio questo, prima. Non mi nascondo. Semplicemente non mi occupo di ciò che non mi riguarda. Mi sembra che possiamo concordare sul fatto che sia quello l'atteggiamento più corretto, e non il chiederti spiegazioni sulle tue relazioni sentimentali.»
Di fronte a quelle parole, Emma finì per cedere: «Hai vinto tu, Fischer.»
Si salutarono. Oliver era ormai pronto per passare oltre e si augurava che lo fosse anche Emma. La Dupont non lo trattenne, lasciandolo libero di concentrarsi finalmente sul proprio lavoro. Mancavano ormai pochi minuti all'inizio dell sessione, andare a raccattare qualche voce si faceva sempre più complicato. Non ebbe grande successo e fu costretto ad accontentarsi di intervistare un paio di portavoce.
Gli capitò di intravedere Manuel Serrano, nella sua tuta bianco latte con pacchiani loghi dai colori sgargianti, mentre si calava nell'abitacolo. Non poté lasciare da parte le riflessioni a proposito del bacio sul balcone.
Con tutta probabilità, se la legge del caso avesse richiesto la sua presenza sulla griglia di partenza, la Menezes non sarebbe comunque sfuggita al proprio destino. Erano gli sponsor a dettare legge, se non avesse potuto baciare Serrano su un balcone avrebbero trovato qualcun altro che potesse essere utile per quello scopo. In estrema sintesi, per la Menezes si sarebbe verosimilmente presentato uno scenario di gran lunga peggiore, dal momento che, se non altro, almeno Manuel era un uomo che suscitava il suo interesse e la sua attrazione.
La legge del caso fu sul punto venire in favore di Serrano. Pochi minuti prima della fine della sessione, Ryuji Watanabe si schiantò brutalmente contro le barriere, lasciando seri dubbi sulla propria presenza alla gara del pomeriggio.
Il portavoce della squadra per cui il giapponese gareggiava dichiarò che Watanabe sarebbe sceso in pista sulla vettura di riserva, ma iniziarono a circolare immediatamente voci contrastanti, a proposito del fatto che Ryuji fosse stato condotto al centro medico, dove sarebbe stato sottoposto a esami a causa di una sospetta frattura al polso sinistro. Qualcuno aggiunse che quel giovane arrembante avrebbe fatto meglio a cambiare mestiere, ma Oliver non era d'accordo.
I piloti giapponesi che gareggiavano stabilmente nei campionati occidentali erano pochi e Watanabe era di gran lunga quello più importante. Purtroppo accadeva spesso, per chi come lui proveniva da Paesi poco rappresentati, gli sponsor nazionali facessero grande pressione e sborsassero parecchio denaro per metterli al centro della scena quando ancora non avevano l'esperienza necessaria. A volte capitava addirittura che supportassero la carriera occidentale di piloti che non conoscevano altra lingua se non quella natale, rendendo complicatissimo ogni genere di conversazione con la squadra di cui facevano parte.
Watanabe non rientrava in quella categoria, se non per le origini nipponiche. Era giovane e talvolta autore di manovre troppo ottimiste, ma quando guidava bene mostrava di avere talento. Purtroppo chi lo giudicava si dimenticava troppo in fretta delle sue performance positive, preferendo concentrarsi sui danni che faceva nei suoi giorni peggiori.
Uscire di pista e sbattere durante il warm up, così come durante qualsiasi altra sessione, non era nulla che non si fosse mai visto, ma buona parte di chi commentava le corse si comportava, almeno quando non era in veste ufficiale, come se fosse del tutto inconsapevole del fatto che gli incidenti accadevano con una certa frequenza. La maggior parte di loro, per fortuna, evitava certe considerazioni quando scriveva sui giornali oppure parlava all'interno di studi televisivi, ma Oliver non si faceva illusioni: spesso era l'essere in grado di contenere i propri freni inibitori, e non la propria competenza, a impedire all'individuo medio di fare la figura del cialtrone.
Mentre giravano voci contrastanti su Watanabe, Oliver vide Selena camminare nella pitlane al fianco di Roberts. Portava un abito grigio scuro, con ricami floreali di un bel verde brillante. Gli venne spontaneo chiedersi se si fosse vestita a quella maniera per essere abbinata a Edward, che indossava una tuta verde.
Li guardò sparire dalla propria vista, immaginando che non avrebbe più avuto a che fare con la donna che aveva amato per tutto il resto della giornata, ma fu proprio questa, più tardi, a venirlo a cercare. Gli chiese se potevano parlare in privato e Oliver accettò, lasciandosi condurre in quello che Selena sembrava considerare un posto riservato.
La capacità di selezione di Tina Menezes era di gran lunga migliore, visto dove lo portò Selena.
Oliver ridacchiò, osservando: «Wow, vicino ai bagni. Mi aspettavo di meglio da una donna chic come te.»
Selena arrossì. Era probabile che stesse ripensando quando, ai tempi della loro relazione, l'aveva istigata a fare l'amore all'interno di un bagno in un locale estremamente raffinato. Seppure fosse palesemente imbarazzata e temesse di essere colta sul fatto, Selena aveva apprezzato quel diversivo e anche lo stesso Oliver non aveva potuto lamentarsi delle attenzioni ricevute. Era chic, ma sapeva essere anche molto disinibita.
Preferì non menzionare il fatto, anche perché gli sarebbe stato difficile nascondere a Selena che nulla l'avrebbe reso più soddisfatto dell'entrare con lei in quel bagno, sollevarle il vestito e toglierle la biancheria.
La voce della Bernard lo distolse dai suoi pensieri ben poco casti: «Dobbiamo parlare, Oliver.»
«Di cosa?»
«Immagino che tu mi abbia vista con Edward.»
«Sì. Sai com'è, ho un paio di occhi.»
«Posso spiegarti tutto.»
Oliver scosse la testa.
«Non devi spiegarmi nulla, Selena. Io e te non stiamo più insieme da mesi. Non posso pretendere che tu stia da sola, così come tu non lo pretendi da me.»
Selena parve spiazzata.
«Tu hai... un'altra donna?»
«Non proprio» rispose Oliver. «Diciamo che c'è stato qualcosa con un'altra.»
Era meglio non menzionare che di fatto non ci fosse nulla tra lui e l'altra donna in questione e che entrambi avevano tenuto i pantaloni ben allacciati nei loro momenti insieme.
«Mi fa piacere» disse Selena, anche se non sembrava molto convinta. «Come avrai capito, sto insieme a Edward, adesso. Abbiamo preferito non metterci fretta, ma ha voluto che fossi insieme a lui, questo fine settimana.»
«E lo sa che adesso ti sei appartata con me?»
«Gli ho detto che ti avrei spiegato tutto.»
«Anche che le spiegazioni sarebbero arrivate in un posto così appartato?»
Selena sospirò.
«Non comportarti come un ragazzino.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Un tempo ti piacevano le mie azioni scellerate da ragazzino. Spero almeno che Roberts sia bravo a letto, perché meriti il meglio.»
Selena replicò, in tono severo: «Non è l'unica cosa che conta.»
«Quindi» ribatté Oliver, «È un modo come un altro per dire che ero più bravo di lui?»
Selena sbottò: «Oliver, sei mai stato preso preso a calci da una donna che calzava scarpe con i tacchi?»
«No.»
«Allora stai zitto, se non vuoi che succeda oggi. E se pensi di essere così bravo in certe attività, concentrati sulla ragazza di cui mi hai parlato.»
Gli sarebbe piaciuto condurre Tina Menezes in un bagno e avere un rapporto intimo con lei? Forse sì, se solo non fosse esistita Selena Bernard e se in quel momento non fosse stata di fronte a lui.
«Farò come mi hai detto» la rassicurò. «Prima, però, me lo daresti un bacio di addio?»
Le porse una guancia. Selena non esitò. Oliver si voltò di scatto, riuscendo a sfiorarle l'angolo della bocca. La Bernard non la prese troppo male. Si limitò a rifilargli una vigorosa pacca sul sedere e a tacciarlo di essere un ragazzino immaturo.
«Spero che la tua donna misteriosa sia in grado di metterti in riga» dichiarò, prima di salutarlo.
Oliver non rispose. La guardò andare via, consapevole di avere un'aria da ebete stampata sul volto. Passò parecchio tempo prima che si ricordasse di Ryuji Watanabe. Scoprì che le notizie su di lui erano ancora incerte, non era chiaro quali fossero le condizioni del suo polso e se sarebbe stato in grado di prendere parte alla gara.
***
Giravano voci contrastanti, a proposito di Ryuji Watanabe. C'era chi si proclamava certo che fosse rimasto infortunato e non potesse prendere parte alla gara, ma più il tempo passava e più la teoria opposta sembrava destinata a trovare conferme. Tina non ebbe troppo tempo per chiedersi che cosa sarebbe accaduto, se Serrano fosse sceso in pista, ma sperò che non fosse chiamato a prendere il posto lasciato libero dal giapponese. Tutto sommato, sarebbe stato più facile dovere baciare Manuel, piuttosto che sottostare a qualsiasi altra richiesta alternativa: era meglio conoscere il proprio cupo destino, piuttosto che dovere affrontare un fato ancora più cupo, senza avere la più pallida idea di quali brutte sorprese avrebbe riservato.
Oltre mezza giornata più tardi, Tina aveva molti dubbi sulla propria condotta della sera precedente. Non era saggio mettersi a baciare un perfetto sconosciuto, quando si era una personalità pubblica. Certo, Oliver Fischer era ugualmente, nel proprio piccolo, una personalità pubblica e Tina si fidava ancora della sua discrezione, ma era necessario eludere il controllo di chi aveva il potere di decidere per lei. Se non altro, restava l'essersi tolta un peso. Si era anche resa conto che baciare qualcuno non era quell'impresa storica che aveva sempre creduto. In più, se aveva desiderato così tanto che Fischer le infilasse la lingua in bocca, non doveva essere attratta da Manuel tanto quanto aveva creduto.
Si conoscevano fin da ragazzi, erano già stati compagni di squadra in uno dei primi importanti campionati di kart al quale entrambi avevano partecipato. All'epoca anche il fratello di Tina, Christian, gareggiava, e dopo il passaggio alle monoposto si era dimostrato anche più veloce di Tina e di Manuel. Dopo un infortunio in apparenza banale, tuttavia, aveva scelto di lasciare le competizioni. Da oltre un anno, faceva parte del management di entrambi.
Tina aveva sempre creduto di non essere abbastanza per Manuel, oppure che non fosse il momento giusto per dichiararsi. Per la prima volta dopo tanti anni, invece, si ritrovava a pensare che la realtà fosse un'altra: ciò che credeva di provare per Manuel era una risposta alla necessità sociale di avere un partner accanto. Era inutile girarci intorno: le persone che desideravano prima di ogni altra cosa essere la metà di una coppia erano la maggioranza e davano per scontato che quello dovesse essere l'obiettivo principale di ciascuno. In alternativa, si inventavano scuse, come anche la stessa Tina aveva fatto: si era raccontata che la carriera veniva prima di tutto, che non sarebbe stato facile avere una relazione, quando non faceva che spostarsi da una parte all'altra del mondo, e addirittura che sarebbe stato ancora più difficile e imbarazzante frequentare un uomo che appartenesse al suo stesso ambiente.
Era vero, ma solo in parte. L'altro aspetto, quello che si era sempre rifiutata di vedere, era il non avere mai sentito, nei confronti di qualcun altro, una spinta tale da desiderare l'appartenersi l'uno con l'altra. Forse aveva un'anima gemella, che un giorno avrebbe incontrato. Forse, invece, non l'avrebbe conosciuta mai, e sarebbe rimasta da sola. In un mondo in cui lo scopo ultimo sembrava essere fare parte di una coppia, sarebbe stato difficile dare un senso alla propria vita, ma Tina era certa che, qualunque esso fosse, prima o poi avrebbe trovato la propria strada.
Se fosse stata una persona meno razionale e ancorata a ciò che era concreto, forse sarebbe andata a cercare Oliver e gli avrebbe chiesto di passare la serata insieme. Però era razionale abbastanza da non volersi complicare un'esistenza già abbastanza difficile. Era molto improbabile che Fischer fosse il grande amore della sua vita. In più era altrettanto probabile che fosse ancora attratto da Selena Bernard, nonostante questa fosse uscita allo scoperto come la fidanzata di Edward Roberts. Inseguire un uomo innamorato di un'altra donna non era una buona idea, nemmeno se l'altra donna era passata oltre. Era Fischer a non essersi ancora lasciato il passato alle spalle e una simile situazione avrebbe generato solamente complicazioni.
I pensieri di Tina vennero interrotti bruscamente quando, dietro di lei, qualcuno le posò una mano su una spalla, facendola sussultare. Si voltò e si ritrovò a tu per tu con il proprio compagno di scuderia, che si scusò: «Mi dispiace, non volevo spaventarti.»
Tina si lasciò andare a un mezzo sorriso.
«Non preoccuparti, Serrano, non ho mai avuto paura di te.»
«Meglio così, allora» ribatté Manuel. «Almeno non scapperai, oggi, sul balcone.»
«Sul balcone?» ripeté Tina. «Non devi prendere il posto di Watanabe?»
«Tutte stronzate» sentenziò Manuel. «Pare che Ryuji si sia fatto male a un polso, ma né la squadra né gli sponsor gli permetteranno di saltare la gara. Sai benissimo come funziona.»
Tina annuì.
«Capisco perfettamente. E capirei anche se, in assenza di costrizioni, Ryuji fosse convinto più che mai di volere scendere in pista, anche se il polso gli fa male. Io, al posto suo, farei esattamente la stessa cosa.»
Manuel sospirò.
«Non ci sono alternative, per noi. Se non altro, di là dall'oceano, tra due settimane, ci saranno di nuovo ventisei posti sulla griglia di partenza, quindi dovremmo essere sicuri entrambi.»
«Già» convenne Tina. «Sarà bello tornare finalmente a pensare a gareggiare, invece che a limonare su un balcone.»
«Non dobbiamo limonare davvero, possiamo fare finta.»
«E se chi sborsa i soldi si accorge che abbiamo fatto finta?»
«Hai ragione, meglio non rischiare troppo» si arrese Manuel. «Sarà bene sottostare alla loro volontà, se ne va del nostro futuro.»
«Lo trovi triste anche tu?»
«Troverei più triste non avere un futuro.»
«E le tue pretendenti?» obiettò Tina. «Cosa diranno, se vedranno le foto?»
«Non lo so cosa diranno, ma se ne faranno una ragione» concluse Manuel, con un mezzo sorriso.
Non aggiunse altro su quella questione e, in attesa che arrivasse l'ora di passare in azione, si recarono insieme verso l'appartamento dal cui terrazzo avrebbero dovuto affacciarsi quando avessero avuto l'ordine di farlo.
Tina non si preoccupò di quale fosse, esattamente, lo schema da seguire. Si limitò a sperare che il momento del bacio arrivasse il più tardi possibile, in modo da potere seguire almeno una buona parte delle fasi della gara sul televisore presente nel soggiorno nel quale erano riuniti insieme ad alcuni rappresentanti della squadra e dei suoi patrocinatori. Per fortuna, almeno quell'impiccione di Augusto era altrove e si stava occupando di altro.
A parte Manuel e la stessa Tina, nessuno dei presenti dimostrò un particolare interesse per il gran premio e ben presto i due rimasero i soli a seguirne le fasi. Il pilota che aveva conquistato la pole position rimase in testa per pochi giri, prima di uscire di strada. Le immagini televisive non erano troppo chiare, ma a Tina parve plausibile che l'incidente fosse stato innescato da un guasto, teoria alla quale aderiva anche il telecronista, la cui voce giungeva disturbata e in parte coperta dal frastuono delle monoposto.
Manuel suggerì di abbassare il volume al minimo, tanto il ruggito dei motori che proveniva dall'esterno copriva le parole del commentatore. Tina non replicò, perché la cosa non la disturbava, ma quando Manuel si avvicinò al televisore e mise in pratica il proprio proposito non si oppose.
Il poleman non era stato il solo ritirato. La sagoma celeste della sua monoposto era stata inseguita da un'altra vettura dai colori sgargianti, che tuttavia era durata ancora meno, costretta al ritiro ai box da un problema tecnico.
L'altra sagoma celeste, che nei primi giri di gara era al terzo posto, si trovava davanti a tutti e iniziava timidamente ad allungare. Era passato parecchio tempo da quando Keith Harrison aveva conquistato l'ultima vittoria e, senza ombra di dubbio, il suo ritorno al successo sarebbe stato un ottimo argomento di discussione, una volta che fosse giunto il momento di definire il suo futuro.
«Harrison è sempre stato un grande» osservò Manuel, a un certo punto, in maniera del tutto decontestualizzata.
Tina sorrise. Non poteva dire che Keith fosse stato il suo eroe, ma faceva sempre un certo effetto sapere di condividere la pista - quantomeno quando riuscivano a qualificarsi - con certi piloti che un tempo erano stati i loro idoli giovanili. La speranza di avere la loro considerazione, a volte, era tale e quale a quella di portare a casa un buon risultato.
Non rispose a Manuel, il quale ne approfittò per osservare: «Non ti è mai piaciuto, eh?»
Tina obiettò: «Non sono mai stata una sua sostenitrice, tutto qui. Mi era abbastanza indifferente. Adesso che lo conosco, qualche volta ci ho parlato e mi è sembrato un tipo a posto.»
Era sincera. Ai tempi della rivalità con Herrmann, Keith era rimasto spesso coinvolto nelle più svariate controversie con il suo avversario, il che aveva intaccato la reputazione di entrambi. La morte di Patrick aveva elevato quest'ultimo, nell'immaginario collettivo, a individuo perfetto, al quale non si poteva rivolgere alcuna critica, di conseguenza, chiunque avesse osato contrastarlo, ai vecchi tempi, veniva spesso visto in maniera negativa.
Tina sperava che, se un giorno avesse perso la vita al volante di un'auto da competizione, nessuno avrebbe utilizzato il suo nome per screditare altri. Al momento, tuttavia, non c'era pericolo: non era ancora abbastanza importante e, se fosse venuta a mancare, sarebbe stata dimenticata molto in fretta.
La gara proseguì per lungo tempo senza colpi di scena, per quanto riguardava le prime posizioni. Il quartetto di testa, all'inizio abbastanza compatto, iniziava ad allontanarsi. Se prima la monoposto celeste di Harrison era inquadrata inseguita dai vistosi colori delle altre tre, a poco a poco nello schermo televisivo rimase spazio soltanto per quella verde brillante di Roberts, connazionale del leader. Edward, tuttavia, non rimase nelle immediate vicinanze di Harrison molto a lungo e, a un certo punto, una sagoma gialla gli fu molto vicina. Il pilota che la guidava era il belga Yannick Leroy, che aveva a sua volta distanziato uno stratosferico Ryuji Watanabe. Il giapponese, al volante di un'auto viola e nera, che secondo alcuni preannunciava disgrazie, era riuscito a procacciarsi una posizione di un certo spessore, dopo tutte le chiacchiere sulla sua presenza in dubbio.
Se non vi erano colpi di scena relativi alle prime posizioni, non si poteva dire che in quelle retrostanti tutto fosse altrettanto piatto. Su una pista che non solo metteva a dura prova le macchine, ma nella quale era facilissimo urtare un muretto e compromettere la propria posizione, innumerevoli ritiri si erano susseguiti nella prima metà della percorrenza e c'era da immaginare che ne sarebbero seguiti molti altri.
Tina, tuttavia, era destinata a immaginarseli, non solo perché i piloti di centro gruppi e delle retrovie venivano inquadrati raramente, anche in occasione del ritiro, ma anche perché era giunto il momento di mettere in atto il piano tanto dibattuto.
Come da direttive ricevute, andò sul balcone. Indossava una maglia a mezze maniche piuttosto sformata, che le arrivava a metà delle cosce. Era stata istruita a non mettere un paio di pantaloni, o qualsiasi altro indumento atto a coprirle le gambe. Non era stato detto in modo esplicito, ma allo sponsor non sarebbe dispiaciuto se chi avesse visto le foto avesse pensato che si fosse appena rivestita dopo un incontro intimo, anche perché il tempo era nuvoloso e la temperatura era relativamente bassa, per essere ormai la fine di maggio.
Tina si affacciò, rimanendo in paziente attesa. Vedeva uno scorcio della pista, ma non poteva nemmeno seguire con attenzione quelle fasi della gara. Doveva apparire distratta. Siccome non lo era, doveva concentrarsi per sembrare tale, il che non si rivelava semplice.
Si accorse di Manuel, alle sue spalle, ma finse di sussultare quando questo le posò una mano su una spalla. Si lasciò abbracciare, come era stata istruita. Aspettò, quasi incurante della vicinanza del compagno di scuderia. Infine si girò verso di lui, avvicinò la propria bocca alla sua e si lasciò andare.
Quando le loro lingue si incontrarono, Tina non provò quell'ebbrezza che aveva immaginato. Era tutto costruito e freddo. Manuel non provava alcun interesse nei suoi confronti e molto probabilmente la cosa iniziava a diventare reciproca. Tina sapeva che non sarebbe mai stata la fidanzata di Serrano. L'aveva sempre saputo, ma quel concetto iniziava a sembrarle sempre più indifferente.
Quando Manuel rientrò, Tina restò fuori. Finalmente poté abbassare lo sguardo e ammirare le monoposto dei suoi colleghi ancora in gara mentre percorrevano le anguste e tortuose stradine del Principato di Monaco. Era una cornice dorata, perfetta per la nascita di una storia d'amore. Si sarebbe conquistata uno spazio sui rotocalchi e si sarebbe discusso di lei perfino nei saloni delle parrucchiere. L'idea non la faceva impazzire, ma del resto non doveva essere granché nemmeno essere solo ed esclusivamente insultati dai telespettatori che si radunavano per guardare i gran premi al bar, come verosimilmente accadeva ai piloti più importanti di lei.
Sul balcone, Tina perse la cognizione del tempo. Non aveva idea di quanti giri mancassero al termine della gara, ma fu richiamata all'interno dalla voce di Manuel. Questo aveva imprecato e, giunta davanti alla televisione, Tina ne scoprì la ragione: uno dei piloti di punta, che tuttavia si trovava in una posizione arretrata dopo una pessima qualifica, si era ritirato sbattendo contro le barriere, sul lato del circuito opposto a quello che si poteva vedere dal balcone.
Manuel sospirò, rassegnato.
«Anche gli eroi commettono errori.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Se li commettessero di venerdì o di sabato, sarebbe più facile, per noi, trovare un posto libero sulla griglia di partenza.»
«È difficile sbagliare in entrambe le sessioni di qualifica, compromettendo in entrambe le occasioni la propria prestazione» obiettò Manuel, che non poteva fare a meno di essere pragmatico.
«Hai ragione» convenne Tina, «Ma è capitato più di una volta che qualcuno non riuscisse a fare un tempo utile al venerdì e poi al sabato venisse a piovere, rendendo impossibile fare tempi bassi. O che facesse un errore al sabato, dopo che aveva piovuto per tutto il venerdì.»
Manuel sentenziò: «Non possiamo fare affidamento sulla pioggia. Sono di più le sessioni e le gare in cui non piove, che quelle bagnate. Ne è una dimostrazione la gara di oggi.»
«Per ora è asciutto» replicò Tina, «Ma hai visto quanto è grigio il cielo?»
«Il cielo può essere grigio, ma sempre asciutto rimane, quando non scende una sola goccia d'acqua!»
Manuel sembrava certo che non sarebbe venuto a piovere prima della fine della gara. Invece successe, quando ormai questa era arrivata alle battute finali.
«Mancano pochi giri, ormai» osservò Manuel. «Forse il direttore di gara darà bandiera rossa.»
«Mhm.» Tina non era molto convinta. «Non sembra che stia piovendo così forte.»
Andò ad affacciarsi al balcone. Si era ormai infilata i pantaloni e non era certa che le fosse consentito uscire, ma non se ne curò.
Pioveva più forte di quanto pensasse e vide il più grosso colpo di scena accadere sotto ai suoi occhi.
Dall'interno, giunse un'esclamazione: «Oh, maledizione! Keith è uscito!»
«È successo qui!» rispose Tina, ad alta voce, guardando Harrison scendere, rassegnato, dalla vettura celeste incidentata. Aveva preso in rivolo d'acqua, si era girato ed era finito contro le barriere.
Manuel doveva avere alzato il volume del televisore, dato che dall'appartamento proveniva un brusio poco comprensibile. Tina aspettò di vedere Roberts passare, prima di rientrare.
«Chi l'avrebbe mai detto» osservò, prendendo posto davanti al televisore. «Oggi Edward frega tutti.»
«A meno che non si faccia fregare lui stesso» sentenziò Manuel, «Ma non credo. Ha fatto una buona gara, finora. Sono certo che non avrà problem-...»
Tina scoppiò a ridere.
«Non è quello, Roberts?»
Anche Edward sembrava essere scivolato sulla pista bagnata. Era girato nel senso opposto rispetto a quello di percorrenza, quindi le telecamere lo abbandonarono al proprio destino non appena, oltre qualche vettura doppiata, anche quella di colui che sarebbe diventato il nuovo leader oltrepassò Roberts.
Manuel non prese bene le sue risate.
«Lo trovi divertente?»
Tina replicò: «No, affatto. Mi dispiace per lui. Però tu porti iella.»
«E adesso» concluse Manuel, «In testa c'è Yannick.»
La monoposto gialla di Leroy era in prima posizione, seguita a debita distanza da Watanabe, a meno che la regia non si fosse persa qualcosa di fondamentale. Le parole del telecronista sembravano smentire quell'ipotesi, dato che annunciava come Ryuji fosse al secondo posto e stesse girando più velocemente del pilota belga.
Doveva essere ormai vicina la fine e infatti non fu sorprendente sentire riferire che stava iniziando il settantaseisimo giro, quello che avrebbe messo fine al gran premio.
Leroy iniziò l'ultima tornata da leader, seguito da Watanabe, ancora visibilmente lontano, anche se meno di prima. Era improbabile che Ryuji potesse compiere un miracolo ed essere il primo giapponese a vincere in Formula 1, ma era più che probabile, a meno di altri stravolgimenti, che potesse essere il primo a salire sul podio.
Nel frattempo il destino di Edward non era stato del tutto dimenticato. Il telecronista informò: «Pare che Roberts sia riuscito a ripartire dopo il testacoda, anche se ormai le sue speranze di rimontare le posizioni perdute si sono esaurite.»
In effetti non c'era nulla da fare. Leroy e Watanabe sembravano irraggiungibili per tutti. A meno che non avessero finito il carburante prima del tempo, era molto improbabile che qualcuno potesse intaccare le loro posizioni. Poi, semplicemente accadde. La vettura gialla di Yannick e quella viola e nera di Ryuji si ammutolirono, in due diversi tratti del tracciato, ma quasi all'unisono.
Le telecamere inquadrarono il nulla per qualche istante, forse in attesa di capire chi fosse il nuovo leader. Infine andarono su quello che poco prima era il pilota senza speranze, Roberts. Poche auto erano ancora in pista, ma gli avversari erano tutti doppiati. Contro tutte le aspettative, Edward sarebbe andato a vincere il gran premio di Montecarlo... se non ci fossero stati altri colpi di scena, ovviamente!
Filò tutto liscio per il pilota inglese. Quando lo vide tagliare il traguardo, Tina pensò che Selena Bernard sarebbe stata felice. Oliver Fischer, invece, lo sarebbe stato un po' meno. Fu l'unico pensiero che riservò al giornalista che aveva baciato la sera precedente. Era ora di andare avanti, senza pensare a baci e rotocalchi.
«È stata una gara eccitante» osservò, rivolta a Serrano. «Tra qualche decennio, probabilmente verrà usata come esempio di quanto era bella la Formula 1 degli anni Ottanta.»
Manuel annuì.
«Può darsi. E allora magari qualcuno cercherà di ricordarsi chi fossero i non qualificati di questo gran premio e forse gli torneremo in mente anche noi.»
Tina scosse la testa.
«No, è impossibile. Non abbiamo fatto nulla che valga la pena di ricordare.»
«Non l'abbiamo fatto per ora» la corresse Manuel. «C'è ancora tempo. Magari anche noi scriveremo la storia.»
Tina non rispose. Non era proiettata verso il futuro lontano. Per il momento, si accontentava di pensare alla trasferta nordamericana che la aspettava e ai ventisei posti a disposizione in griglia. Sarebbe stata tutta un'altra storia.
*** FINE ***
NOTE: il finale del gran premio narrato è liberamente ispirato al GP di Montecarlo 1982. I personaggi provengono da miei racconti passati e *non* sono ispirati a veri piloti.

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