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giovedì 23 aprile 2020

Giappone 1994 tra la pioggia e le premonizioni

La gara del mercoledì, questa settimana, era ancora una volta uscita dal pieno degli anni '90 ed era Giappone 1994, quel penultimo appuntamento della stagione in cui, arrivato con cinque punti di svantaggio nei confronti di Michael Schumacher, Damon Hill vinceva davanti al suo avversario, portandosi a quota meno uno in vista del finale in Australia, mentre il mondo intero ignorava tutto il resto, compresa la grande premonizione del tredicesimo giro.
Si tratta di uno dei gran premi che ho visto negli scorsi mesi, su un profilo non ufficiale con telecronaca di RTL. A questo proposito, durante quella visione, ho scoperto che negli anni '90 sulla TV tedesca veniva trasmessa una canzone trash di quelle che al giorno d'oggi sarebbero perfette da condividere sui social. Si chiama "Hey Schumi gib gummi, hey Schumi gib gas" (che dovrebbe tradursi come "ehi Schumi brucia le gomme, ehi Schumi spingi sul gas") e pare perfino più trash dei pezzi di DJ Visage. Andate subito su Youtube ad ascoltarla, se non l'avete mai sentita e sappiate che, se mi ricordo ancora qualcosa di quello che ho studiato molti anni fa, ad un tratto la canzone afferma che Hill sia arrivato ancora secondo.

Non ho rivisto la gara durante il Rewatch ufficiale, avendola vista pochi mesi fa, ma credo sia giunto il momento di parlarne, così come tempo fa era giunto finalmente il momento di rivederla.
Si tratta di una delle prime gare che ho rivisto nel lontano 2011, ai tempi in cui, nonostante la mattina dopo dovessi alzarmi alle sei per andare all'università, spesso e volentieri passavo le prime ore della notte seduta sul letto guardando le gare con il portatile in bilico sulle ginocchia. Il 1994 era una delle stagioni di cui consideravo più importante vedere/rivedere qualche gara, perché ero confusa: la gente non faceva che dire che Schumacher non si era meritata quel mondiale ma che al contempo Hill era uno scarso, quindi il mio obiettivo era farmi un'idea mia, quella che la giovane età e la visione di qualche gara random senza un'idea del contesto non mi avevano mai permesso di maturare quando ero bambina. Ebbene, ho scoperto che Schumacher e Hill erano due championship contenders assolutamente normali. Non era gente uscita dai bassifondi del motorsport per andare a usurpare il posto che spettava ad altri. Semplicemente ai tempi non c'erano altri piloti che potessero lottare per il mondiale. Rappresentavano le due squadre più competitive dell'epoca, tutto qui. Poi non erano quelli del passato, ma questo è tipico di qualsiasi epoca. Se non vivessimo in un particolare momento in cui non esiste nulla che sia accaduto prima di novembre 2019, secondo il tifoso medio, probabilmente quei tempi al giorno d'oggi verrebbero glorificati in tutte le salse.

Giappone 1994 è famosa per essere stata una grande prova di maestria di Damon Hill sotto la pioggia. D'altronde ha vinto davanti a Michael Schumacher, colui che nel diluvio spagnolo di due stagioni più tardi si sarebbe mostrato capace di vincere, con una vettura palesemente inferiore alla Williams, con un vantaggio di circa un minuto e staccando Jacques Villeneuve di quattro secondi al giro. Va bene che Villeneuve era appena arrivato dalla Indycar e probabilmente non andava molto d'accordo con la pioggia, ma rimane il fatto che Schumacher, ai tempi, fosse verosimilmente il pilota che poteva ottenere performance migliori in caso di bagnato estremo. Ebbene, quel giorno, a Suzuka, in condizioni di bagnato estremo, ha dovuto accontentarsi di guardare, dopo essersi provvisto di un potente binocolo, il retrotreno della vettura di Hill. Niente male per quest'ultimo, più un numero uno quel giorno che un numero zero, quello che svettava sul musetto della sua monoposto.

Tre giapponesi al volante, tutti ritirati nei primi tre giri di gara: Hideki Noda (futuro padre di Juju), Ukyo Katayama (che nel GP successivo sarebbe stato descritto da Murray Walker come "il miglior pilota di tutti i tempi" invece che come "il miglior pilota giapponese di tutti i tempi") e, al volante di una Simtek, nientemeno che un esordiente di grande qualità, Taki Inoue. Quest'ultimo non è andato addosso a nessuna safety car, in compenso mentre si allontanava scavalcando un muretto, è praticamente finito addosso a Herbert, dimostrandosi pericoloso non solo come pilota ma anche come pedone.
Oltre a questo, la gara è famosa anche per essere stata l'ultima ad avere il proprio risultato stilato su tempi aggregati: dopo i primi tredici giri c'è stata bandiera rossa e il risultato finale è stato determinato sommando ai tempi dell'ultimo giro quelli della prima parte di gara. Ai tempi funzionava così per le gare che venivano redflaggate oltre il primo giro e che avevano un restart. Poi il regolamento è cambiato, con la prima parte di gara che determina solo l'ordine di partenza per il restart, modifica avvenuta dopo il 1994 e prima del 2001, anno in cui c'è stata la successiva bandiera rossa a gara in corso.
Per effetto dei tempi aggregati, accanto a Damon Hill e Michael Schumacher c'era sul gradino più basso del podio Jean Alesi, anche se di fatto era stato superato dopo un acceso duello da Nigel Mansell, che ha dovuto accontentarsi di arrivare quarto.

Eddie Irvine e Heinz-Harald Frentzen hanno concluso la gara nelle ultime due posizioni della zona punti e ben tredici vetture hanno visto il traguardo, anche grazie all'effetto della diminuzione della pioggia nella seconda metà della gara.
Dopo il restart ci sono stati solo un paio di ritiri per problemi tecnici, mentre i primi tredici giri, quelli disputati sotto la pioggia battente, avevano visto (al netto di due o tre ritiri dovuti a guasti random) parecchi piloti uscire di scena in anticipo a causa di incidenti: i tre giapponesi, ma non solo. Anche Herbert, poi investito a piedi da Inoue. Anche Alboreto, che ai tempi bazzicava ancora in Formula 1, veterano al volante di una Minardi. Anche Martini, anche Lagorce, tutti fuori per incidenti in quei giri con visibilità pressoché nulla e con rivoli d'acqua lungo il circuito. E poi loro, gli ultimi due, quelli che al tredicesimo giro hanno innescato la bandiera rossa.

Tutto è iniziato quando Gianni Morbidelli è finito in aquaplaning in uno dei punti più bagnati del circuito, tra le curve Degner e Dunlop, un punto dal quale, con le giuste inquadrature, si vede la ruota panoramica. Le immagini di cosa sia successo dopo non sono molto chiare, ma lo sono le parole di Martin Brundle nelle interviste d'epoca. Là dove era uscita la Footwork, è uscita anche la McLaren, nello stesso tratto.
C'erano in quel punto un trattore e dei commissari. In un'intervista del 1995 Brundle ha raccontato di avere visto il trattore e di avere creduto per qualche attimo che sarebbe andato a finire proprio lì, incastrato sotto al trattore, e di avere pensato sul momento di non avere possibilità di uscirne vivo. Ha raccontato di come, allo stesso modo in cui anni prima alla Race of Champions aveva frenato a inermittenza per cambiare la traiettoria della propria vettura dopo averne perso il controllo e non schiantarsi contro il muro della pitlane, ha cercato di fare la stessa cosa, un ultimo tentativo di evitare il trattore. Non ha evitato un commissario, che fortunatamente se l'è cavata con solo una frattura a una gamba. Solo allora è stata data bandiera rossa.

Per anni, in cabina di commento, Brundle ha parlato di quanto fosse pericoloso, in quelle condizioni meteo, rimuovere vetture con l'utilizzo di trattori a gara in corso, senza nemmeno la safety car in pista. Ironia della sorte, il 1994 era addirittura l'epoca in cui una vettura poteva rimanere a marcire nel punto in cui era uscita senza che nessuno si preoccupasse di rimuoverla.
I tempi cambiano e tutto si evolve, ma non sempre. Nonostante quanto accaduto in Giappone nel 1994, le cose non sono cambiate. In Brasile nel 2003 c'era un trattore che, per un tratto di gara, è rimasto PARCHEGGIATO A BORDO PISTA nel punto in cui le vetture uscivano a ripetizione per aquaplaning. In Europa 2007 abbiamo avuto addirittura Liuzzi che finiva con il posteriore contro le ruote di un trattore che attraversava la pista (un trattore venuto a recuperare la vettura di Hamilton in modo random, una delle scene più strane della Formula 1 moderna).
Ancora Brundle, vent'anni dopo il suo incidente, ha osservato in telecronaca come dovesse essere messa la safety car in pista, per rimuovere la vettura di Adrian Sutil, uscita di pista nello stesso tratto dell'incidente suo e di Morbidelli del 1994. Non tutto si evolve e, ogni volta in cui rileggo le dichiarazioni di Brundle di così tanti anni fa, mi rendo conto che ciò che Martin Brundle raccontava di avere visto e pensato nel 1994, è probabilmente l'ultima cosa che Jules Bianchi ha visto e pensato nella sua vita. Il tutto per evitare una safety car e una bandiera rossa che poi sono arrivate lo stesso: una leggerezza più da 1994 che da 2014.


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